Le sfide dei mercati, cambiati forse irreversibilmente da una pandemia che si fatica a superare, la strada della sostenibilità che è fondamentale ma richiede lungimiranza ed investimenti, il valore di una promozione che è vitale per la ripartenza vera del mercato del vino ma che va riorganizzata senza sprecare più risorse, private e pubbliche, ma anche una riflessione urgente su un vigneto Italia che, per mille motivi, a dispetto di una crescita importante del vino italiano sui mercati del mondo, vede nei fatti il rischio di una evoluzione a ribasso della sua offerta, con la possibilità reale di distruggere valore, piuttosto che di crearlo, e di far salire il posizionamento del vino del Belpaese. Con la necessità reale di trovare un nuovo punto di equilibrio, cosa non semplice, tra il vino a denominazione ed il vino comune. Sono tanti i temi e gli obiettivi fissati da Unione Italiana Vini - Uiv, Cia - Agricoltori Italiani e dal Ministero delle Politiche Agricole, nel “Forum Vitivinicolo”, oggi, a Roma. “La lunga crisi pandemica ha segnato un punto di rottura nel settore che, per un rilancio vero, ha bisogno di uscire dalla logica emergenziale dei ristori - ha spiegato Luca Brunelli, responsabile Cia - Agricoltori Italiani Area Politiche Vitivinicole - per superare l’impasse, è necessario puntare sulla promozione, utilizzando tutti i fondi e le risorse a disposizione, a livello nazionale e Ue, con l’obiettivo di competere sempre meglio sui mercati esteri. La Francia, con meno vino, ha più del doppio del nostro fatturato”. “Bisogna prendere atto dei cambiamenti interni al mercato del vino a livello nazionale e internazionale, conoscere i nuovi player in campo - ha sottolineato Dino Scanavino, presidente Cia-Agricoltori Italiani - capire l’evoluzione delle esigenze dei consumatori. Ci vorrà tempo, ma sarà vera ripartenza solo cambiando metodo. Serve fare squadra, ragionare in ottica di sistema, creare una filiera organica. Dobbiamo essere in grado di valorizzare l’unicità delle piccole e medie imprese, promotrici di territorio e cultura, puntare su alleanze nuove con il settore fieristico e più innovative e mirate modalità di scambio con i buyer esteri”.
“Chiediamo fortemente che lo strumento della promozione Ue sia difeso a livello europeo, nella riforma a cui sta lavorando in questi mesi Bruxelles, in quanto le politiche proibizioniste della Commissione potrebbero escludere il vino e altri settori del nostro agroalimentare dai finanziamenti a favore della promozione dei prodotti agricoli. È fondamentale nei prossimi mesi far fronte comune per impedire questo disegno, facendo leva sul ruolo insostituibile del vino e delle sue Dop e Igp sullo sviluppo e sostenibilità dei territori”, ha rilanciato il presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), Ernesto Abbona, che ha proposto al Ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, di “farsi promotore per l’avvio di una campagna istituzionale per il rilancio dell’immagine del nostro Paese attraverso la narrativa dei suoi territori vitivinicoli e delle sue tipicità agroalimentari”.
“Spesso paragoniamo Italia a Francia quando parliamo di vino - ha detto Abbona - ma non dimentichiamo che agli inizi dell’Ottocento la Francia era già uno Stato unitario, aveva strade, aveva commerci floridi, mentre l’Italia era divisa in statarelli, non aveva infrastrutture. Ed il frazionamento esiste ancora, con le Regioni, che possono valorizzare le differenze ma anche complicare le cose da un punto di vista normativo. A volte a Bruxelles ci chiedono a nome di quale Regione parliamo. Questo limite deve essere superato. Abbiamo scritto uno standard unico di sostenibilità, siamo i primi in Europa a farlo, perchè quando ci muoviamo uniti siamo bravi. Fondamentale ovviamente, la promozione. Ma comunicare un brand è più facile che comunicare tante denominazioni, che però sono la nostra ricchezza. Per questo servono più risorse, più soldi alla promozione, non alla distillazione, dove c’è eccesso di prodotto per politiche sbagliate. I fondi sono importantissimi ma vanno gestiti bene: la politica deve scegliere, non può accontentare tutti”. Tema su cui concorda lo stesso Patuanelli: “non dobbiamo più sprecare risorse, dobbiamo fare scelte, magari scontentando qualcuno, ma vanno fatte. È evidente che il vino è uno dei settori da sostenere, perchè il più capace di creare valore aggiunto e ridistribuirlo, perchè lega tanti elementi, la produzione del vino in sé, il turismo, un indotto concreto e di immagine enorme. Ma dobbiamo affrontare questioni trasversali all’agricoltura. Sono preoccupato per il nostro settore, perchè vedo la forza di chi parte da modelli di consumo diversi dal nostro, che, per evitare alcuni problemi di salute, per esempio, dice non vanno prodotti più certi prodotti. Ma nessuno prodotto è patologico in sé, se consumato in modo consapevole, e la consapevolezza si crea facendo comunicazione e propaganda. Ma non è l’unico rischio per le nostre produzioni. Penso a tutto il tema dell’etichettatura, al tentativo di promuovere produzioni agroalimentari di larga scala e farle diventare delle commodities, di passare al cibo sintetico. Avremo da sfamare 10 miliardi di persone con sempre meno terre coltivabili. Da un lato, dobbiamo far capire il valore delle nostre produzioni, e quindi servono più risorse per la promozione, e, dall’altra, incrementare la produzione con meno terra e acqua, e questo ci obbliga a ripensare oggi al mondo in cui si produce, e questa cosa era già chiara due anni fa quando abbiamo fatto il credito di imposta per il 4.0 per gli investimenti in tecnologia e innovazione delle aziende agricole. Altro tema decisivo - sottolinea Patuanelli - è quello della gestione delle acque. O ci pensiamo oggi, o fra 30 anni avremo enormi problemi di accesso all’acqua. Ci sono 880 milioni di euro per questo nel Pnrr, è un primo passo. Ma ci sono già tante tecnologie che intanto, già oggi, consentono un utilizzo più razionale delle risorse”.
Con tante sfide davanti, però, qualche buona notizia arriva dal mercato. Perchè se il 2020 della pademia ha visto le aziende perdere il 15% del fatturato, con una perdita del giro d’affari lungo la filiera di 3 miliardi di euro (con i picchi negativi registrati sul fronte della ristorazione, - 40% e delle enoteche, - 23%), il 2021 ha confermato non solo la crescita robusta dell’e-commerce (+120% nel primo semestre 2021), ma anche una ripartenza delle esportazioni (nei primi 4 mesi 2021, + 4,2% sul 2020, secondo i dati Istat analizzati da WineNews), a fine 2021, dovrebbe chiudersi con un rimbalzo complessivo del + 9%, per tornare ai livelli pre-covid (13 miliardi di euro di valore alla produzione) nel 2022, Covid permettendo.
A guidare la ripresa delle esportazioni made in Italy, secondo i dati dell’Osservatorio dell’Unione Italiana Vini (Uiv), saranno ancora una volta gli spumanti, che rappresentano quasi un quarto dell’export vinicolo nazionale, per un valore di 2 miliardi di euro, per il 70% grazie al sistema Prosecco. Un trend in crescita costante, tanto che si stima il raggiungimento di 1 miliardo di bottiglie di bollicine entro il 2024, ossia oltre il 30% in più dell’attuale produzione nazionale di 750 milioni di bottiglie. Accanto, il nuovo fenomeno dei rosati, 120 milioni di bottiglie solo nel 2020 per un valore di 450 milioni di euro, con un effetto traino del nuovo Prosecco Rosé superiore al +10%.
Fondamentale, però, sarà anche al ripartenza delle fiere, come Vinitaly, come ricordato dal dg Veronafiere, Giovanni Mantovani: “siamo ripartiti in giugno con Opera Wine, con una grande riscontro e questo ci dà molta fiducia per il futuro anche in vista della Vinitaly Special Edition (Ottobre 2021), che sarà una fiera in un formato molto più smart nella gestione e anche dal punto di vista economico, come chiedono oggi le imprese. È certo che i grandi eventi servano ancora, ma cambieranno ancora, saranno sempre più strategiche piattaforme di proprietà all’estero, come quella che abbiamo in Asia, e che, ad agosto, manderà in scena la seconda edizione di Wine2Asia, quella che abbiamo in Brasile, con Wine South America, o come quella che inizierà a lavorare il prossimo anno in Nord America, mercato più importante del vino. Ma saranno sempre più strategici anche strumenti digitali come VinitalyPlus, non solo per restare sempre in contatto con i mercati, 365 giorni all’anno, ma anche per avere dati da analizzare, che saranno sempre più importanti”.
“Le aziende per affrontare il futuro - ha aggiunto Lamberto Frescobaldi, alla guida del Gruppo Frescobaldi, tra i più importanti del vino italiano, e vicepresidente Unione Italiana Vini (Uiv) - devono tenere dritte le antenne, e strutturarsi, non solo come grandezza. Una cosa che il nostro settore ha sottostimato perchè le cose andavano bene, è tenere sotto controllo gli indici di un’azienda. Noi in Frescobaldi lo abbiamo sempre fatto, spaccando il capello in due. Poi ci sono le contingenze come il Covid, dove devi sapere cosa fare per gestire l’emergenza. Noi abbiamo una quota export del 65%, ed è stato un argine di sicurezza, non si devono avere le uova in un solo cestino, ma diversificare. E quando un mercato va bene non si deve fermarsi, ma cercarne un altro. Noi tutti gli anni produciamo vino e dobbiamo guardare lontanto per venderlo al meglio”.
Ma c’è un grande tema da affrontare che parte dal vigneto. Perchè come rilevato dall’Osservatorio di Unione Italiana Vini (Uiv), diretto da Carlo Flamini, ci sono dei fenomeni da osservare. Perchè quando parte dal vigneto, il 60% della produzione annuale di vino in Italia è Dop e Ipg, ma poi in bottiglia è solo il 50%, perchè parte del vino viene declassato a vino comune. Un fenomeno che distrugge valore, e che coinvolge in media 10 milioni di ettolitri all’anno. Inoltre, il potenziale viticolo italiano dice che si potrà arrivare a 60 milioni di ettolitri nel 2025, tornando, a livello di vigneto, al 2008, quando cioè l’Ocm ha iniziato a finanziare l’espianto dei vigneti, che, invece, con il nuovo sistema in vigore sono tornati a crescere dell’1% all’anno. “Ma la situazione sarà diversa, perchè gli Albi di tante Doc sono chiusi, e chi pianta nuovi vigneti, oggi, in molti casi non può rivendicare vino a denominazione, ma vino comune”. Che, ovviamente, in linea generale, vale meno, e rischia di creare ulteriori eccedenze.
Ed allora, “più che pensare ad arrivare a 60 milioni di ettolitri, è più importante organizzarci e gestire la crescita, perchè questi numeri - sottolinea Claudio Conterno, alla guida della storica griffe piemontese, Conterno Fantino - dicono che c’è il caos. Dobbiamo crescere in valore. Questo è un momento di rottura, come lo è stato il metanolo, come lo è stata la crisi economica del 2008. Niente sarà più come prima. Abbiamo bisogno di leggi più snelle, comprensibili, dobbiamo toglierci da questa palude burocratica. Noi abbiamo lo strumento del supero delle denominazioni, dobbiamo usarlo per controllare la produzione oltre il mercato. Ogni denominazione ha un 20% del massimale di produzione, che può essere superato e declassato, e deve servire per gestire il mercato. Ma dobbiamo studiarli i numeri e prevederli, non arrivare sempre in ritardo, o abbiamo troppo vino o troppo poco. Servono persone che sappiano organizzare tutto questo”.
“Serve un coordinamento nella promozione - ribadisce Francesca Planeta, alla guida della cantina di famiglia, tra le protagoniste della consacrazione della Sicilia del vino - magari la creazione di un gruppo di lavoro dove siano presenti produttori, enti promozionali, Vinitaly e le Istituzioni che devono essere convinte di questo piano promozionale. Serve un pensiero rinnovato, i mercati sono cambiati, i canali sono cambiati, va supportata l’horeca ma anche sapere che sono cambiati i modi di consumo tra on line e gdo. Serve un rilancio sui territori, sulle bellezze del nostro Paese, per riportare la gente a bere italiano e conoscere l’Italia. Senza dimenticare il valore della sostenibilità, su cui in Sicilia abbiamo puntato molto, anche con la creazione della fondazione SosTain, che vede in sinergia il Consorzio della Doc Sicilia e Assovini”.
Al centro di tutto, però, in uno scenario nuovo, resta il consumatore, come ha sottolineato Francesca Benini, Sales & Marketing Director della più grande realtà del vino italiano, la Cantine Riunite & Civ: “il consumatore - ha detto - è diverso in ogni mercato, ma ci sono dei trend comuni. Da tutto quello che è salute e sicurezza, che nel vino si traduce in naturalezza, che vuol dire attenzione alle calorie, al contenuto di alcol: c’è chi chiede vini con gradazione di 7-8%. C’è l’attenzione al localismo, che, per i produttori italiani, vuol dire lavorare sul valore delle denominazioni, che dobbiamo raccontare meglio. E c’è una grande crescita di packaging alternativi alla bottiglia, che vadano bene per lo scaffale ma anche per l’e-commerce che è cresciuto molto. Come il brick ed il bag-in-box, che hanno ripreso a correre ovunque, o formati come la lattina, che è molto di moda. Che può piacere o non piacere, ma è una realtà, e dobbiamo farcene una ragione”.
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