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Enoturismo: lo “offre” il 92% delle cantine italiane, e vale in media il 7% del fatturato

Il ritratto nel volume “Viaggio nell’Italia del vino. Osservatorio Enoturismo: normative, buone pratiche e nuovi trend”, presentato in Senato

L’enoturismo è, e sarà, un asset strategico per il turismo e per l’economia italiana. Ma il Belpaese farà un salto di qualità solo se saprà organizzarsi meglio di quanto fatto fino ad oggi, magari anche dotandosi di un vero e proprio Osservatorio permanente, come vorrebbero aziende, operatori ed istituzioni. Intanto, a fare il punto sullo stato dell’arte, è il volume “Viaggio nell’Italia del vino Osservatorio Enoturismo: normative, buone pratiche e nuovi trend”, presentato oggi a Roma, a Palazzo Giustiniani, sede di rappresentanza della Presidenza del Senato della Repubblica Italiana, frutto del lavoro congiunto delle Associazioni Città del Vino, Donne del Vino e del senatore Stefàno (primo firmatario della Legge sull’Enoturismo, ndr) e contiene gli esiti dell’indagine di Nomisma-Wine Monitor su 92 Comuni e 150 cantine, con il Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, i Ministri del Turismo, Massimo Garavaglia, e delle Pari opportunità (in video messaggio) Elena Bonetti, e ancora il Senatore Dario Stefàno, Roberta Garibaldi, ad Enit, Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi, Donatella Cinelli Colombini, presidente Associazione Nazionale Donne del Vino, e Angelo Radica, presidente Associazione Nazionale Città del Vino.
“Per capire le potenzialità del nostro enoturismo - ha sottolineato Denis Pantini - basta ragionare sul fatto che, per esempio, si può calcolare che, in Napa Valley, un ettaro di vigneto genera un giro d’affari ponderato di 104.000 euro, in Nuova Zelanda 95.000, mentre in Italia questo calcolo ancora non si può fare perchè mancano i dati”. In ogni caso, emerge che, in Italia, il 92% delle aziende offre accoglienza enoturistica, il 74% lo fa tutto l’anno, ed in media questo ramo di attività incide per il 7% del fatturato (lo scontrino medio dell’enoturista è compreso nella fascia 50-100 euro, e solo il 18% dei visitatori spende più di 100 euro, ndr). Percentuale che raddoppia per le imprese sotto i 2 milioni di euro di fatturato, e che arriva al 12% per quelle che arrivano a 10 milioni di euro, “segno di come soprattutto per le realtà più piccole, che faticano ad arrivare ai mercati internazionali o alla gdo, sia un settore di attività sempre più importante”, ha detto Pantini.
Ma l’Osservatorio ha guardato anche al futuro, e, secondo le cantine sondate (150, divise in tutti i 92 Comuni delle Città del Vino), il nuovo enoturismo del domani sarà sempre più esperienziale (per il 79%), legato al digitale (77%) e agli spazi aperti (73%, lascito evidente della pandemia), e ancora di breve durata (71%), di prossimità (67%) quanto internazionale (66%), per tutte le fasce di età (59%) e al femminile (57%).
Guardando al profilo tipo dell’enoturista, emerge un ritratto in prevalenza femminile (51%), under 35 (60%), con livello di istruzione alto (95%), reddito elevato (84%) e abitante nelle grandi città (73%).
Ancora, spiega l’Osservatorio, che l’82% avrà internet come prima fonte di ricerca delle informazioni, il 76% condividerà le esperienze on line, e solo il 10% limiterà l’esperienza strettamente al vino, mentre il 90% cercherà un legame a 360° con cultura e benessere, per esempio, guardando con grande attenzione alla sostenibilità.
Ma, secondo il 91% delle imprese e delle istituzioni, serve un piano di promozione e comunicazione nazionale del turismo del vino (il 53% lo indica come priorità), più dell’80% ritiene che servano fondi a sostegno di Comuni e imprese, ed il 62% vorrebbe incentivi fiscali per gli enoturisti, e secondo 6 aziende su 10 chiede un Osservatorio permanente nazionale sull’enoturismo.
Ma la ricerca di Nomisma ha anche analizzato quali sono le Regioni più attrattive, e le loro caratteristiche. Al top assoluto, senza grosse sorprese, ci sono Toscana, Piemonte e Veneto, seguire da Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia (di poco davanti a Sicilia e alla Puglia, ndr).
Che, oltre che per la qualità e la notorietà dei vini, vincono quando per la presenza del contesto storico, culturale ed artistico, quando per la bellezza del paesaggio, ma anche per la varietà dei territori da visitare, e per la capacità di accogliere gli enoturisti stranieri, grazie a capacità ricettiva, organizzazione dei servizi turistici, personale formato, capacità di offrire esperienze a 360 gradi, e varietà e qualità di prodotti enogastronomici. E sul fronte della promozione, emerge chiaro quando sia importante il fare squadra tra imprese, visto che il 90% dei sondati ritiene più utile in assoluto le collaborazioni e le iniziative congiunte, davanti alla promozione sui canali digitali, alla presenza dei vini nei ristoranti locali, agli eventi, alla promozione istituzionale, alla partecipazione a distretti e strade del vino, e alla presenza dei vini locali nei negozi. Per migliorare ancora, però, secondo l’indagine, il 92% indica come priorità la formazione del personale, l’85% l’organizzazione dei servizi turistici, il 77% l’accoglienza degli stranieri, il 66% la capacità di offrire più esperienze, il 63% di migliorare la capacità ricettiva generale, ed il 54% la capacità di accoglienza degli italiani. In ogni caso, prevale l’ottimismo, con la maggior parte dei sondati che prevede un ritorno ai livelli del 2019 entro la fine del 2022.
Da qui si riparte, in un percorso che, ha detto il Senatore Dario Stefàno, deve portare “ad una politica di sostegno nazionale all’enoturismo a cui stiamo lavorando, anche grazie all’attenzione dei Ministeri di Turismo e delle Politiche Agricole. Non servono soldi, ma politiche pubbliche: basti pensare che in Italia non esiste una cartellonistica stradale, un segnale per indicare la presenza di una cantina. Dobbiamo capire che, per le aziende vinicole, rappresenta una grande opportunità: quella di integrare il reddito principale, che deriva dalla produzione di vino, con un reddito complementare legato ad un offerta diversa, e quella di qualificare turismo nazionale che è ripartito quando è tornato a puntare su identità e qualità. Ed un Osservatorio permanente nazionale servirà proprio ad accompagnare questo percorso”.
Che ruota intorno al vino che è, “tra i prodotti della terra, quello che meglio racconta nel mondo le straordinarie ricchezze naturali e le incredibili energie umane del nostro Paese. Perché il vino è prima di tutto ambiente e territorio. È il paesaggio disegnato dai vigneti che attraversano le nostre regioni: dalle Alpi alla Sicilia. Un mosaico di colori, profumi e armonie che detiene il primato di siti nazionali riconosciuti dall’Unesco (Val d’Orcia - Montalcino, Langhe Roero e Monferrato, Pantelleria e le Colline di Conegliano e Valdobbiadene, ndr) come patrimonio dell’Umanità”, ha detto il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Che ha aggiunto come “questo volume ci ricorda, inoltre, che un viaggio nell’Italia del vino è anche un viaggio nell’Italia dell’arte, della letteratura, della musica, del teatro, della moda. È turismo a 360 gradi. È, soprattutto, un viaggio in quella cultura dell’enogastronomia che il nostro Paese esporta da sempre in tutto il mondo e che ogni anno richiama in Italia milioni di visitatori, curiosi e appassionati.
Una cultura radicata nell’innata vocazione italiana all’accoglienza, alla condivisione, al gusto e alla bellezza che rende il turismo - in ogni sua declinazione - un autentico protagonista della vita del nostro Paese, delle nostre comunità, dei nostri territori e insieme una preziosa risorsa economica”. Un settore, quello del vino, in cui cresce il lato femminile, ha ricordato la presidente della Donne del Vino, Donatella Cinelli Colombini: “le donne, nelle aziende del vino italiano, sono il 51% della forza commerciale, l’80% di chi fa marketing e comunicazione, il 76% di chi si occupa di turismo. Dare valore alle donne non è fare un piacere alle donne, ma al vino e a tutta l’economia italiana”.
D’altronde, che vino ed enogastronomia siano tra i maggiori attrattori di turismo verso l’Italia, è ormai acclarato, come ha ricordato l’esperta in materia e ad Enit, Roberta Garibaldi:
“non è un caso che, con i Ministeri di Turismo e Politiche Agricole, stiamo studiando le linee guide per la valorizzazione del turismo gastronomico, anche con Regioni e operatori di settore, e sono già arrivate centinaia di proposte e osservazioni, che ruotano intorno ad alcuni pilastri. Che sono la preservazione del patrimonio enogastronomico, che va tutelato, e penso al fatto che in famiglia si cucina meno e si stanno perdendo tante ricette, ma penso anche agli artigiani del gusto alle botteghe. Ancora, la diversificazione dell’offerta in cantina, anche culturale, la rilevanza del fare rete, e la necessità di comunicare e promuovere meglio l’offerta”. “Raccontarci meglio è quello che dobbiamo fare per valorizzare il nostro vino, che non è una bevanda, ma un elemento di cultura, di passione, di amore, una bandiera del nostro Paese”, ha detto il presidente Assoenologi, Riccardo Cotarella, che ha aggiunto: “assaggiare il vino senza conoscerne la storia è quasi inutile. Il motivo è essenziale: il vino non è frutto della natura, ma opera dell’uomo. Serve la scienza applicata alla viticoltura e all’enologia, ma la qualità non ha quasi nessun valore se non sappiamo raccontarla”.
Indicazioni per un futuro che, nonostante mille difficoltà, almeno sul fronte turismo, regala ottimismo, come ricordato dal Ministro del Turismo, Massimo Garavaglia: “la stagione sta andando benissimo, nelle località di mare faremo meglio del 2019, che è stato un anno di boom, ma non dobbiamo accontentarci. A gennaio l’Italia è sempre il primo paese al mondo nei desideri, ma a dicembre non siamo mai primi nei fatti, e vuol dire che possiamo migliorare tanto. Ma serve più organizzazione, ed è quello a cui stiamo lavorando”.

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