Sono migliaia i pastori sardi che con le pecore e i trattori sono scesi in piazza con la Coldiretti per difendere il lavoro, gli animali, le stalle e i pascoli custoditi da generazioni messi a rischio dalle speculazioni alla Fiera di Cagliari. A scatenare la mobilitazione dei pastori sardi è stato il taglio del 30% sul 2015 del prezzo del latte di pecora mentre sul mercato si moltiplica la presenza di formaggio straniero. L’obiettivo è difendere una tradizione secolare che, dopo il fallimento dello sviluppo industriale, rappresenta il vero valore aggiunto per rilanciare l’economia, il lavoro ed il turismo. “Senza i pastori la Sardegna muore”,#iomangioitaliano, “il nostro futuro non si svende”, “Stop al cibo sfalso”, “Basta inganni scegli l’Italia” sono alcune delle richieste che si leggono sui cartelli e sugli striscioni. Su twitter l’hashtag è #NOpastoriNOsardegna. È stata montata una caldaia per la preparazione del vero pecorino ed è stata allestita la prima mostra del falso pecorino nel mondo con esempi provenienti da tutti i continenti, dal Romano made in Usa al Sardo prodotto in Canada da dove vengono anche il pecorino friulano e il Crotonese, mentre è stato acquistato in Gran Bretagna un kit per prepararlo addirittura a casa.
Accanto ai pastori ci sono allevatori, coltivatori e trasformatori impegnati a garantire la genuinità dei prodotti agroalimentari che hanno portato in piazza. Con loro già arrivato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo con la giunta nazionale, ma sono attesi il Sindaco di Cagliari Massimo Zedda e il Governatore della Regione Sardegna Francesco Pigliaru. Uno spazio è dedicato all’innovazione per evidenziare il forte impegno dell’agricoltura sarda nella riconversione dell’industria in crisi con le opportunità offerte dalla chimica verde, ma anche dal recupero degli scarti dell’agricoltura e dell’allevamento.
Dalla mungitura quotidiana di una pecora si ottiene in media un litro di latte che viene pagato oggi al ribasso, denuncia la Coldiretti, appena 80 centesimi nonostante l’andamento positivo delle esportazioni di pecorino che nel 2015 sono aumentate in valore del 16%. La Sardegna è nel Mediterraneo la terra in cui è più alta la concentrazione di pecore: più di due ogni abitante, oltre 3,2 milioni di capi per 1,5 milioni di persone con il risultato che le forme paesaggistiche dell’Isola dipendono dal fatto che ben il 70% del territorio è destinato al pascolo dal quale gli animali traggono alimento grazie alle essenze foraggere spontanee o coltivate che rendono inscindibile il legame con l’elevata qualità dei formaggi e delle carni.
È provato scientificamente che i prodotti alimentari derivanti da animali che pascolano hanno effetti positivi sulla salute dell’uomo perché sono ricchi di sostanze nutraceutiche e la prova concreta viene in Sardegna dall’alto numero di centenari: 22 ogni 100.000 abitanti, la seconda Regione piu longeva del mondo dopo la giapponese Okinawa. L’hashtag su twitter #NOpastoriNOsardegna è dunque giustificato dal fatto in Sardegna, sottolinea la Coldiretti, si trova il 40% delle pecore allevate in Italia con ben 15.000 aziende che producono 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano (Dop), ma riconosciti dall’Unione Europea ci sono anche il Fiore Sardo Dop e il Pecorino Sardo Dop.
A difesa di questo patrimonio i pastori della Coldiretti impegnati nella mobilitazione chiedono maggiori controlli sulle importazioni e una semplificazione dei premi accoppiati della Pac, ma anche più impegno nella promozione delle produzioni certificate e nella valorizzazione dei sottoprodotti e anche più ricerca per il miglioramento delle razze al fine di ottenere la garanzia di un prezzo del latte e della carne che tenga conto dei costi produttivi. “Siamo di fronte a manovre speculative coperte da atti di arroganza che non possiamo accettare”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare che “si assiste ad un aumento esponenziale delle importazioni di bassa qualità mentre si disdicono i contratti per abbassare i compensi ai pastori con la scusa della sovrapproduzione”. Il pecorino, conclude la Coldiretti, è uno dei formaggi italiani più antichi: veniva prodotto già nella Roma imperiale e faceva parte delle derrate dei legionari, ma è probabile che le sue origini siano ancora più antiche, vista la diffusione delle pecore sul territorio nazionale.
Focus - Consumi: Coldiretti, +181% import pecorino straniero
Per la Coldiretti si è verificata una vera invasione di pecorino straniero in Italia con le importazioni che sono praticamente triplicate (+181%) nel 2015 per un totale di 2,9 milioni di chili. A scatenare la mobilitazione dei pastori sardi in corso a Cagliari è stato anche il moltiplicarsi sul mercato della presenza di formaggio straniero come dimostra lo scandalo delle quasi 4.000 forme di pecorino romeno per un valore superiore ai 300.000 euro privo di qualunque etichetta trasportato in condizioni igieniche pessime all’interno di un autotreno diretto in Sardegna fermato e multato dalla polizia stradale.
Una conferma, precisa la Coldiretti, della tendenza in atto con più di 3 forme di formaggio pecorino straniero su 4 (78%) che sono arrivate in Italia nel 2015 dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Repubblica Ceca e dalla Romania.
I pastori, continua la Coldiretti, nel ringraziare le forze dell’ordine chiedono massima allerta sui traffici illeciti che oltre a fare concorrenza sleale alle produzioni locali minacciano anche l’immagine della Sardegna e soprattutto la salute dei consumatori. Sotto accusa anche la mancanza di trasparenza sui flussi delle importazioni con la necessità di un intervento delle istituzioni che tolga il segreto sui nominativi delle aziende che importano.
Focus - Made in italy: Coldiretti, in Usa falsi 7 pecorini italiani su 10
Negli Stati Uniti 7 pecorini di tipo italiano su 10 sono “tarocchi” nonostante il nome richiami esplicitamente al made in Italy. Emerge dallo studio della Coldiretti sul “Pecorino Made in Italy sotto attacco”, diffuso in occasione della rivolta dei pastori sardi. La produzione di imitazioni dei pecorini italiani nel 2015 ha raggiunto negli Usa il quantitativo di quasi 24,96 milioni di chili, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, mentre gli arrivi dei prodotti originali dall’Italia sono risultati pari a 10,81 milioni di chili nello stesso anno.
Oltre la metà della produzione di Romano cheese e similari viene realizzata in Wisconsin, ma ingenti quantità si producono anche in California e nello Stato di New York. Se il nome è simile, le caratteristiche sono profondamente differenti perché il formaggio made in Italy originale deve rispettare rigidi disciplinari di produzione con regole per l’allevamento e la trasformazioni e un sistema di controlli, a differenza di quello realizzato negli Stati Uniti che peraltro non contiene neanche una goccia di latte di pecora ma è ottenuto, precisa Coldiretti, da quello vaccino.
Le imitazioni del pecorino nostrano con prodotti cosiddetti “italian sounding” riguardano in realtà diversi continenti. Dal Romano cheese degli Stati Uniti, anche già grattugiato o in mix con il parmesan, al pecorino Friulano del Canada dove si vendono anche il Crotonese e il Romanello, tutti rigorosamente fatti da latte di mucca come il Sardo argentino o il Pecorino cinese, dove una mucca sorridente si trova pure in etichetta incurante del significato del nome pecorino, sono alcuni delle imitazioni dei formaggi italiani smascherati dalla Coldiretti che ha anche mostrato il kit per la produzione casalinga del Romano venduto da una ditta inglese a circa 120 euro e che contiene recipienti, colini, garze, termometri, piccole presse oltre a lipasi ed altre polveri attraverso le quali è possibile realizzare una chiara contraffazione.
La diffusione delle imitazioni toglie spazio di mercato al pecorino originale che nel 2015 ha aumentato il valore delle esportazioni del 16% grazie alle straordinarie performance realizzate nel Stati Uniti (+20%) che sono il principale mercato di sbocco del pecorino italiano, ma risultati estremamente positivi si hanno anche in Europa con una crescita del 19% in Gran Bretagna e del 17% in Francia nonostante la storica rivalità, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relativi al 2015. E un successo importante, precisa la Coldiretti, si registra in Giappone con un incremento delle vendite del 12%, mentre in Cina l’aumento è addirittura del 410% anche se le quantità sono ancora ridotte. La situazione sui mercati esteri potrebbe dunque ulteriormente migliorare se ci fosse una seria azione di contrasto alle imitazioni presenti che tolgono spazio ai prodotti originali.
“In questo contesto particolarmente positiva è stata l’esperienza dell’Esposizione universale con molteplici iniziative divulgative per far conoscere agli stranieri le caratteristiche peculiari dei prodotti alimentari originali”, ha affermato il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “per la prima volta sono state avviate azioni di promozione per contrastare l’italian sounding a partire dal mercato statunitense, il primo nostro partner commerciale nell’alimentare fuori dall’Europa”.
Focus - Coldiretti: industria, da pareti di lana a biopesticidi, svolta green in Sardegna
Biolubrificanti, biopesticidi e bioplastiche sono alcune delle innovazioni green che nascono dalla coltivazione del cardo diffuso in Sardegna dalla collaborazioni tra gli agricoltori di Coldiretti e la bioraffineria Matrìca di Porto Torres della Novamont. Il cardo è una pianta particolarmente rustica che ha dimostrato di crescere su terreni aridi e poco adatti a colture tradizionali, non consuma acqua, genera farine proteiche per l’alimentazione animale e altre materie prime per la realizzazione di prodotti a basso impatto ambientale. Partendo quindi dall’utilizzo di questa materia prima e dei suoi scarti la bioraffineria Matrica a Porto Torres produce una gamma di sostanze per la realizzazione di bioplastiche, basi per biolubrificanti, e bioagrofarmaci e bioadditivi per gomme.
Se i biolubrificanti grazie alla rapida biodegradabilità e alla formulazione non tossica per gli ecosistemi rappresentano una valida alternativa ai prodotti di origine fossile, i bioagrofarmaci a base di acido nonanoico di origine naturale, ad azione spollonante e disseccante e batteriostatica, possono essere impiegati per il controllo non selettivo della vegetazione perché di rapida degradazione e senza effetti negativi sull’uomo e sull’ambiente. Le bioplastiche possono trovane applicazione in agricoltura nel sostituire i tradizionali teli per la copertura dei terreni dove degradano naturalmente, ma la loro applicazione va dai bioshopper a piatti stoviglie e bicchieri fino ai giochi per bambini.
La svolta green dell’industria è evidente anche nella valorizzazione di materiali considerati per lungo tempo uno scarto come la lana di pecora che per la propria capacità di assorbimento viene ora utilizzata nelle panne di assorbimento per combattere i disastri ambientali provocati dagli sversamenti in mare e nei corsi d’acqua di pericolosi inquinanti, come è avvenuto recentemente a Genova, ma è anche una materiale particolarmente efficace per l’isolamento termico e acustico degli edifici dove garantisce prestazioni eccellenti sia nella protezione dal caldo e dal freddo, regolando il livello di umidità, sia contro i rumori, con un materiale naturale, sano e riciclabile.
L’utilizzo della lana di pecora in edilizia, precisa la Coldiretti, si sta diffondendo rapidamente con il commercio di pannelli e materassini isolanti che usano sia una combinazione di lana di pecora e di lana riciclata sia la sola lana di pecora ricavata dalla tosatura. Ma ci sono anche estratti all’olio di oliva per il rafforzamento di malte cementizie, agrovernici per legno all’olio di oliva, miele e fico d’india, pitture alla calce e al latte. “La domanda di sostenibilità ambientale che viene dai consumatori apre nuove e ampie opportunità per l’agricoltura che è in grado di esprimere grandi potenzialità nell’innovazione che creano lavoro, offrono possibilità di reddito e aiutano a far crescere un nuovo modello di sviluppo più rispettoso del territorio”, ha affermato il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo.
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