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DA DOVE VIENE IL VINO VERSATO NEI CALICI? CE LO DIRÀ “L’ANALISI DEL DNA” E NON C’E’ BISOGNO DI “CSI”. E SE CI METTE LO ZAMPINO L’HI-TECH SULLA TAVOLA PRODOTTI SEMPRE PIÙ SICURI E SANI. PAROLA DEL CENTRO NAZIONALE PER LE RICERCHE (CNR)

Italia
L’hi - tech porta in tavola vini e prodotti sempre più sicuri e sani

Da dove viene il nettare versato nei calici? Ce lo dirà “l’analisi del Dna” e non c’è bisogno di chiamare “Csi” o il “Ris”. Se ci mette lo zampino l’hi-tech, sulla tavola i prodotti sono tracciabili, sicuri e sani e il consumatore è informato. Parola del Cnr (Centro Nazionale Ricerche), il maggior ente pubblico italiano di ricerca, che mette punta sulla tecnologia per la battaglia alle frodi alimentari. Un esempio? Lo sviluppo di sistemi di certificazione del vino basati su dati genetici e chimici, in aggiunta ai codici a barre e ai più promettenti codici a radiofrequenza (info: www.cnr.it).

“Lo sviluppo di strumenti di tracciabilità di maggior precisione - sottolinea il Cnr - consentirà di compiere scelte ancora più consapevoli sui prodotti da acquistare e consumare”.

Ed il vino? “Per evitare che la tracciabilità resti solo un termine alla moda - afferma Domenico Pignone, direttore del Dipartimento Agroalimentare Cnr - e affinché si riduca davvero il rischio di frodi alimentari è necessario implementare la funzionalità del processo attraverso l’innovazione tecnologica dei sistemi, che attualmente si basano sui codici alfanumerici: i codici a barra e i codici a radiofrequenza (Rfid). Questi ultimi - prosegue il ricercatore - sono destinati a fornire i risultati più promettenti. Il sistema Rfid, veloce e automatizzato, funziona attraverso microchip wireless, è interfacciabile con sensori e non necessita dell’allineamento con un lettore. Consente, quindi, una riduzione degli sprechi attraverso il continuo monitoraggio dei parametri fisico-chimici dei prodotti, permettendo di individuare quelli difettosi, che possono così venire eliminati. Attualmente, però, il limite maggiore dell’Rfid è rappresentato - avverte Pignone - dai costi, più elevati dei sistemi di codice a barre, col rischio di incidere soprattutto sui prodotti a basso prezzo e largo consumo, come frutta e verdura, pasta o pane”. Ma non finisce qui, infatti, “si stanno sviluppando sistemi di certificazione del vino basati su dati genetici e chimici che, attraverso analisi genetiche, rivelino quali vitigni e quali lieviti sono stati impiegati in vinificazione e, mediante specifiche analisi chimiche, indichino in quali terreni sono state coltivate le viti”.

Gli scenari che si aprono, grazie alla sempre più precisa tracciabilità, metteranno il consumatore in condizioni di sapere come quel preciso prodotto, anche per quanto riguarda gli organismi geneticamente modificati, è arrivato sulla sua tavola, ma è possibile anche il processo inverso, quello della rintracciabilità: “con il termine tracciabilità - continua Pignone - si intende la possibilità di monitorare alimenti o sostanze destinate al consumo umano in tutte le fasi della produzione, trasformazione e distribuzione, quindi dalla raccolta al consumatore finale, però - sottolinea il direttore del Dipartimento agroalimentare del Cnr - esistono 2 processi, erroneamente considerati sinonimi: tracciabilità e rintracciabilità. La tracciabilità segue il prodotto dall’inizio alla fine, lasciando “tracce” che consentono successivamente di identificarne le varie fasi della filiera mediante il processo inverso che si chiama rintracciabilità. Esistono poi - continua il Cnr - regole speciali per la tracciabilità degli organismi geneticamente modificati (Ogm), grazie alle quali la componente Gm del prodotto è identificabile a livello di etichetta. Ma il sistema di tracciabilità/rintracciabilità ha anche contribuito a impedire che prodotti contaminati raggiungessero le tavole, favorendone la distruzione”.

Una cosa è certa, però, tracciabilità è anche sinonimo di salute alimentare perché “migliorare i sistemi di tracciabilità e rintracciabilità determina ricadute in settori diversi: dalla biodiversità alimentare al rapporto tra alimentazione e benessere, fino a tutelare specifici settori della popolazione - precisa Gian Luigi Russo dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa) del Cnr di Avellino - allargando la base alimentare si introduce un numero maggiore di nutrienti di cui l’organismo ha bisogno per la corretta funzionalità e per prevenire disturbi metabolici quali diabete, obesità, ipertensione. Ma la sana alimentazione passa anche per la scoperta di sostanze che potrebbero rivelarsi dannose per i consumatori. L’identificazione di sostanze potenzialmente nocive, come tossine o residui di fitofarmaci, è - continua Russo - un aspetto fondamentale di un’alimentazione sana e può, a lungo termine, ridurre la necessità di investire nel settore, costoso e competitivo, dello sviluppo di nuovi farmaci. Si possono garantire - conclude Russo - a strati della popolazione con particolari esigenze alimentari derivanti da patologie, come le persone affette da malattia celiaca, o dettami culturali e religiosi, come persone di fede ebraica o islamica, di poter consumare prodotti che gli consentano di rispettare le proprie esigenze salutistiche o culturali”.

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