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COME SARÀ LA SOCIETÀ AMERICANA TRA 50 ANNI, E QUALI SONO GLI SCENARI MIGLIORI PER IL MONDO DEL VINO? SE LO CHIEDONO ECONOMISTI E ANALISTI E, COME SUCCEDE SPESSO, LA VIRTÙ STA NEL MEZZO: DIFESA DEL REDDITO GLOBALE E DELLA CLASSE MEDIO ALTA

Se i governanti del Vecchio Continente devono ancora fare i conti con l’uscita dalla crisi, al di là dell’Oceano, negli Stati Uniti, il presidente Barack Obama, messosi alle spalle le difficoltà, ha di fronte una sfida diversa, che riguarda la tenuta del sistema Paese: la difesa del modello americano, basato sulla possibilità, sulla tenuta della classe media, su una società in cui le classi non siano divise in compartimenti stagni.
E il vino, in tutto questo, cosa c’entra? A prima vista, ben poco, eppure, come sottolinea il blog a stelle e strisce Vinsider, anche per il vino sarà fondamentale capire come evolverà la società americana nei prossimi 50 anni. Estremizzando, economisti importanti come il professor Erik Brynjolfsson del Mit - Massachusetts Institute of Technology, disegnano due scenari: uno, ottimista, in cui la tecnologia provvederà alla soddisfazione delle maggior parte dei bisogni, permettendo una redistribuzione equa della ricchezza, l’altro, pessimista, in cui il 90% degli americani sarà costretto a lavorare senza raggiungere un salario medio accettabile, mentre lo 0,1% della popolazione accrescerà a dismisura i propri imperi economici.
La prospettiva migliore per il vino? Né l’una, né l’altra. Con una maggiore disparità di reddito, è facile immaginare come a guadagnarne sarebbero i vini di fascia alta se non altissima, a scapito del consumo di massa: del resto, l’industria del vino, come qualsiasi altra, può crescere solo in due modi, o vendendo di più, o aumentando i prezzi, anche se la “sete” di un pugno di super ricchi, non basterebbe certo ad assorbire una produzione tanto grande come quella enoica, neanche limitandosi ai top wine. Se, invece, si realizzasse l’altro modello, il vino diventerebbe un “lusso quotidiano” alla portata di tutti, ma si perderebbe irrimediabilmente quella disuguaglianza che rende più “anelati” e “distintivi” i vini di alta gamma: come per tutti i beni di lusso, anche per il vino un certo tasso di ineguaglianza serve, non solo ad indicare una differenza di status, ma anche di personalità e cultura.
E, allora, in che società si augura di trovarsi il vino tra 50 anni? Le condizioni migliori possibili, capaci di soddisfare tutte le sfaccettature di un mercato tanto complesso, sono quelle in cui la ricchezza complessiva del Paese continui a crescere, perché c’è un’altissima correlazione (pari al 99%) tra il livello globale di reddito negli Stati Uniti ed il consumo complessivo di vino. Allo stesso tempo, la stessa relazione esiste tra l’andamento delle vendite di vini d’alta gamma ed il numero di famiglie con un reddito superiore ai 150.000 dollari (senza considerare i milionari), quindi, in un mondo, enoicamente perfetto, oltre a difendere la ricchezza complessiva del Paese, si dovrebbe puntare forte sulla classe medio-alta, la cui espansione ha subito un brusco stop dal 2000 ad oggi.

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