Anche ammesso e non concesso che una parvenza di normalità torni a caratterizzare la vita quotidiana, il vino guarda ad un appuntamento che vivrà le sue tempistiche al netto di dati e decreti, ovvero la vendemmia. E, ovviamente, la stessa logica la segue tutto il lavoro che c’è da fare in vigna per arrivare al meglio possibile alla raccolta. Con le cantine che - sottolineato ancora una volta che la prima e vera emergenza è la liquidità, che va in ogni modo sostenuta - anche per questo devo programmare, quest’anno più che mai, per agire e non trovarsi con una quantità di giacenze che sarà, inevitabilmente più alta che negli anni passati, per via dei minor consumi nell’horeca (mentre ad oggi tiene la gdo) e delle minori esportazioni legate alla gestione della crisi Coronavirus. Inevitabile, dunque, pensare a gestire le quantità che verranno, ma anche a smaltire un po’ di prodotto che, come previsto da tutti, sarà in eccesso. In Italia (ma anche in Europa, dalla Francia alla Spagna, ndr), per esempio, una delle proposte che va per la maggiore è quella della distillazione straordinaria, per togliere dal mercato almeno 3 milioni di ettolitri di vino e, di contro, contribuire alla produzione di alcol per disinfettanti, e garantire un minimo di flusso economico alle cantine. Secondo molti, è nell’immediato la misura più pratica ed efficace. Che consentirebbe di abbattere l’eccedenza e, contemporaneamente, di creare spazio in cantina per accogliere la nuova vendemmia. Una misura che, però, si vorrebbe applicata su base volontaria, e va tarata bene dal punto di vista economico. Una delle idee è di stabilire un prezzo di 0,2 euro al litro. Ma se per alcuni vini che sul mercato dello sfuso viaggiano a 0,4 euro al litro o poco più, ottenuti senza disciplinari di produzione e da vigneti in cui è autorizzata una produzione anche di 500 quintali di uva/ettaro, tanto che si potrebbe pensare anche ad un valore riconosciuto più basso, per altri non sarebbe un prezzo sufficiente neanche a coprire una parte dei costi. Pensiamo a tanti vini Dop e Igp, per esempio, che avrebbero, in caso, bisogno di regole e valori specifici. Che dovrebbero essere concertati tra istituzioni che scriveranno le norme, e produttori, attraverso i Consorzi, per esempio.
Altra pratica da potenziare, per gestire la quantità di produzione, potrebbe essere la vendemmia verde. Più difficile da applicare perché richiede che alla presentazione della domanda di contributo segua poi la verifica dell’avvenuto totale abbattimento dell’uva da parte del viticoltore. E altrettanto problematica è la determinazione del prezzo di compensazione da riconoscere.
Ma, in ogni caso, vanno pensate anche misure di sostegno per i soli produttori di uve, anche per metterli a riparo da ribassi eccessivi e speculazioni, in vista della vendemmia.
Altre misure a cui ricorrere, e da incentivare, soprattutto per le produzioni di maggior valore e dalla longevità più accentuata, sono quelle della riserva vendemmiale e dello stoccaggio, nella speranza che il mercato riparta nei prossimi mesi e anni, e che il prodotto accantonato trovi spazio su una scena che, inevitabilmente, uscirà molto cambiata dalla pandemia. Misure straordinarie, che, nel caso di certe produzioni, avrebbero come primo obiettivo quello di non far crollare il prezzo, con la corsa alle svendite pur di fare spazio in cantina o di incassare qualche euro.
È fondamentale, però, che le istituzioni d’Italia e d’Europa, anche per il settore del vino, prendano decisione nette e chiare, perchè il tempo passa in fretta, e tra 3 mesi e poco più sarà il tempo di raccogliere i primi grappoli della vendemmia 2020. La vendemmia dell’anno del Coronavirus.
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