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LA GIORNATA SALVATERRA

Dalla “green” alla “blu economy”, con l’interconnessione tra territorio, produttori e consumatori

Nasce il “Think Tank per il futuro del vino”, che ha messo ad un tavolo imprenditori e “visionari” di diversi settori
SALVATERRA, Italia
I protagonisti della Giornata Salvaterra, il "tink thank" del vino del futuro

Interconnessione tra territorio, produttori e consumatori in una visione nuova che supera la green economy e approda alla blu economy, che implica un cambiamento del modello di business per generare valori multipli. Interconessione è stata la parola chiave della “Giornata SalvaTerra” (San Pietro in Cariano, Verona, 18 maggio), nata da una chiacchierata davanti ad un buon bicchiere di Valpolicella, e che e dimostra che il vino crea connessioni e coagula le idee. A ragionare intorno a quel tavolo Marco Sabellico, giornalista e curatore della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso e Paolo Fontana, ad di Tenute SalvaTerra, che giungono a una conclusione: per immaginare e indirizzare il futuro del vino serve un confronto ampio, arricchito da chi del mondo del vino non fa parte e ha uno sguardo rivolto a un futuro che sfugge agli schemi di sviluppo adottati finora. È nato così quello che gli organizzatori della Giornata SalvaTerra (Gambero Rosso e Tenute Salvaterra, 657 ettari di terreni e otto tenute in Veneto) hanno chiamato il “Think Tank per il futuro del vino”.
Un “serbatoio di pensiero” che ha attinto al confronto tra 8 “visionari” sui temi del valore-etica, della sostenibilità-sostenibile, del tempo e delle connessioni e poi ha chiamato, nella tavola rotonda pomeridiana, 8 imprenditori a individuare le contaminazioni possibili per individuare il percorso del mondo del vino per confrontarsi con i cambiamenti dei prossimi anni. Il futuro, in generale, non può che puntare sulla sostenibilità, intesa nella sua interezza, cioè basata sugli aspetti ambientali, etico-sociali ed economici. Ma, in attesa che la sostenibilità permei il sistema, occorre fare un salto di qualità.

“La sostenibilità - ha sottolineato nel suo intervento di Gunter Pauli, economista e scrittore, creatore delle green economy e poi della blue economy - è la chiave per essere competitivi, ma sarà possibile solo se si crea un vero legame diretto con chi consuma. Suggerisco ai produttori di vino di riavvicinarsi ai consumatori, connettersi a loro e ascoltarli. I consumatori di oggi sono già molto attenti ai prodotti, alla qualità, all’origine, alla biodiversità. In altre parole alla sostenibilità. Ma se vogliamo che la sostenibilità faccia parte della nostra vita, la nostra vita deve essere essa stessa sostenibile, anche a livello economico. In futuro se non saremo competitivi non saremo sostenibili e se non saremo sostenibili non saremo competitivi. Bisogna rivedere il concetto di competitività, un tempo sinonimo di prezzi bassi, di buon equilibrio tra qualità e prezzo. Oggi non è più così. La ricerca di prodotti a prezzi sempre più bassi, di volumi sempre più alti e di prodotti sempre più standardizzati ha avuto impatti ambientali fortissimi. Quindi il concetto di sostenibilità deve sganciarsi dal concetto di “economico”. La soluzione, quindi, è generare maggior valore allo stesso tempo sviluppando il territorio, generando posti di lavoro, riuscendo persino a mettere ordine al disordine del passato. Questa combinazione di iniziative estremamente semplici, basate sulla scienza e guidate da imprenditori, ci porterà ad una trasformazione. Il concetto di zero emissioni e zero sprechi oggi è solo un punto di partenza. Per oltre trent’anni ho lavorato per creare un’economia verde rispettosa dell’ambiente per ridurre il nostro impatto sul Pianeta. Oggi quasi tutti prodotti verdi sono più costosi degli altri. Come possiamo aspettarci che il mercato passi da un’economia tradizionale all’economia verde quando questo implica pagare di più ed è quindi riservato ai più ricchi? Dobbiamo trasformare questa realtà cambiando il modello di business in modo che ciò che è buono per l’ambiente sia anche più economico. Se manteniamo il modello attuale, concentrato sul tagliare i costi e sulle economie di scala, non ce la faremo mai. La proposta della blu economy è quella di generare valori multipli, utilizzando gli scarti a cascata per produrre altri beni di consumo, con il doppio risultato di ridurre i prezzi dei prodotti verdi e l’impatto ambientale. Stiamo discutendo di trasformare il nostro modello di business per fare in modo che questo punti allo sviluppo territoriale, alla sostenibilità delle risorse di tutti, non solo dell’essere umano, ma anche dell’ecosistema da cui dipendiamo”.
L’intervento di Pauli è la cornice in cui inserire tutti gli interventi della Giornata SalvaTerra. La denuncia di Massimo Bottura sullo spreco di cibo - 1,3 bilioni di tonnellate ogni anno - e il suo agire attraverso il progetto Food for Soul, la cucina solidale nei refettori per i senzatetto, che dimostra che “la cucina non è solo qualità del cibo, ma anche delle idee”.
Il richiamo di Maurizio Riva, designer e imprenditore impegnato in progetti sul riciclo e recupero del legno, sulla “necessità di inculcare il senso del bello in particolare stando vicino ai giovani” con riferimento ai corsi che tiene per i ragazzi della Comunità di San Patrignano per la creazione di oggetti di design a partire da vecchie barrique.
La necessità individuata da Fiorella Belpoggi, direttrice ricerca dell’Istituto Ramazzini impegnata nelle ricerca sul Glisofato, “di investire in ricerca per anticipare emergenze, di istituire scale di rischio e di togliere subito dal mercato, non solo di deprezzarli i vecchi prodotti inquinanti quando ne arrivano di più sostenibili”. Il parere del climatologo Luca Mercalli, che ha sottolineato come il cambiamento del clima modifichi anche la geografia del vino attuale “perché siamo nel periodo più caldo da almeno 2000 anni e il riscaldamento climatico è come la febbre: siamo già a 38, senza possibilità di guarigione, ma solo di contenimento”. E sull’allerta plastica ha richiamato l’attenzione Paolo Bettinardi, fondatore di Cracking Art, il movimento artistico che negli anni Novanta con la realizzazione di animali di plastica colorata ha posto l’accento su come anche l’arte possa dare un contributo alla riflessione della permutazione dal naturale all’artificiale, come dal petrolio grezzo alla plastica.
Su ciò che è accaduto sul Pianeta negli ultimi anni e ancor più su ciò che succederà grande impatto ha avuto la Rete.
“Credo che la connessione e la contaminazione - ha sottolineato Marco Gualtieri, fondatore di Seeds & Chips, che ha organizzato, a Milano, il summit internazionale di confronto sul binomio food innovation e Made in Italy, a cui ha partecipato anche Barack Obama - siano l’unico modo per portare cambiamento e innovazione, protagonisti i giovani”. Un tema caldo in Italia dove molte sono le aree ancora scoperte, aree rurali e piccoli centri con alcune eccezioni come quella di Esino Lario. Il paese di 780 persone in provincia di Lecco che guidato dal sindaco Pietro Pensa si è candidato e ha ospitato nel 2016 - avendo la meglio su vere metropoli come come Atlantic City e Manila - il raduno mondiale di Wikipedia - Wikimania, e che oggi ha wifi di elevata qualità gratuito per tutti i cittadini. E se - come ha detto Giacomo Mojoli, opinionista, tra i fondatori di Slow Food e docente in Wine & Sistem Design al Politecnico di Milano - per “disegnarne il futuro ci vogliono occhi nuovi, visioni multidisciplinari, concretezza e sintonia con la quotidianità” gli imprenditori del vino tanto potrebbero fare, e in parte stanno facendo, “voltandosi avanti per contaminare il buono del passato con il presente virtuoso”. Perché per ottenere grandi cambiamenti ci vuole l’apporto di tanti che cominciano a modificare anche poco nei loro comportamenti. E se applichiamo questa verità al settore del vino vediamo che quello italiano potrebbe avere un potenziale incredibile dato che, come ha osservato Marco Sabellico “siamo una portaerei al centro del Mediterraneo che non ha uguali per condizioni climatiche favorevoli (finora), varietà ed esperienze, unite a un patrimonio di bellezza, artistica e naturale, che per fortuna non siamo ancora riusciti a distruggere del tutto. Ed è questo che dobbiamo mettere a sistema”.
A suggerire una via, perfettamente in linea con la Blu economy e con il recupero del territorio grazie a un’economia circolare, l’attività di Novamont - l’azienda chimica italiana che, fin dagli anni 90 ha scommesso sul settore delle bioplastiche, brevettando il cosiddetto Mater-Bi, un materiale termoplastico biodegradabile a partire dall’amido di mais - raccontata da Catia Bastioli, che ne è l’ad. “La chimica verde e la filiera delle bioplastiche e dei biochemicals possono essere un’opportunità per una rigenerazione territoriale, da un punto di vista sociale, economico e ambientale. Non bisogna ricercare nuovi prodotti, ma grazie all’innovazione tecnologica, puntare alla rigenerazione. A prodotti che risolvano problemi ambientali, a rigenerare la sostanza organica nel suolo, non creando siti produttivi, cattedrali nel deserto come in passato, ma utilizzando e riqualificando quello che c’è già. Bisogna riconnettere l’economia e la società, creando bioeconomia su scala locale”.
Da chi fa ricerca a chi conduce un’attività imprenditoriale molti hanno intrapreso questo percorso virtuoso. Figlia della collaborazione tra Lavazza e Novamont è la realizzazione della capsula di caffè compostabile. “Noi cerchiamo di migliorarci all’interno dell’azienda - ha spiegato Marco Lavazza, vicepresidente Lavazza Spa - e questo ne è un esempio, ma da molti anni i nostri sforzi sono concentrati sul supporto dei produttori di caffè, per diffondere pratiche più green. Siamo un’azienda piccola nel panorama del caffè e il nostro made in Italy si basa sulla forza della qualità, che vale 27 milioni di tazzine all’anno nel mondo”. Michil Costa, “oste visionario” come ama definirsi, ecologista, albergatore della Val Badia, ha introdotto in azienda il bilancio dell’Economia del Bene Comune, che stila ogni due anni, valutando l’impegno aziendale a favore della collettività, basandosi su valori quali la dignità dell’uomo, l’ecosostenibilità, la trasparenza e la cogestione democratica, la solidarietà, l’equità sociale. “Come noi ristoratori e albergatori - ha affermato Costa - anche i vignaioli dovrebbero fare un’azione di sensibilizzazione verso i consumatori. Manca completamente una educazione agricola e ambientale”.
“Certo la sostenibilità va messa in atto in tutte le sue declinazioni - ha sottolineato Sandro Boscaini presidente di Masi spa - anche perché la promozione del made in Italy per l’esportazione ha bisogno del bello e del buono. Il nostro vino deve essere glocal, agendo localmente e pensando globalmente. Tuttavia non c’è solo la cultura del prodotto, ma anche quella di impresa. Noi non abbiamo avuto paura di quotarci in borsa per avere risorse e dimensioni opportune”. “La sostenibilità in senso lato - ha osservato Matteo Lunelli, presidente di Cantine Ferrari - crea bellezza. Noi abbiamo espanso il protocollo di produzione bio adottato nei vigneti di proprietà a quelli delle 500 famiglie che ci conferiscono le uve. Un futuro più giusto, come era scritto nella Carta di Milano di Expo 2015, sta nella nostra responsabilità perché non sempre un investimento in sostenibilità ha un ritorno economico. Se vogliamo che la sostenibilità diventi sistemica, concordo con Pauli, dobbiamo fare in modo che ciò che è buono non sia più costoso”.
Un’altra esperienza che ha avuto buoni riflessi sull’ambiente sociale, economico e culturale circostante è quella raccontata da Caterina Ceraudo, ultima generazione della cantina calabrese Ceraudo, nonché chef del ristorante Dattilo. “Mio padre Roberto - ha ricordato - ha iniziato a fare bio nel 1987, quando non era certo di moda, e tutti lo prendevano per matto. E quando abbiamo deciso di aprire il ristorante stessa cosa. Un ristorante gourmet in Calabria? Eppure in questa terra bellissima e difficile, in cui noi figli siamo ritornati dopo aver studiato fuori, siamo riusciti a creare intorno a noi un nuovo movimento di giovani che rientrano e riprendono mestieri che si stavano perdendo. A riprendere fiducia, speranza, economia”.
Grande ruolo nella valorizzazione sostenibile dei luoghi ha il paesaggio inteso come relazione tra i fattori che lo disegnano.
“Il paesaggio - spiega l’urbanista e paesaggista Anna Marson, docente dell’Università Iuav di Venezia - può generale i valori multipli di cui parla Pauli. Si pensi al ruolo oggi delle strade bianche che in Toscana, scampate al pericolo di essere asfaltate, sono divenute ossatura di un turismo sostenibile come quello fatto in bici. E lo stesso si può e si deve fare riscoprendo, per rivitalizzarlo, il nostro patrimonio di centri storici che avevano una grammatica e una sintassi”. Marson - che è stata assessore regionale della Toscana e nel 2017 ha vinto il Premio Zanotti Bianco di Italia Nostra per essere riuscita “a concertare e far approvare normative in difesa del suolo, oltre a far decollare l’Osservatorio regionale del paesaggio”- ha lanciato ai produttori vitivinicoli della Valpolicella l’ipotesi di costruire un Patto per il paesaggio in Valpolicella. “Un Patto e non un Piano perché non servono regole imposte ma condivise”.
“Abbiamo iniziato oggi un percorso di confronto - ha detto, a chiusura della giornata Salvaterra, Paolo Fontana - per condividere nuove visioni per il mondo del vino, un mondo che oggettivamente deve avere la capacità d’intercettare e adeguarsi a quanto sta mutando a livello globale, che siano stili di vita e/o di consumo o modi di produrre e condividere. Lo abbiamo fatto ascoltando voci ed esperienze al di fuori del settore e dobbiamo agire partendo dai valori che fanno grande il nostro comparto, come ad esempio il rispetto del territorio”.
Clementina Palese

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