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DA TUTTOFOOD

Export, numeri record per l’agroalimentare italiano. Ma i tarocchi valgono il doppio

A fine 2021 si toccheranno i 52 miliardi di euro. La metà del falso made in Italy. La top 10 di Coldiretti dei prodotti più imitati
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Il falso made in Italy vale il doppio dei 52 miliardi di export, secondo Coldiretti

L’alimentare Made in Italy raggiungerà, alla fine 2021, i 52 miliardi di euro di esportazioni. Una cifra record, mai registrata nella storia dell’Italia, che potrebbe essere addirittura più alta se non fosse per il cosiddetto “italian sounding”, con due prodotti agroalimentari tricolori su tre falsi ed un giro d’affari di 100 miliardi di euro, il doppio dell’export di cibo italiano nel mondo. I numeri arrivano da “Tuttofood”, di scena anche oggi e domani, a Milano. I dati Istat relativi al commercio estero nei primi 8 mesi 2021 registrano un +13% che, se sarà mantenuto, porterà l’export dell’agroalimentare italiano a quota 52 miliardi di euro. Un risultato ottenuto, sottolinea la Coldiretti, nonostante le difficoltà degli scambi commerciali e il lockdown in tutti i continenti della ristorazione che ha pesantemente colpito la cucina italiana ma anche dalla insopportabile diffusione di imitazioni in tutti i continenti.
Al primo posto tra i Paesi importatori di italian food c’è la Germania, che registra un incremento del 9% a luglio, seguita da Usa (+3%) e Francia (+9%). Fuori dal podio la Gran Bretagna dove però le vendite sono stagnanti a causa delle difficoltà legate alla Brexit, tra le procedure doganali e l’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi e maggiori controlli. Da segnalare la crescita del 14% in Russia e del 50% in Cina. Ma se brilla l’export tricolore nel mondo, vola anche il falso Made in Italy, che ha superato i 100 miliardi di euro e toglie opportunità economiche e lavorative al Belpaese. Con la lotta all’“italian sounding” si possono creare 300.000 posti di lavoro in Italia, afferma Coldiretti, che stila la top 10 delle specialità più taroccate nel mondo.
In testa troviamo la mozzarella, grazie soprattutto al fiorente mercato del falso sviluppatosi negli Stati Uniti dove ne vengono prodotti ogni anno 2 miliardi di chili (analisi Coldiretti su dati Usda), pari a venti volte il volume totale delle esportazioni di vera mozzarella italiana nel mondo. Ma le imitazioni del tradizionale formaggio fresco si trovano un po’ ovunque, dal Brasile all’Argentina, dalla Thailandia allo Sri Lanka, dalla Danimarca ai Paesi dell’est come Slovenia, Ungheria e Romania, mentre in Germania cambia addirittura nome in Zottarella. E, per effetto dell’embargo sui prodotti europei deciso da Putin, pure in Russia è nata un’industria del Made in Italy tarocco che vede proprio nella mozzarella uno dei prodotti più presenti. Al secondo posto tra i prodotti più imitati ci sono Parmigiano Reggiano e Grana Padano, con l’infinita serie di varianti Parmesan, dal Parmesao al Reggianito. In terza e quarta posizione ancora due formaggi come il Provolone e il pecorino Romano, diffusissimi soprattutto nelle Americhe, dagli Usa fino all’Argentina. Quinta posizione per il salame che a seconda dei Paesi taroccatori acquista denominazioni di origine inventate di sana pianta: si va dal salame Calabrese al salame Toscano, ma ci sono anche quello Firenze, Milano, Genova, Friuliano, Napoli e persino un improbabile salame Bolzano, oltre che Casalingo. Al sesto posto la Mortadella, con i tedeschi tra i principali taroccatori anche se il tipico salume emiliano trova falsari anche in Brasile, Argentina, Ungheria, Spagna (dove diventa Mortadela Siciliana) e addirittura Qatar, con versioni fatte con carne di manzo e di pollo, per rispettare il divieto di consumare maiale da parte dei musulmani.
Fiorente anche la produzione di sughi e passate “italian style”, al settimo posto della top 10, grazie soprattutto all’impegno di francesi, belgi e inglesi, ma anche degli americani. Si va dal sugo San Marzano a stelle e strisce al sugo bolognese, inesistente nella cucina tricolore ma onnipresente nei ristoranti italiani all’estero in accoppiata con gli spaghetti.
Ma nella “classifica degli orrori a tavola” non mancano i vini, a partire da quello più esportato all’estero, il Prosecco, che conquista l’ottavo posto “grazie” ad imitazioni come il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi. Ma in commercio sono arrivati anche il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova mentre in Brasile nella zona del Rio Grande diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione prosecco nell’ambito dell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur. Una situazione destinata peraltro a peggiorare se l’Ue dovesse dare il via libera al riconoscimento del Prosek croato. Fioccano le imitazioni anche per il Chianti, dalle bottiglie di Chianti californiano ai wine kit per prepararlo fai da te usando da polveri e alambicchi. Confezioni che si possono trovare in Usa e Canada, ma anche in Gran Bretagna. Improbabili ma diffusissime anche le imitazioni del Pesto alla genovese, che si può trovare tanto in Germania, quanto negli Stati Uniti con lo Spicy Thai Pesto, e persino in Sudafrica dove c’è il Basil Pesto.
“Il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore - afferma il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - se dagli accordi venisse un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. A far esplodere il falso è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost”.

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