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Corriere della Sera

Sting “Pizza, corse in bici e baci sulla boca: la mia estate con voi dopo tanto silenzio” ... Il musicista inglese e la moglie Trudie, la famiglia più famosa del Chiantishire, raccontano la passione per il vino e per le sorprese. “I sensi ci sono stati sotratti durante la pandemia, ora li desideriamo ancora di più. La nostra avventura italiana? Un modo per vendicarci”... Un piccolo trucco da osteria ha convinto Sting e la moglie Trudie Styler ad acquistare 25 anni fa il Palagio, a pochi chilometri da Firenze. La dimora cinquecentesca circondata da 350 ettari di boschi, giardini, oliveti e vigneti sulle colline di Figline Valdarno, è diventata il rifugio italiano della coppia inglese durante i mesi della prima, della seconda e della terza ondata del Covid. Sono stati giorni silenziosi, senza i live domestici che Sting ogni anno improvvisa per gli amici e gli ospiti. Da solo sul palco, con la chitarra, il microfono e la voce che non perde potenza. Ma in questi mesi italiani di musica interrotta, Gordon Matthew Thomas Sumner, questo il suo vero nome, non si è mai fermato, tra solidarietà, affari e politica. Si è schierato subito contro la Brexit. E con altri 110 artisti (da Elton John a Bob Geldof, da Peter Gabriel al Radiohead), durante la pandemia ha firmato una lettera di denuncia contro il governo britannico “perché la Brexit ha trasformato l’Europa in una no-go zone per i musicisti, che ora hanno bisogno di visti individuali per ogni concerto fuori dalla Gran Bretagna”. Richiesti anche a chi, come lui, ha venduto nella sua carriera dai Police in poi cento milioni di dischi. Per ora l’unico concerto pubblico in Italia (prima europea del tour antologico My Songs) fissato per i1 27 settembre al Teatro antico di Taormina. Durante il ritiro dorato e creativo in Toscana, tra il lago, la piscina e i campi da tennis del Palagio, il cantante che ad ottobre compirà 70 anni ha aperto con Trudie una fondazione, la Every Breath (dal titolo di una delle canzoni più conosciute dei Police, Every Breath You Take). Lo scopo: aiutare chi si è indebolito nella crisi. Così, camicia azzurro Italia, occhiali da sole e l’energia di sempre, si é messo alla guida di una corsa ciclistica di campioni ed ex glorie sportive, da San Marino a Figline, per “dare una mano agli imprenditori del turismo”. Poi, settimana dopo settimana, Sting ha incontrato i migliori chef dell’Italia per capire dove va il gusto tricolore. E a luglio si è convinto ad aprire, sempre al Palagio, una pizzeria bio con wine bar, dopo una lunga ricerca per trovare il pizzaiolo più ispirato. Ha scelto i social per l’annuncio: “Venite ad unirvi alla gang nella nuova pizzeria e wine bar il Palaglo, dove potrete gustare una pizza favolosa, provare tutti i nostri vini e anche qualche birra artigianale Toscana”, ha scritto sul suo profilo Instagram. Quando è stato possibile tornare a ricevere gli enoturisti, ha messó all’asta visite e degustazioni con lui e i marchesi Antinori e Frescobaldi, incassando 140 mila dollari subito trasferiti ai ristoratori statunitensi in difficoltà. Infine, ha rivoluzionato la cantina facendo arrivare la star degli enologi, Riccardo Cotarella, e lanciando quattro nuovi vini dai 13 ettari più vocati del suo vigneto: il bianco Baci sulla bocca, il rosato New Day, il Chianti Riserva la Duchessa e il 1530, un insieme di Sangiovese e Merlot. Nella tenuta Sting e Trudie producono anche olio, frutta e miele (“abbiamo sessanta fantastiche famiglie di api”). Dal palazzo trasformato in un gioiello agricolo e dell’ospitalità (“con cinque dependance che è possibile affittare”), nell’era pre-lockdown Sting è partito per portare solidarietà agli operai della Bekaert di Figline minacciati di licenziamento, impmvvisando un concerto davanti al cancelli della fabbrica. Ed ora sta pensando a un altro concerto al Palagio, alla fine di agosto, sempre in soccorso “a chi è stato costretto a chiudere a causa del Covid”. Al suo fianco, ad ogni passo, c’è sempre Trudie, che parla un po’ italiano. Mentre Sting si limita a un “ciao, come stai”, anche dopo un quarto di secolo con casa in Toscana. E se Trudie si definisce oggi “una ragazza di campagna che crede nella terra, come mi ha insegnato mio padre”, lui parla di sé stesso come di ‘un giovane produttore in una terra molto antica, un vignaiolo a cui piace degustare, mangiare e sentirsi parte del paesaggio toscano”. Attrice e produttrice di film (il prossimo sarà a Napoli, per questo appare ogni tanto al ristorante Mimi alla ferrovia), Trudie è la seconda moglie di Sting. Insieme hanno avuto quattro dei sei figli del cantante. Eliot Paulina “Coco”, 31 anni, cantautrice, e Giacomo Luke, 26 anni, sono nati in Toscana, “prima del Palagio, quando venivamo a trascorrere le vacanze in una casa in affitto nella Tenuta di San Rossore” ricorda la famiglia più famosa del Chiantishire. Che non ha trasformato il Palagio in una dimora new age. Anche se lei insegna yoga e lui dedica 40 minuti al giorno alla meditazione, Sting e Trudie sono diventati imprenditori agricoli puntando “sulla biodiversità e sulla sostenibilità ambientale”. Avete trascorso in Toscana i mesi della pandemia, quelli del distanziamento, delle maseherine e dei baci negati. Per questo avete chiamato Baci sulla bocca il vostro primo nuovo vino? “Esatto”, spiegano Sting e Trudie, “questo vino e in un certo senso liberatorio come un bacio sulle labbra. Ormai indossiamo la mascherina da un anno e mezzo e l’idea che nessuno si potesse toccare, abbracciare, e baciare come facevamo prima, ci ha sconvolto. Cosi quando abbiamo assaggiato questo Vermentino abbiamo detto: è come un bacio sulla bocca, ha il sapore dei baci. I sensi ci sono stati sottratti durante la pandemia, ora li desideriamo ancora di più”. Quanto è stato difficile rinunciare all’adrenalina del tour e all’incontro con il pubblico del concerti per un periodo così lungo? “Per me”, ammette Sting, “è stato sempre molto straniante essere nello stesso posto per più di due notti. Ma non è stato difficile rimanere in Toscana. Qui ho un’ottima compagnia: il vino e il cibo. Non posso proprio lamentarmi”. Quanto avete sentito la distanza dal vostro mondo? “Questo è stato un periodo davvero terribile per milioni di persone. Ma nei mesi di lockdown c’è stata anche la possibilità di fermarsi a riflettere. Noi, ad esempio, abbiamo capito che avevamo bisogno di migliorare l’accoglienza e il vino. Immaginando anche altri progetti. È stata una fase molto importante per ripensare con calma al futuro di questo bellissimo luogo. È grazie a questa spinta di rinnovamento che abbiamo conosciuto Riccardo Cottarella”. Di cosa vi siete occupati oltre al rilancio del Palagio? “Non abbiamo trascorso i mesi solo a pensare al futuro del Palagio. Abbiamo visto il danno colossale che la pandemia ha creato a cosi tante persone che stavano soffrendo in molti modi, tra problemi di salute e le imprese in difficoltà. E ci siamo dati da fare per aiutare”. Quali imprese? “Parliamo soprattutto delle attività legate al’accoglienza, quindi bar, caffè, ristoranti. Hanno sofferto tutti enormemente. Quindi abbiamo pensato: “Amiamo questo Paese, è davvero una casa per noi. Possiamo cercare di contribuire”. Abbiamo avuto l’idea di creare una fondazione che ha debuttato con una gara di ciclismo di cui magari si è sentito parlare, da San Marino fino a Figline”. Con quale scopo? “Per raccogliere fondi a favore dei commercianti. La corsa in bicicletta si è svolta pochi giorni dopo il Giro d’Italia. C’erano venti ciclisti famosi che hanno pedalato per 150 chilometri”. Com'era fi Palagio al momento del vostro acquisto? “Stavamo cenando una casa in Toscana da anni. Avevamo visto palazzi pieni di marmi, come mausolei. Poi, siamo arrivati al Palagio. Fra fatiscente, ma pieno di fascino. Era il 1997. Da quel momento e iniziata la nostra nuova vita in campagna”. Da cosa avete comincialo? “Per prima cosa ci siamo concentrati sulla villa. Era in condizioni critiche, ma si capiva che era comunque splendida, immersa nel verde. L’abbiamo ristrutturata. C’era davvero molto da fare. Abbiamo perfino portato l’energia elettrica. Insomma, quella casa era stata trascurata per tanto tempo. Quindi il primo anno ci siamo dedicati ai lavori”. Poi vi siete concentrati sulla campagna? “Prima il nostro sguardo si è spostato sul giardino. Un pomeriggio ci siamo seduti nella veranda e le piante di gelsomino erano così incolte che sembravano tende, non si riusciva a vedere oltre. La tenuta ci sembrava davvero un po’ triste, così ci siamo dati da fare per rimettere il giardino in sesto”. E dopo il giardino? “Una volta ristrutturata la casa e sistemato il giardino, abbiamo pensato: “Beh, qui una volta si produceva il vino ». E ci siamo detti: lo produrremo anche noi, sarà il nostro prossimo passo. Abbiamo iniziato a concentrarci sul vigneto. Era il 1999. Tre anni dopo abbiamo estirpato le vecchie vigne e abbiamo iniziato a costruire il sistema di drenaggio. Dopo cinque anni eravamo pronti per la prima vendemmia del nuovo vigneto”. E il piccolo inganno con il vino che vi ha fatto acquistare il Palagio qual è stato? “L’ex proprietario, il duca Simone Vincenzo Velluti Zati di San Clemente, sì offri un bicchiere di rosso da una caraffa durante la nostra visita al Palagio”, ricorda Sting. “Stavamo trattando l’acquisto, la proprietà ci piaceva molto anche se era quasi in rovina. Il duca mi chiese se volessi assaggiare del vino della tenuta e io dissi di si. Era un vino ottimo quindi mi convinse a comprare anche le vigne. Poi abbiano capitò che il duca ci aveva servito un Barolo e non un vino locale”. Quando l’avete scoperto? “Dopo un po’ di tempo, quando abbiamo servito ai nostri ospiti il vino della tenuta e ho visto che qualcuno vuotava il bicchiere nelle aiuole. Così abbiamo deciso di “vendicarci” e di dimostrare che era possibile produrre del vino ottimo anche dai vigneti del Palagio. Tutta questa nostra avsentura toscana in realtà un modo per vendicarci”, sorride Sting. È vero che lei non beveva vino da ragazzo? “Certamente, sono del Nord dell’Inghilterra. Nessuno da quelle parti beveva vino. Il vino era qualcosa che si sedeva solo nel film. Sceglievamo la birra. Adesso non riesco più a berla. Magari un bicchiere ogni tanto”. Soltanto un bicchiere ? “Sì, sono diventato raffinato”. Durante i concerti, sapendo della sua nuova passione per il vino, avrà ricevuto in regalo molte bottiglie ? “Trovavo un’ottima bottiglia di vino tutte le sere nel mio camerino dopo i concerti, ma la lasciavo per lo staff. E poi una sera sono andato a casa di un amico che lavorava al moi tour, in New Jersey. Mi ha invitato a visitare la sua cantina. Aveva Bariolo, Chateauneuf-du Pape, e molte altre bottiglie da tutto il mondo, incredibili e costose. Gli ho chiest : “Ma dove le hai prese”? E lui : “Dal tuo camerino”. Si era costruito una cantina con i vini chze mi avevano regalato”. E voi siete riusciti a crearvi una riserva di vini solo per voi al Palagio durante i mesi del Covid ? “Non proprio”, spega Trudie. “Anche per quanto riguarda i nostri stessi vini. A me piacciono di più i bianchi e i rosati, a Sting i rossi. Produciamo un quantitativo limitato di Baci sulla bocca e un po di più di New Day. Cotarella é stato molto rigido e ci ha detto che possiamo mavere solo una o due bottiglie ogni tanto, perché la richiesta del mercato è molto alta. Quindi ho dovuto essere molto... Qual è la parola?”. “Astemia” suggerisce Sting. E Trudie: ‘Si, sono diventata quasi astemia per evitare di bere le bottiglie di Baci sulla bocca : questo forse fa bene alla mia salute. Ne bevo solo un bicchiere al giorno”. Perché avate scelto un enologo famoso come Cotarella? “Ciò che mi ha colpito di Riccardo che gli piace fare sorprese”, risponde Sting. “Questo è ciò che voglio anche dalla musica. Cerco sempre di sorprendere il mondo con le mie canzoni. Con Riccardo vogliamo regalare una sorpresa con nuovi vini che facciano dire alla gente : Wow, non me l’aspettavo! Per me riuscire a sorprendere è un motore potente. Ed è il punto di accordo tra musica e vino, tra noi e Cotarella”. Durante i mesi della pandemia avete pensato quindi che serviva una svolta in cantina? “Volevamo alzare il livello ed entrare nella categoria dei vini prestigiosi. Non eravamo certi che Riccardo ci avrebbe accettati come clienti, perché non siamo in una zona enologicamente prestigiosa. Non avevamo mai preso in considerazione la produzione di spumanti, di rosé o di vini bianchi. Quindi é stata davvero una sorpresa fantastica la proposta di ampliare la nostra gamma”. Con il rosé volete seguire lo stile francese? “Amo molto il rosé”, confessa Trudie. “Ma, come posso dirlo in modo educato? Riusciremo a dare filo da torcere ai francesi. Il nostro rosé è davvero spettacolare, sono molto colpita”.

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