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REAZIONI

Contro gli healt warning sulle etichette del vino si muove compatta la politica italiana

Dopo il via libera della Ue al Governo irlandese, i Ministri di Agricoltura e Esteri al fianco delle associazioni di categoria e del mondo produttivo
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Il vino di nuovo sotto attacco

Non si placano le polemiche scaturite dal via libera della Commissione Ue alla nuova legge irlandese sull’etichettatura delle bevande alcoliche, compreso ovviamente il vino, che prevede l’obbligo di riportare indicazioni relative al cancro, alle donne in gravidanza e alle malattie del fegato. La Commissione Ue ha avuto tempo fino al 22 settembre per presentare le proprie obiezioni al Governo di Dublino, ma non ha ritenuto di procedere in tal senso, nonostante la ferma opposizione di Italia, Francia e Spagna e altri sei Stati Ue, che considerano la misura una barriera al mercato interno. L’Irlanda potrà, così, adottare nelle etichette di vino, birra e liquori avvertenze come “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”.

Il pericolo, oltre agli aspetti legati alle dinamiche del mercato comunitario, è che l’esempio irlandese possa essere seguito da altri Paesi. Aprendo così, in ottica futura, non uno ma due fronti critici all’interno della Ue: da un lato, la Direzione Generale Salute potrebbe adottare un approccio simile a livello comunitario; dall’altro, c’è il dibattito ancora aperto sull’etichettatura alimentare, che rischia così di prendere binari ben precisi. Subito sono arrivate le reazioni delle associazioni del vino e di quelle agricole (qui tutti gli interventi).

Per il presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, “il silenzio assenso di Bruxelles a Dublino relativo alle avvertenze sanitarie in etichetta per gli alcolici rappresenta una pericolosa fuga in avanti da parte di un Paese membro. I fatti di oggi - conclude Frescobaldi - segnano uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea che, purtroppo, non risolvono il problema dell’alcolismo”. Secondo Micaela Pallini, presidente Federvini, la normativa irlandese è “unilaterale, discriminatoria e sproporzionata, spacca il mercato unico europeo, una modalità discriminatoria perché non distingue tra abuso e consumo e criminalizza prodotti della nostra civiltà mediterranea”.

La Fivi, con il presidente Lorenzo Cesconi, definisce l’iniziativa irlandese e il via libero della Ue una “crociata inutile e dannosa: i Vignaioli italiani ed europei sono alleati delle istituzioni, non nemici, nelle campagne per l’educazione e il consumo responsabile. Lo siamo per definizione, proprio perché il nostro vino non è una semplice bevanda alcolica, ma un prodotto culturale lontano anni luce dalle sostanze di cui si abusa nella ricerca dell’ubriachezza. Ma le regole di etichettatura proposte dall’Irlanda e il sostanziale via libera europeo rappresentano un madornale errore. Non solo sono un evidente ostacolo alla libera circolazione delle merci e comportano ulteriori costi, che si sommano agli altri già onerosi costi amministrativi che si devono affrontare per le vendite all’estero. Ma il dato più preoccupante è che le avvertenze proposte dal governo irlandese non tengono minimamente in considerazione la differenza tra abuso e consumo, elemento presente anche nel Piano di Lotta europea contro il Cancro”.

Anche per la Coldiretti si tratta di un pericoloso precedente, che rischia di aprire le porte a una normativa comunitaria che metterebbe a rischio una filiera che, in Italia, dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro, ed è la principale vice dell’export agroalimentare. “È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol”, commenta il presidente Coldiretti, Ettore Prandini.

Il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, alla notizia della non opposizione odierna allo schema di regolamento irlandese, si è detto “particolarmente preoccupato per la deriva proibizionistica che il settore vitivinicolo europeo sta affrontando. La Commissione non ha ascoltato le riserve che l’Italia, con altri numerosi Stati membri, ha manifestato per opporsi alle misure introdotte dalla normativa irlandese creando un grave precedente e un potenziale ostacolo al commercio interno”.

Dal mondo dei territori del vino, si alza la voce del Chianti, la denominazione rossista più grande del Belpaese, con il presidente del Consorzio, Giovanni Busi, che sottolinea come “se la norma dovesse essere adottata da altri Paesi sarebbe un danno inestimabile. Il vino è il prodotto dell’agroalimentare italiano più conosciuto e apprezzato al mondo, etichette simili sulle bottiglie provocherebbero un gravissimo danno di immagine al Paese ed economico a tutto il settore, senza peraltro basi scientifiche: che il vino di qualità bevuto in giuste quantità faccia male e provochi tumori e malattie non è affatto dimostrato. L’Irlanda non è uno dei più grandi importatori di vino, ma il rischio è che la Comunità Europea faccia sua una tesi del genere, prendendo una strada irragionevole e dannosa”.

A sostenere e rafforzare la posizione della filiera del vino italiana, arrivano quindi le parole del mondo politico. In prima linea, il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, secondo cui la decisione di consentire l’etichetta sul vino all’Irlanda “è gravissima: crediamo che dietro questa scelta un’altra volta si miri non a garantire la salute ma a condizionare i mercati, e che la spinta in questo senso viene da nazioni che non producono vino e dove si abusa di superalcolici. Si vuole equiparare il vino ai superalcolici, ma il vino, utilizzato in modo moderato, è alimento sano”. Il Vicepremier e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, ha, invece, affidato ad un tweet il proprio commento: “assurda la decisione dell’Irlanda di introdurre un’etichetta per tutte le bevande alcoliche, incluso il vino italiano. Nonostante la contrarietà del Parlamento Europeo. Scelta che ignora la differenza tra il consumo moderato e l’abuso di alcol. Chiederò l’intervento della Commissione Ue sul Wto”, ha scritto Tajani.

Dal Veneto, il presidente della Regione, Luca Zaia, tuona: “l’autorizzazione dell’Unione Europea all’Irlanda ad inserire la dicitura “il vino uccide” sulle bottiglie è una scelta assurda, che rischia di costituire un pericolosissimo precedente soprattutto per le produzioni genuine, a denominazione, risultato di secoli di cultura enoica come le nostre. Occorre opporsi con forza al diffondersi di questa pratica, che appare fuori luogo, inutile e pericolosa. Quella del vino - prosegue Zaia - è una delle maggiori voci della produzione e dell’export del Veneto che, da un’azione come questa rischia di subire ingenti danni, dell’ordine di miliardi di euro. Un’ipotesi che non voglio nemmeno prendere in considerazione. È una scelta assurda - conclude il presidente del Veneto - perché ogni alimento, nessuno escluso, se consumato in eccesso, può diventare nocivo e, in pura teoria portare alla morte. È quindi inspiegabile perché il vino sì e qualsiasi altro alimento no. Per quanto ci riguarda è e sarà opposizione durissima”.

Dal Parlamento Ue arriva il commento di Paolo De Castro, membro della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale, tra i parlamentari italiani di lungo corso e punto di riferimento in Commissione, che si dice sorpreso per “come la Commissione Europea non prenda minimamente in considerazione la posizione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue che, nella risoluzione sulla lotta contro il cancro del febbraio scorso, ha categoricamente escluso l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari, come quelli presenti sui pacchetti di sigarette”. Per l’eurodeputato “ancora una volta ci troviamo di fronte al tentativo di alcuni Paesi nord-europei di demonizzare settori che rappresentano un patrimonio della nostra cultura e tradizione eno-gastronomica, con richieste paradossali che peraltro mettono a serio rischio il funzionamento del mercato unico europeo, con i nostri produttori che si troverebbero a dover rispettare norme di etichettatura differenti da un Paese Ue all’altro. Fortunatamente - prosegue De Castro - il via libera non è definitivo: ora l’Irlanda dovrà essere autorizzata anche dall’Organizzazione mondiale del commercio, in quanto questa normativa rappresenta una barriera anche a livello internazionale. Un processo che prevede una durata di circa 60 giorni. Se da un lato la Commissione pare abbia scelto di voler condizionare le scelte dei consumatori europei - conclude l’europarlamentare - come Parlamento lavoreremo invece per informarli di più e meglio, con sistemi di etichettatura delle bevande alcoliche più trasparenti, che forniscano informazioni sul consumo moderato e responsabile. Un lavoro già iniziato, con la revisione del regolamento sulle Indicazioni geografiche, che dovrà essere lo strumento per proteggere allo stesso modo tutti i prodotti di qualità europei, a partire dal vino, da questi tentativi di criminalizzazione”.

Infine, la condanna del mondo cooperativo, con la presa di posizione affidata alle parole del coordinatore vino della Alleanza Cooperative Agroalimentari Luca Rigotti: “la scelta della Commissione di mandare avanti il progetto di legge irlandese sugli health warnings ci lascia davvero sconcertati. Con questa azione l’Irlanda è andata a ledere e a mettere in discussione i principi del mercato unico, nel cui perimetro è disciplinato il settore vitivinicolo e che dovrebbe garantire, tramite l’Organizzazione Comune di Mercato, un’applicazione per l’appunto “comune”, dei principi e delle regole europee in tutti gli Stati membri. Questa, a mio avviso - prosegue Rigotti - è la prima e definitiva argomentazione contro la decisione della Commissione Ue di avallare il progetto di legge irlandese, come peraltro le istituzioni italiane, insieme a quelle di altri 8 Stati membri, avevano già avuto modo di manifestare alla Commissione con i propri pareri circostanziati, inviati nei mesi scorsi. L’iniziativa dell’Irlanda rappresenta un precedente davvero pericoloso per il mercato unico dell’Ue. Non meno grave - conclude il coordinatore vino diCooperative - è il contenuto della regolamentazione che l’Irlanda andrà ad implementare: in sostanza il vino, un prodotto agricolo dalla tradizione millenaria, che non è mai mancato sulle tavole dei Paesi mediterranei, viene caratterizzato come un prodotto nocivo alla salute alla stregua del tabacco, senza alcuna distinzione in relazione alle quantità e alle modalità di consumo. È esattamente l’approccio contro il quale ci eravamo battuti, come organizzazione e come Paese, nella redazione del Piano europeo di lotta contro il cancro, e che, invece, la Commissione ha lasciato, in maniera arbitraria, prevalere: un approccio ideologico e mistificatorio che non pone alcuna differenza tra abuso e consumo consapevole”.

 

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