La pandemia scatenata dal Covid 19 ha costretto anche Ca’ del Bosco a fermarsi, eppure a sfruttare l’arresto in un’occasione di riflessione sulla propria storia e su come immagina questa stessa storia nel futuro (mai così incerto), a partire dalle terze generazioni che abitano da qualche anno la celebre maison franciacortina. Il risultato è un concentrato di 4 punti - usare (e coltivare) senza consumare; equilibrio fra tradizione e innovazione; arte e cultura come valorizzazione; ecologia, etica, educazione - che vanno a comporre il Manifesto di Ca’ del Bosco - Rinascimento, Cultura del Vino, Avanguardia, che (l’ancora una volta pioniere) Maurizio Zanella ha presentato, insieme al suo staff nel resort di lusso Borgo Egnazia, da anni al vertice degli hotel più belli del mondo in tante classifiche, immerso nell’affascinante Valle d’Itria pugliese e contiguo al Parco Archeologico di Egnazia.
L’idea nasce dalla volontà di voler affrontare la paura che ha attanagliato tutti, Ca’ del Bosco compresa, e di trasformarla in rinnovo propositivo a partire dalla strada fatta fino ad oggi. Ecco perché è stato chiesto il contributo delle nuove leve, nello specifico Federico Piva (commerciale Italia), Luca Cinacchi (commerciale estero), Monica Faletti (comunicazione), Laura Botta (marketing), coadiuvati dal filosofo Leonardo Caffo, che da qualche anno respirano l’aria, la storia e la filosofia aziendale di Ca’ del Bosco, ma che ancora hanno la mente fresca e l’occhio diverso per iniettare idee nuove. “Abbiamo voluto dare la parola ai giovani perché in tutti i processi artistici ed industriali il tempo a volte gioca a sfavore quando ti appanna gli occhi da visioni diverse - ha spiegato a WineNews Maurizio Zanella, guida dell’azienda simbolo del Franciacorta, che al motto “Ca’ del Bosco si racconta” ha messo a nudo anche le difficoltà che le prime generazioni possono affrontare nell’irrigidirsi su posizioni troppo tradizionali.
La tanto decantata sostenibilità c’è anche in questo Manifesto, questa volta però in termini di “usura” e di “responsabilità” nei confronti del territorio, che ospita e fa la fortuna di una realtà produttiva. È questo stesso motivo che ha portato Ca’ del Bosco a scegliere Borgo Egnazia come palcoscenico: nessuna acquisizione pugliese (come da molti ventilato), ma un riconoscimento reciproco da parte delle due realtà, nel voler ridare con gratitudine al proprio territorio ciò che quel territorio generosamente ha dato alle due aziende. “Dobbiamo passare da essere proprietari a custodi, quindi diventare responsabili della terra che occupiamo, riconsegnandola migliore di come l’abbiamo presa” ha specificato Zanella. Passare dal consumo all’uso progredito. Citando il processo del divenire aristotelico, l’intenzione è di salvaguardare l’ambiente lungo tutto il procedimento che porta la natura (in potenza) a diventare vino (in atto).
Ca’ del Bosco ha fatto sua anche la massima “siamo come nani su spalle di giganti” del filosofo platonico francese Bernardo di Chartres, per spiegare la sua versione di “tradizione e innovazione”: avere il coraggio di abbracciare la tecnologia e la ricerca, brevettare metodi nuovi per rispettare il potenziale della terra e conoscere sempre più a fondo ciò che abbiamo davanti. Istituire un ciclo continuo di nuove buone pratiche, fondate su di un sapere profondo, che mano a mano costruiranno una nuova consuetudine: lo scopo ultimo è di eliminare tutto il superfluo possibile e comprendere sempre di più la potenza estetica della propria terra.
Gli ultimi due punti del Manifesto toccano temi più etici. Innanzitutto l’arte e la cultura, che da tempi non sospetti sono parte integrante della filosofia e della quotidianità di Ca’ del Bosco, tanto da aver costruito negli anni un invidiabile archivio di opere e relazioni con artisti, fotografi e scrittori. Il vino non è un’entità a sé stante, separata dal suo contesto: è in continuo dialogo edonistico ed estetico con la natura da cui nasce e con le persone che lo bevono e attira quasi spontaneamente un racconto di tipo artistico. Quel “quasi” è il ponte che Ca’ del Bosco ha creato e vuole continuare a costruire fra l’arte e la campagna, per veicolare messaggi contemporanei di ecologia. “Spesso abbiamo dovuto violentare il nostro contesto rurale perché accettasse queste incursioni, scatenando incredulità, stupore e invidia. Ma poi - racconta Zanella - una volta sedimentate, hanno contribuito a valorizzare tutti. Anche il consumatore che visita le aziende ed inizia ad associare l’estetica al vino e al contesto in cui nasce”. L’arte, quindi, come veicolo per valorizzare un territorio intero, che oltrepassa i confini della propria azienda investendo inizialmente il proprio vicino, poi la Franciacorta e, perché no, l’Italia intera.
Infine, i rapporti umani e l’educazione, temi che da sempre stanno a cuore e vengono curati a Ca’ del Bosco, ma che d’ora in avanti vogliono trovare sviluppo in progetti concreti sul tema dell’ecologia e del sociale e che verranno svelati nel 2022, per i festeggiamenti dei “Cinquanta Anni” dalla prima vendemmia, messa in commercio dalla maison di bollicine d’eccellenza. “Siamo all’inizio di un percorso di ascolto iniziato 4-5 anni fa, che ha coinvolto tutti in modo paritetico e totale. È un percorso che non costa molto - conclude Zanella - perché necessita solo di qualche sforzo: bisogna dedicarci del tempo, piccoli investimenti ma soprattutto un po’ di umiltà. Più di tutto però conta il tempo. Il tempo e l’esperienza che non si possono comprare e che sono necessari sia per educare che per fare il vino”.
Ca’ del Bosco, a Borgo Egnazia, non è stata solo narrazione ma anche un "contare" (racchiuso appunto nel gioco semantico "rac-conto"): l’azienda ha deciso infatti di presentare le vesti rinnovate della sua Cuvée Prestige per dare riconoscibilità ad ogni sua nuova uscita. Come le più prestigiose maison dello Champagne (non potendo contare sul millesimo, ma sull’armonia di equilibri fra diverse annate e terreni assemblati ogni anno dallo storico enologo Stefano Capelli), da ora in avanti tutte le etichette della Cuvée Prestige riporteranno in etichetta il numero della sua edizione, a partire dalla 42 (annata base 2017) presentata quest’anno. Inoltre, per valorizzare il suo elevato potenziale di maturazione, ogni Cuvée Prestige diventerà “RS” - Recentemente Sboccato - dopo almeno 10 anni di sosta sui lieviti, diventando occasione di collezione per gli appassionati. A Novembre 2020, per iniziare, si potrà accedere ad una prima verticale in cofanetto di 5 diverse edizioni RS composta dalle n. 34, 33, 32, 31 e 30.
Focus - Il Manifesto di Ca’ del Bosco - Rinascimento, Cultura Del Vino, Avanguardia
Usare (...e coltivare) senza consumare
Ca ’del Bosco significa ascoltare la Natura, significa dare alle sue forme la possibilità di esprimersi attraverso l’aiuto dell’uomo che si fa custode di un territorio straordinario usandolo, ma mai consumandolo. Il Metodo Ca’ del Bosco è un metodo in cui il prodotto trova la sua identità solo qualora si investa sempre e comunque sul territorio che lo genera, da cui la scelta della viticoltura biologica. Decide dunque la Natura: Ca’ del Bosco non deve fare altro che aiutarla perché il nostro vino è nelle vigne proprio come il David nel blocco di marmo. La natura è potenza, il vino è il suo atto, Maurizio Zanella e la sua famiglia sono stati coloro che si sono fatti custodi del passaggio dalla potenza all’atto.
Equilibrio fra tradizione e innovazione
Ca’ del Bosco significa innovare, ovvero trovare il miglior modo per dare alle forme della Natura (le vigne) le forme della Cultura (il vino). Per ascoltare la realtà e la complessità della Natura Ca’ del Bosco crede nell’innovazione, ricerca, tecnologia affinché integrino il sapere dell’uomo con il potenziale della terra. Lavare l’uva o eliminare l’ossigeno brevettando metodi nuovi significa l’esatto contrario che un’invasione di campo della tecnica sulla realtà rurale: vuol eliminare tutto ciò che, superfluo o artificiale, rischierebbe di non farci comprendere la potenza estetica delle nostre terre. L’innovazione tecnologica è solo il modo con cui chiamiamo la tradizione che rispetteremo domani. Ca’ del Bosco è il coraggio di dire che se oggi possiamo aver rispetto per una tradizione, è solo perché qualcuno in passato ha avuto il coraggio di innovare.
Arte e cultura come valorizzazione
Ca’ del Bosco significa investire sull’arte, sull’integrazione tra la materia e i saperi spirituali. Un archivio importante di artisti, fotografi, scrittori hanno sino a qui collaborato con noi in progetti culturali e formativi e l’auspicio sarà quello che questa collaborazione non solo continui, ma si consolidi. L’aspirazione è quella di animare l’idea e la passione per il dettaglio e la difesa della bellezza, il racconto e la narrazione della composizione spirituale dei nostri vini attraverso metodi comunicativi laterali che investano sulla biodiversità e le ecologie del territorio e siano al passo di una parola chiave per Ca’ del Bosco - la contemporaneità.
Ecologia, etica, educazione
Ca’ del Bosco significa infine investire sull’etica, su un sistema di valori che ci ha permesso di costruire un punto di riferimento internazionale senza mai perdere lo spirito di quel sogno imprenditoriale che ha permesso di coltivare non solo le viti, ma anche le relazioni umane, le persone che lavorano a Ca ’del Bosco, i progetti per il sociale e soprattutto in modo non retorico una profonda educazione alla sostenibilità ambientale e al Made in Italy. Ca’ del Bosco è il concetto finale di una complessa alchimia tra artigianalità e manualità, attenzione alle materie prime uniche ed eccellenti tipiche della produzione italiana. Traslare questa cultura del prodotto in una cultura etica del fare è la nostra sfida: progetti che dall’ecologia al sociale trasformino un territorio speciale come la Franciacorta in un laboratorio di costruzione del “domani” che sia di riferimento per la comunità internazionale.
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