Nessun cambio al vertice: Ettore Prandini, 51 anni, è stato confermato presidente Coldiretti. Ad eleggerlo, all’unanimità, l’assemblea di tutte le regioni, in rappresentanza di oltre 1,5 milioni di soci, riunita a Roma, in Palazzo Rospigliosi, dove ha sede la principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello italiano ed europeo. Nominata anche il nuovo “board”, composto dai tre vicepresidenti Nicola Bertinelli (che è presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, ndr), David Granieri e Gennarino Masiello, oltre che da Franco Aceto, Gianluca Barbacovi, Cristina Brizzolari, Dominga Cotarella e Francesco Ferreri (questi ultimi due imprenditori agricoli molto conosciuti nel mondo del vino, ndr).
Lombardo, padre di tre figli, laureato in giurisprudenza, Prandini guida un’azienda di bovini da latte e gestisce un’impresa vitivinicola con produzione di Lugana (Perla del Garda, con la sorella Giovanna Prandini, ndr). Ha guidato la Coldiretti Brescia e la Coldiretti Lombardia e ricopre anche le cariche di presidente nazionale dell’Unione Europea delle Cooperative (Uecoop), della Fondazione Campagna Amica e dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. La diffusione dell’organizzazione è capillare su tutto il territorio nazionale: 20 federazioni regionali, 95 federazioni interprovinciali e provinciali, 845 uffici di zona e 3729 sezioni comunali. In pratica, è presente in quasi un comune su due lungo tutto il Paese. Con il nuovo ruolo di sindacato imprenditoriale di filiera e l’ingresso come aziende associate di big del settore agroalimentare e la promozione di un sistema capillare di servizi con Consorzi Agrari d’Italia (Cai) e Bonifiche Ferraresi (Bf), Coldiretti ha promosso inoltre Filiera Italia, che per la prima volta vede l’agricoltura e l’industria alimentare italiana d’eccellenza insieme per difendere, sostenere e valorizzare il made in Italy.
“Sostenere la competitività delle imprese agricole e della pesca per garantire la sovranità alimentare del Paese e ridurre la dipendenza dall’estero, promuovendo filiere produttive 100% Made in Italy con l’innovazione e la sostenibilità economica ed ambientale”. E’ l’obiettivo fissato dal presidente Coldiretti “per i prossimi cinque anni con l’impegno a raggiungere 100 miliardi di valore dell’export agroalimentare anche con la spinta della candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’Unesco e la lotta al falso made in Italy sulle tavole mondiali”. Per Prandini “è necessario investire sulla logistica in termini infrastrutturali sui trasporti via terra, via mare e via aerea creando interconnessioni fra i vari hub che permettano di accorciare tempi di consegna e tagliare costi inutili. Va sostenuto il Made in Italy offrendo all’Ismea la possibilità di svolgere il ruolo di cassa depositi e prestiti anche per proteggere la filiera agroalimentare nazionale dallo shopping straniero. Ma è importante lavorare anche sull’internazionalizzazione per sostenere le imprese che vogliono conquistare nuovi mercati e rafforzare quelli consolidati con il coinvolgimento delle ambasciate e valorizzando il ruolo strategico dell’Ice con il sostegno delle ambasciate”. Tra gli interventi necessari ci sono anche quelli “sulle emergenze con sostegni adeguati ma servono anche scelte strutturali per far fronte agli effetti sempre più devastanti dei cambiamenti climatici attraverso un’azione a favore della transizione ecologica con investimenti che vanno dal verde urbano alle agroenergie ma anche un piano invasi per garantire acqua a cittadini e imprese e lo sviluppo dell’agricoltura 4.0 con strumenti come droni, robot e satelliti che rappresentano oggi un giro d’affari di più di 2 miliardi di euro, con un incremento del 2.300% nel giro di cinque anni. Ma sul fronte dell’innovazione occorre lavorare anche alla nuova genetica green no ogm per ridurre i costi delle imprese ed aumentare il reddito. In tale ottica lanceremo nel 2024 i primi campi sperimentali in Italia sulle Tea, le Tecniche di Evoluzione Assistita”.
E poi c’è la tutela del territorio. “Non dimentichiamo però che a causa della cementificazione e dell’abbandono - ricorda Prandini - l’Italia ha perso quasi un terzo (30%) dei terreni agricoli nell’ultimo mezzo secolo con la superficie agricola utilizzabile che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari ed effetti sulla tenuta idrogeologica del territorio e sul deficit produttivo del Paese e la dipendenza agroalimentare dall’estero. Occorre quindi accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo che giace da anni in Parlamento e che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio”. Inoltre “nei prossimi 5 anni crescerà anche la nostra azione in Europa - conclude Prandini - dove si decidono i destini della nostra agricoltura e dove l’Italia, che è leader mondiale nella qualità e nella sicurezza alimentare, ha il dovere di svolgere un ruolo di apripista nelle politiche agroalimentari, nell’interesse delle imprese e dei cittadini. Ma resteremo fortemente ancorati ai territori dove le Regioni sono interlocutori privilegiati delle politiche comunitarie”.
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