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TOSCANA WINE ARCHITECTURE

Etica, estetica e funzionale, l’architettura del vino nell’epoca dell’enoturismo

Le cantine d’autore sono un’eccellenza. Esempi? Tenuta Ammiraglia (Frescobaldi), Antinori nel Chianti Classico, Petra di Terra Moretti ...

“Le cantine servono per fare il vino. Dobbiamo, pertanto, controllare tutti i dettagli che servono alla realizzazione del prodotto e ciò dipende dalla capacità dell’uomo. Funzionalità, sostenibilità e bellezza questi sono i capisaldi delle richieste di un committente ad un architetto nel momento di progettare una cantina”. Nelle parole di Lamberto Frescobaldi, a capo di uno dei nomi che hanno fatto la storia del vino, sono incisi i temi fondamentali riguardanti le cantine d’autore, al centro del convegno “Architettura del vino nell’era dell’enoturismo”, di scena a Firenze, alla vigilia delle “Anteprime di Toscana”, da domani al 24 febbraio, che ha chiamato a raccolta tutti i membri di “Toscana Wine Architecture”, che riunisce le più belle cantine d’autore della Toscana, frutto del genius loci di ogni territorio del vino, in cui imprenditori illuminati hanno richiesto l’aiuto di archistar o studi d’architettura in grado di realizzare vere e proprie cattedrali della produzione vitivinicola.
Volano del territorio con la capacità di attrarre turisti, in Toscana sono tanti gli esempi delle cantine frutto di un lavoro a stretto contatto tra una committenza esperta di vino e di architetti. Dalla sede della Marchesi Antinori, “Antinori nel Chianti Classico”, progettata dall’architetto fiorentino Marco Casamonti, alla Tenuta Ammiraglia, gioiello di Frescobaldi in Maremma, progettata dall’architetto Piero Sartogo.
Una panoramica sul rapporto tra committente e architetto, dunque, è stata evidenziata dalle parole di Lamberto Frescobaldi: “il vino passa dalla stabilità economica di un’azienda. Quando ci siamo apprestati a realizzare Tenuta Ammiraglia abbiamo deciso di avere un budget rigoroso, partendo dalla salvaguardia dei passaggi di produzione del vino. Volevamo una cantina che non fosse energivora, che fosse integrata col territorio. Il processo di preparazione è durato un anno, perché il committente vuole che i numeri previsti dal budget siano rispettati. Un luogo bello ed efficiente, fa si che il prodotto finale sia migliore. Quindi bisogna stare attenti a tutti gli aspetti e in particolar modo non trascurare la sicurezza di chi ci lavorerà. L’Ammiraglia è stata iniziata nel 2005, abbiamo vinificato la prima volta nel 2006 e poi presentata al pubblico nel 2011, perché volevamo che tutto fosse perfetto. Fare delle cose importanti è anche un modo per valorizzare il territorio, perché dove creiamo valore aumentiamo anche l’indotto. Abbiamo, inoltre, anche voluto lasciare qualcosa alle prossime generazioni, qualcosa che sia bello ma anche di ispirazione. Il vino è cultura e territorio, grazie alla capacità di quel prodotto di avere una forte caratterizzazione territoriale. Il vino buono è quello che ha un qualcosa in grado di incantare e la cantina è partner del vino, che è l’attore principale”.
Dunque cantine che siano funzionali al prodotto finale, il vino, ma anche in grado di regalare ai visitatori e ai turisti un’esperienza unica e che rappresentino al meglio il carattere dell’azienda. Renzo Cotarella, ad della Marchesi Antinori, ha tracciato una linea di concetto su come una cantina funzionale sia anche un omaggio al territorio e che debba in primo luogo tenere conto degli obiettivi aziendali: “quando abbiamo fatto la cantina al Bargino avevamo un budget che poi non abbiamo rispettato. La cantina deve dare all’azienda la capacità di esprimersi al massimo, di esprimere la propria personalità e deve essere pensata in base agli obiettivi. Nel nostro caso, il primo pensiero è stato quello di produrre vino ma anche quello di dare visibilità alla Marchesi Antinori. Ci interessava anche riunire in un’unica struttura tutto il capitale umano che compone la nostra azienda. Era importante riunire tutti insieme per far “respirare vino” a tutto il personale dell’azienda. La scelta di costruire un’azienda nel Chianti Classico è stata presa guardando al futuro per lasciare alle generazioni future un segno. In una cantina è fondamentale lasciare spazio alla persona e quindi la tecnologia non deve prevalere sulla componente umana. Se una cantina produce un vino che rispecchia il lato umano, il vitigno, il territorio e l’annata è fatta bene, in caso contrario no. Il vino deve rappresentare la storia, la cultura, il vitigno. Inoltre bisogna tenere conto che il vino, a differenza delle coltivazioni come la frutta che cambia ogni anno, è un prodotto generazionale perché il vigneto ha una valenza nel tempo e deve essere tutelata da chi coltiva anche con scelte economiche lungimiranti e sostenibili”.
Nella Toscana del vino ci sono anche altri esempi di cantine costruite in perfetta sinergia con il territorio. Come nel caso di ColleMassari, una cantina che si incastona in un patrimonio edilizio che ha secoli di storia alle spalle. Una cantina con numeri elevati che è stata costruita rispettando i criteri di funzionalità ma anche di sinergia con la natura circostante. In questo caso l’architetto è riuscito non solo a creare un’opera di valore da un punto di vista paesaggistico ma anche con un minor impatto ambientale possibile, come spiega l’architetto Edoardo Milesi: “ColleMassari nasce nel 1999. Siamo stati chiamati e ci siamo approcciati guardando alla California, con l’idea di realizzare una cantina che fosse più funzionale possibile, in una zona a vincolo paesaggistico. Abbiamo sin da subito pensare ad un edificio industriale, rispettando il panorama agricolo circostante. Ci siamo avvicinati ad un impianto agricolo dalle dimensioni industriali cercando la massima sinergia con la natura. Ad esempio, nella barricaia, la climatizzazione fissa a 17 gradi avviene grazie ad una ventilazione naturale. La cantina, in seguito anche a riconoscimenti importanti come “Cantina dell’Anno” del “Gambero Rosso”, è diventata attualmente l’attrattiva turistica più gettonata del territorio. Tutto quello che vedete a ColleMassari è sinergico alla natura per avere un edificio che sia poco vorace dal punto di vista energetico. Con sistemi facili da gestire e naturali siamo riusciti a togliere le macchine della barricaia facendo risparmiare centinaia di migliaia di euro.”
Spostandosi lungo la costa toscana è possibile ammirare cantine di assoluto valore artistico paesaggistico. A Suvereto, vicino alla Costa degli Etruschi, è possibile osservare Petra, azienda del gruppo Terra Moretti, realizzata dall’archistar Mario Botta, che ha portato forme avveniristiche in un territorio ricco di storia agricola e di borghi medievali. Nell’arcipelago toscano, all’Isola d’Elba, si trova la Tenuta delle Ripalte, che si incastona in un territorio simbolo della recente storia industriale mineraria del territorio: “costruire in questo territorio è stato difficilissimo, poiché ci troviamo neNl Parco aturale dell’Arcipelago Toscano - spiega Pier Mario Meletti Cavallari, proprietario della Tenuta delle Ripalte - i tempi sono stati molto lunghi. Inoltre la nostra azienda ha numeri di produzione abbastanza piccoli, sotto le 100.000 bottiglie. Abbiamo dovuto, quindi, fare operazioni che ci dessero sostenibilità. La cantina è uno strumento di lavoro nel quale la tecnologia è importante ma fino ad un certo punto. Il territorio ha visto in passato, come attività principale, la viticoltura ma anche l’industria mineraria, di conseguenza le nostre vigne sono in mezzo a due miniere. Ci troviamo in mezzo ad un evidente traccia architettonica e storica di un passato fortemente industrializzato. Un territorio che testimonia l’attività industriale iniziata nel 1900 e dismessa negli anni 80. Abbiamo quindi rispettato sia il paesaggio naturale che questa traccia storica. La nostra cantina è nascosta perché abbiamo voluto prima di tutto valorizzare le vigne. Il nostro compito è quello di realizzare vini che abbiano una personalità. Il vino si ama perché fa scoprire qualcosa di nuovo.” Un comparto enoico in grado di essere d’esempio per altri sistemi produttivi. Le cantine dunque sono sempre di più un simbolo della sostenibilità ambientale ed economica, allo stesso polo d’attrazione per il turismo, in territori che stanno scoprendo la valenza di vendersi nel mondo come brand unico. Unione di storia, paesaggio e qualità del vino, anche un territorio come il Nobile di Montepulciano ha i suoi esempi di architettura contemporanea e d’autore, come nel caso di Salcheto di Michele Manelli a Montepulciano: “Bisogna partire dal concetto che noi vendiamo un prodotto esperienziale. Il vino ha dimostrato a tutto il comparto agroalimentare di essere in grado di valorizzare le piccole produzioni. Come filiera produttiva abbiamo dimostrato di saper creare export, alimentare il turismo, siamo un’eccellenza. E anche dal punto di vista dell’architettura siamo e vogliamo essere un buon esempio”.
Dalla Toscana, simbolo di integrazione tra un passato architettonico rivoluzionario per i suoi tempi, cristallizzato nella contemporaneità, e le interpretazioni moderne degli architetti al servizio di mecenati committenti, all’Europa dei territori vitivinicoli storici. Simbolo di complementarietà tra paesaggio e architettura del vino è la valle del Douro, nel Portogallo del nord. Un rapporto simbiotico tra cantine e colline si ritrova nelle numerose cantine che fanno della tradizione operosa delle genti che da sempre coltivano le vigne a ridosso del fiume Douro una filosofia, come testimonia l’architetto Francisco Viera do Campos del pluripremiato studio internazionale di architettura “Meno è mais arquitectos”: “il Douro è una regione molto disciplinata ed ordinata da regole ferree per preservare il paesaggio che è stato totalmente creato dall’uomo nel corso della storia. Il ruolo dell’architetto è di essere più creativo possibile all’interno dei paletti delle regole che servono per preservare il territorio. In questo senso, il Douro è una poesia che bisogna rispettare. Per questo è importante lavorare con la topografia, specialmente quando si costruisce una cantina di vino. Bisogna, indispensabilmente, studiare l’impianto territoriale, mettendo in relazione il nuovo con tutti gli edifici preesistenti. Inoltre, per i materiali che utilizziamo nella costruzione delle cantine nella zona del Douro, dobbiamo rispettare una tradizione delle popolazioni che hanno abitato la regione. Fare con le poche risorse a disposizione, senza sprecare energia. Questo è il principio ispiratore dell’architettura e ci consente, inoltre, di mettere insieme la vena pragmatica, liberando quella poetica.”

L’Europa del vino e della storia dell’architettura si incontrano anche in Spagna e in Francia, paesi leader della viticoltura del vecchio continente. Il rapporto tra territorio e cantina nelle bodegas spagnole. Mentre in altri casi la mano dell’archistar diventa troppo preponderante e rischia di sovrastare il messaggio architettonico legato al vino di una cantina, perdendo il legame di simbiosi con il terroir. Nella relazione dell’architetto Francesca Chiorino, redattrice della storica rivista di architettura Casabella, si è messo in luce il valore assoluto e allo stesso tempo indissolubile tra architettura e territorio, spaziando tra esempi in cui le cantine sono state realizzate con profonda conoscenza e rispetto del panorama e del patrimonio naturalistico circostante: “il valore fondamentale dell’architettura del vino, delle cantine di tutta Europa, è quello di raccontare il terroir. Nel 1998, in Napa Valley, la Dominus Estate Winery, ha segnato lo spartiacque dell’architettura moderna legata al vino. La facciata dell’azienda, dove la terra è all’interno delle pareti e ben visibile grazie ad un gioco di trasparenze, è una dichiarazione esplicita di cosa sia il terreno. In questo caso è possibile vedere dove le barbatelle hanno le proprie radici. La cantina di Bodega Ysios, dell’architetto Santiago Calatrava è una struttura con forme sinuose che perfettamente si incastra con il paesaggio circostante della Cantabria. I percorsi delle cantine come questi, costruiti per il turista, sono realizzati per permettere di osservare i processi produttivi senza andare a disturbare l’attività di produzione. In Svizzera, la Weingut Gantenbein, dello studio Bearth & Deplazes, la cantina si inserisce perfettamente in un contesto alpino, grazie all’utilizzo di materiali frutto di una ricerca molto serrata e significativa.
Un rischio che si corre chiamando un archistar è che prevalga l’autocelebrazione dell’architetto sulla rappresentazione del territorio. Ne è esempio Chateau La Dominique, dell’architetto Jean Nouvel, in cui è possibile notare elementi comuni ad altre sue opere e altri vezzi poco relazionati al territorio circostante. Un esempio della direzione presa dall’architettura in relazione al settore turistico è lo Chateau La Coste, in Provenza, dove è stato creato un enorme museo in un’area di 500 mq che ha raccolto i nomi più grandi dell’architettura. Questa operazione, di rilevanza globale è una ricerca della celebrità e si posiziona come un polo turistico di attrazione totale”.
Integrazione simbiotica con il territorio, funzionalità produttiva e sostenibilità economica sono i tre pilastri fondamentali dell’architettura del vino che, in definitiva, diventa un solco terreno d’importanza fondamentale. Dunque una vera e propria sfida che interessa il mondo del vino e che, quando è riuscito, ha condizionato la vita socio-economica di una regione, come ha detto Francesco Dal Co, direttore della rivista Casabella: “puntare su forme ed edifici che siano innovativi. Questa è stata la tendenza che hanno seguito le cantine, iniziando ad attrarre turisti, nei territori che hanno riscritto la propria cultura vitivinicola in epoca recente, come la California. Nelle zone in cui la coltivazione della vigna e la produzione vinicola è storicizzata, le cantine sono il prodotto della conservazione. La grande sfida dell’architettura del vino è tenere insieme l’innovazione e la conservazione della tradizione”.
Il progetto di una cantina di design dovrà, dunque, tenere di conto e in equilibrio le esigenze, della committenza, dell'architetto, dell'enologo, dell'agronomo, del paesaggista. Nel circuito Toscana Wine Architecture fanno parte la Cantina Antinori, Marco Casamonti, Studio Archea Associati; Rocca di Frassinello, Renzo Piano; Le Mortelle, Studio Idea Firenze; Colle Massari, Edoardo Milesi; Tenuta Ammiraglia - Frescobaldi, Piero Sartogo; Castello di Fonterutoli, Agnese Mazzei; Cantina di Montalcino, Corrado Prosperi (con la collaborazione di Tommaso Giannelli); Salcheto, Team Tecnico guidato da Michele Manelli; Petra, Mario Botta; Tenuta Argentiera, Stefano e Bernardo Tori Associati; Fattoria delle Ripalte, Tobia Scarpa; Podere di Pomaio, Marisa Lo Cigno, Geometra Pier Ferruccio Rossi; Il Borro, Elio Lazzerini; Caiarossa, Michael Bolle. La Toscana Wine Architecture è la rete d'imprese primo esempio in Italia a valorizzare vino, architettura e turismo: costituita nel 2017, riunisce 14 cantine di design che hanno deciso di puntare su una strategia comune, per attrarre turisti da tutto il mondo.

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