Il vino italiano più prodotto e venduto nel mondo, l’Asti Spumante, sta vivendo da qualche mese una stagione di grande difficoltà sui mercati (-21% nel 2000, stando alle cifre de “Il Sole 24 Ore”). E il futuro è costellato da problemi (che vanno dalla quasi assenza di comunicazione alla troppa produzione). Uno su tutti: il mancato accordo tra viticoltori e industriali sul prezzo delle uve, un patto che in questi anni (è 22 anni che si celebra) ha sempre dato fluidità al sistema (composto da 7000 viticoltori con i loro 9400 ettari coltivati in 52 comuni delle tre province del Sud Piemonte, da 60 cantine di trasformazione private, dai 14 enopoli sociali, 40 imbottigliatori, tra i quali 10 aziende controllano l'80% del mercato finale).
Il presidente dell'Associazione Produttori del Moscato, Giovanni Satragno, in una lettera ai soci (7000 aziende), spara a zero contro la proposta delle imprese imbottigliatrici di ridurre la resa delle uve a 65 quintali per ettaro, mantenendo il prezzo a 1670 lire al chilogrammo: “l'industria è stata ferma - ha spiegato all’agenzia Ansa - sulle sue precedenti posizioni offrendo per 65-70 quintali per ettaro di uva docg il prezzo dell’anno scorso, cioé quello di tre anni fa”. Tale valore fissato in 16.700 lire al miriagrammo di uva viene indicato come prezzo medio “essendo l'industria disponibile a pagare la migliore qualità fino a lire 17.300 (più 600 lire) e con diminuzioni analoghe fino a 16.100 lire. In pratica, con questa ipotesi, il prezzo minimo del 2000, non potrebbe più essere garantito. Per i superi ulteriori l’offerta dell’industria è di 5.000 lire al miriagrammo per 20 quintali ad ettaro e 3.000 per il restante prodotto fino a 120 quintali”. “In pratica - conclude Satragno - i superi, verrebbero pagati mediamente a sole 3.700 lire al miriagrammo, prezzo inferiore a quello delle patate”.
Ma, come ha spiegato, il direttore del Conzorzio dell'Asti Spumante, Ezio Pelissetti a “Il Sole 24 Ore”, “non fare l’accordo equivale ad una sconfitta per tutti”. Un opinione, questa, molto diffusa, anche tra i viticoltori piemontesi: “si deve trovare l’accordo per dare all’agricoltore un reddito sufficiente e per non trovarsi nuovamente, come l’anno scorso, una eccedenza di 120.000 ettolitri invenduti e trasformati in alcool, grazie ad un contributo di 34 miliardi dell’Unione Europea e dello Stato Italiano. Anche considerando che, quest’anno, l’andamento climatico è in anticipo di quasi una settimana e che quindi la vendemmia, di sicuro, sarà nella prima decade di settembre”.
E se l’Asti Spumante è in crisi, non è così per il “classico” (complessivamente si producono 240 milioni di bottiglie di “bollicine” per un fatturato di 800 miliardi di lire): “il Prosecco (30 milioni di bottiglie), da un paio d’anni, sta vivendo - spiega Gianluca Bisol, uno dei migliori produttori - una stagione positiva, grazie alla qualità che da tempo abbiamo costruito”. Stessa cosa in Trentino, da anni sotto i riflettori nei grandi concorsi internazionali: “la qualità - dicono alcuni produttori - sta pagando”. Idem per la Franciacorta “la cui produzione - dicono al Consorzio - ha un disciplinare che non ammette deroghe di alcun tipo, tanto più in tema di qualità”.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025