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E-COMMERCE, NEL 2008 IN ITALIA GLI ACQUISTI SUPERERANNO I 6 MILIARDI (+20% SUL 2007). MA ANCORA NEL BELPAESE LA PENETRAZIONE E’ INFERIORE ALL’1%. BENE SERVIZI, TURISMO E ABBIGLIAMENTO … TANTI I “BUCHI” NEL MADE IN ITALY, COME WINE & FOOD

Italia
Curiosità scritta sui muri ... fatta da una mano che ama più il vino che Internet

Continua a crescere anche in Italia il fenomeno dell’e-commerce, che fa segnare un +20% complessivo sul 2007, e che dovrebbe superare, come fatturato del 2008, i 6 miliardi di euro. A rilevarlo è una ricerca dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), condotta su oltre 200 casi di studio, presentata durante il convegno “L’eCommerce B2c in Italia: una crescita che sfida la crisi”, il 4 novembre, a Milano.
I dati dell’osservatorio rilevano che se a trainare la crescita sono il settore dei servizi e del turismo (70% del totale) e quello dell’abbigliamento, seppur in misura minore rispetto, ma con l’importante entrata in campo di grandi griffe (da Armani a Valentino, da Gucci a Prada), tanti sono però i “buchi” da colmare, tra i quali anche il vino e la gastronomia.
Globalmente però l’e-commerce fa segnare in Italia un livello di penetrazione inferiore all’1%, a differenza di quanto avviene in altri paesi, dove va dal 3 al 10%.
I dati sulle categorie merceologiche evidenziano poi una grande contraddizione: se nei canali commerciali tradizionali i prodotti (wine & food, prodotti per la casa, elettronica di consumo, musica ed editoria) rappresentano circa l’80% della spesa, on-line non arrivano neanche al 30%, con gli alimentari e i piccoli prodotti per la casa che si aggirano appena intorno all’1%.
Una tendenza molto diversa da quella di altri paesi, dove l’incidenza di alimentari e vini sulle vendite on-line oscilla tra il 7% e il 14%.
Senza contare, peraltro, che si parla di numeri assoluti più elevati già in partenza: rispetto al Regno Unito, che è il Paese europeo con più familiarità verso questo modo di commerciare, l’Italia conta meno di un quarto dell’utenza, e con una spesa all’anno di 900 euro a testa, meno di un terzo di quella dei sudditi di sua maestà.
Tanti e diversi, secondo l’Osservatorio, i motivi per cui il moderno canale distributivo e commerciale stenta a spiccare il volo nel Belpaese: dai limiti strutturali legati alla diffusione limitata della banda larga, alla storica diffidenza degli italiani nell’utilizzo della carta di credito, fino ai costi e ai problemi legati alla logistica.
Ma a penalizzare la diffusione del commercio elettronico, soprattutto nelle categorie merceologiche più tipiche del Made in Italy, l’enogastronomia in primis, ma anche l’arredamento, ad esempio, è una sorta di “circolo vizioso” che si è instaurato tra domanda e offerta: i web-shopper, i compratori on-line, non crescono perché ritengono l’offerta scarsa e lacunosa, mentre i commercianti sono restii ad investire sulle vendite via web perché ritengo la domanda ancora immatura e numericamente significativa.
Sempre più importante dunque puntare sui mercati esteri in cui, come testimoniano turismo e abbigliamento, che realizzano quote importanti del venduto on-line fuori dai confini nazionali (circa 850 milioni di euro previsti nel 2008), gli internauti che fanno acquisti su internet sono sempre più in un “circolo virtuoso”.
Un treno da non perdere, quello dell’eCommerce: con 260 miliardi di fatturato negli Stati Uniti e 170 miliardi di euro in Europa, rappresenta oggi il 7% del totale delle vendite in retail.

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