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FALSI E TAROCCHI “SCIPPANO” 7 MILIONI DI EURO L’ORA E 60 MILIARDI L’ANNO ALL’AGROALIMENTARE MADE IN ITALY, IL PIÙ CLONATO NEL MONDO: PAROLA DELLA CIA. FOCUS: IL SUPERMARKET MONDIALE DEL “BIDONE”. NEL 2011 SEQUESTRI IN ITALIA PER 37 MILIONI DI EURO

Una “rapina” da 7 milioni di euro l’ora e da 60 miliardi di euro l’anno. A tanto ammonta il business dell’agropirateria, della contraffazione, della frode nei confronti dell’agroalimentare made in Italy, il più clonato nel mondo. Dai prosciutti all’olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli: è un continuo di “falsi” e di “tarocchi” che stanno provocando danni rilevanti non solo alle nostre Dop e Igp, che rappresentano la punta di diamante delle nostre esportazioni nel mondo, ma all’intero sistema agroalimentare. Si tratta di un vero e proprio “scippo” ai danni del settore, un assalto indiscriminato e senza tregua, dove la criminalità organizzata fa veri affari. I consumatori vengono truffati, gli agricoltori e gli industriali dell’agroalimentare derubati. E’ quanto emerso nel convegno nazionale “No all’economia dell’inganno”, promosso dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori oggi alla Camera di Commercio di Bari.

L’agropirateria, la contraffazione, l’imitazione, e soprattutto l’italian sounding - il fenomeno dei prodotti che di italiano hanno solo il nome - generano un volume d’affari pari a poco meno della metà dell’intero valore della produzione agroalimentare made in Italy. E i danni non vengono provocati a un’unica impresa o a una singola fase produttiva. Secondo la Cia, il valore sottratto alla nostra produzione agricola pesa sull’intera filiera impegnata in produzioni di qualità. E la situazione sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Ormai le truffe viaggiano anche su Internet. E non c’è più da stupirsi nel trovare in vendita in rete il Prosciutto di Parma, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano prodotti in Argentina, in Australia o, addirittura, in Cina. Ma anche in Italia - come dimostrano i dati relativi ai sequestri operati dall’Arma dei carabinieri, dalla Guardia di Finanza e dalla Forestale - il fenomeno è in continua crescita, con frodi commerciali e sanitarie, falsificazioni, sofisticazioni e contraffazioni vere e proprie. E così il nostro Paese è al primo posto in Europa per le segnalazioni di cibi contaminati contraffatti e per le agromafie, che ad oggi hanno un volume d’affari che si avvicina ai 13 miliardi di euro.

A questo, sottolinea la Cia, si aggiunge il fatto che ogni anno entrano in Italia prodotti alimentari “clandestini” e “pericolosi” per oltre 2 miliardi di euro. Poco meno del 5% della produzione agricola nazionale. I sequestri da parte delle autorità competenti italiane negli ultimi due anni si sono più che quadruplicati. E ciò significa che i controlli funzionano, ma il pericolo di portare a tavola cibi “a rischio” e a prezzi “stracciati” è sempre più incombente. I più colpiti dalle sofisticazioni sono i sughi pronti, i pomodori in scatola, il caffè, la pasta, l’olio di oliva, la mozzarella, i formaggi, le conserve alimentari. E l’allarme maggiore è per quello che viene dalla Cina che, nonostante il calo delle esportazioni “ufficiali” in Italia, riesce a far entrare nella Penisola grandi quantità di prodotti che, sottolinea la Cia, possono mettere a repentaglio la salute, oltre a provocare gravi danni all’economia agricola nazionale. A conferma di ciò ad aprile scorso è arrivata la prima storica sentenza di condanna per il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, nei confronti di un imprenditore che commercializzava come italiano un concentrato di pomodoro prodotto in realtà con pomodori importati dalla Cina.

Gli “agropirati” a livello internazionale si camuffano dietro i marchi più strani e singolari. Si va dal Parmesao (Brasile) al Regianito (Argentina), dal Parma Ham (Usa) al Daniele Prosciutto & company (Usa), dall’Asiago del Wisconsin (Usa) alla Mozzarella Company di Dallas (Usa), dalla Tinboonzola (Australia) alla Cambozola (Germania, Austria e Belgio), al Danish Grana (Usa).
Basti pensare che solo negli Stati Uniti il giro d’affari relativo alle imitazioni dei formaggi italiani supera abbondantemente i 2 miliardi di dollari. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, secondo la Cia, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa delle nostre Dop, Igp e Stg, che comprendono formaggi, olio d’oliva, salumi, prosciutti e ortofrutticoli. Una difesa che non significa soltanto la tutela di un patrimonio culturale, dell’immagine stessa dell’Italia, ma anche la valorizzazione di un settore economico che ha un fatturato al consumo di circa 9 miliardi di euro e un export che si avvicina ai 2 miliardi di euro. Prodotti che, inoltre, danno lavoro, tra attività dirette e indotto, a più di 300.000 persone e che rappresentano una risorsa insostituibile per l’economia locale, in particolare per alcune zone marginali di montagna e di collina che, altrimenti, non avrebbero molte altre possibilità di sviluppo.

Insomma, sottoline la Cia, l’Italia è la più colpita dalla contraffazione, dall’agropirateria, dai “falsi d’autore” dell’alimentazione. Nel nostro Paese si realizza più del 21% dei prodotti a denominazione d’origine registrati a livello comunitario. A questi vanno aggiunti i 521 vini Doc, Docg e Igt e gli oltre 4.000 prodotti tradizionali censiti dalle Regioni e inseriti nell’Albo nazionale. Una lunghissima lista di prodotti che ogni giorno, però, rischia il “taroccamento”. La situazione è, quindi, secondo la Cia, di estrema gravità: ci troviamo davanti a un immenso supermarket del “falso”, dell’“agro-scorretto”, del “bidone alimentare”. Il più “copiato” tra i prodotti Dop e Igp è il Parmigiano Reggiano. Il suo “tarocco” lo troviamo in Argentina, in Brasile, in Giappone, ma anche in Germania e nel Regno Unito. Seguono il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele, il Grana Padano, la Mozzarella di bufala e l’Asiago. Una lunga serie di “plagi”, che colpiscono un numero sempre più alto di prodotti di qualità. Non ultimo il Gorgonzola, commercializzato con il nome di Tinboonzola e Cambozola.

Ma, precisa la Cia, per trovare i “falsi” Dop e Igp non c’è certo bisogno di andare all’estero. E’ sufficiente navigare in Internet per poter avere una vera e propria vetrina del “tarocco”. In molti siti si possono acquistare formaggi come il Parmesan o il Regianito, il Provolone e l’Asiago, prodotti nel Wisconsin (Usa), la Robiola del Canada, la Mozzarella del Texas, la Fontina “made in China”, i pomodori San Marzano coltivati in California, i fiaschi tricolore di Chianti, statunitensi e australiani, il Prosciutto di San Daniele di una ditta americana. Per comprendere la gravità del problema delle imitazioni e delle contraffazioni, conclude la Cia, basta vedere che negli ultimi due anni sono più che triplicati i casi di sequestri di prodotti Dop e Igp contraffatti o falsificati effettuati alle dogane dei Paesi dell’Unione europea. Importazioni “taroccate”, come formaggi, vini, mele, salumi, provenineti dai Paesi più disparati: Cina, Brasile, Australia, Sudafrica, Argentina, Canada.

Focus - Cia: ecco il supermarket mondiale del “bidone”

Dove si imitano i prodotti Dop e Igp italiani

Argentina: fontina, Parmigiano Reggiano, Chianti, Mortadella di Bologna, Grana Padano, Prosciutto di Parma;

Brasile: Parmigiano Reggiano, gorgonzola;

Stati Uniti: Asiago, fontina, Marsala, Grana Padano, Pomodori San Marzano, mozzarella di bufala, Prosciutto di San Daniele, Prosciutto di Parma, aceto balsamico, olio d’oliva, provolone, pecorino;
Australia: gorgonzola, mozzarella, Parmigiano Reggiano, Marsala, ricotta;

Sudafrica: Parmigiano Reggiano, Chianti, fontina, grappa, Grana Padano;

Canada: gorgonzola, Grana Padano, robiola, Prosciutto di Parma;

Cina: stracchino, salame Milano, genovese e calabrese, mozzarella di bufala, Parmigiano Reggiano, provolone;

Giappone: Parmigiano Reggiano.

I prodotti Dop e Igp italiani più imitati

Parmigiano Reggiano: Parmesao (Brasile), Regianito (Argentina), Parmesan (Belgio, Giappone, Usa, Canada, Australia), Parmesan Cheese (Usa), Parmigianino (Usa), Reggiano e Parmesano (Centro America);

Prosciutto di Parma: Parma Ham (Usa);

Prosciutto di San Daniele: Daniele Prosciutto & Company (Usa);

Grana Padano: Danish Grana (Usa);

Gorgonzola: Tinboonzola (Australia), Cambozola (Germania, Austria, Belgio);

Asiago: Asiago del Wisconsin (Usa);

Ricotta: ricotta australiana;

Olio d’oliva toscano: olio d’oliva prodotto dalla Oakville Grocery, in Napa Valley in California (Usa);

Mozzarella: Mozzarella Company di Dallas (Usa).

In evidenza - Contraffazione alimentare: in Italia nel 2011 sequestri per 37 milioni di euro

Frodi, sofisticazioni e falsi alimentari. In Italia la lista delle illegalità nel settore è lunga e attraversa tutto lo Stivale. Ma se crescono i reati, crescono contemporaneamente i controlli e le strategie di contrasto delle forze dell’ordine. Perché la lotta alla contraffazione in Italia ha protagonisti e alleati preziosi: dai Nuclei Antifrodi del Comando Carabinieri Politiche agricole (Nac) al Corpo Forestale dello Stato, dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari alle Capitanerie di Porto. Tutti impegnati a combattere le distorsioni del mercato e i fenomeni criminosi nella filiera del cibo, che causano danni diretti e ingenti alla salute dei cittadini, all’ambiente, all’economia e al “made in Italy”. Lo ha affermato la Cia-Confederazione italiana agricoltori al convegno nazionale “No all’economia dell’inganno”, di scena oggi a Bari.

Solo nel 2011 ci sono stati circa 80.000 controlli, ricorda la Cia, che hanno portato a sequestri per un valore di quasi 37 milioni di euro, a più di 8.700 sanzioni amministrative e alla segnalazione all’autorità giudiziaria di 1.304 persone. Numeri che, secondo la Cia, confermano la validità e l’importanza degli organismi preposti al controllo e al contrasto delle truffe in campo agroalimentare, che lavorano ogni giorno per riaffermare il principio della legalità e il valore della qualità del made in Italy. Tutelando, aggiunge la Cia, gli interessi sia dei consumatori che dell’agricoltura, garantendo reali certezze.

Più in dettaglio, l’attività operativa dei Nac nel periodo 2010-2011 ha coinvolto ben 3.143 aziende, con controlli sulla Gdo, nei principali centri commerciali e nei mercati generali, sottolinea la Cia, e oltre 19.000 tonnellate di prodotti agroalimentari illegali sequestrati, tra cui falso pomodoro Dop, mais Ogm commercializzato come mais semplice senza indicazioni sulla tracciabilità, olio “deodorato” preso all’estero e venduto in Italia come olio extravergine d’oliva, falso biologico. A tutto questo va aggiunto il sequestro di beni immobili e conti correnti per 303 milioni di euro e altri 25 milioni di euro di contributi comunitari indebitamente percepiti o richiesti.

Da parte sua, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, organo di controllo ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole, nell’ultimo anno ha effettuato 43.452 controlli, contestato 5.513 sanzioni amministrative e sequestrato beni per un controvalore di quasi 15 milioni di euro, continua la Cia. Con un’attenzione mirata soprattutto ai prodotti di qualità, biologici, certificati: un settore a cui è stato dedicato ben il 35% dei controlli. Mentre il Corpo forestale dello Stato Nucleo agroalimentare e forestale, sempre nel 2011, ha compiuto oltre 6.000 controlli, requisendo quasi 13.000 kg di prodotti per un valore di circa 1 milione di euro.

Insomma, se aumentano da un lato le truffe e le contraffazioni agroalimentari, dall’altro lato cresce anche la “vigilanza” sulla filiera, osserva la Cia, con controlli capillari e strumenti sempre più sofisticati. Ma ancora non basta. Ora, dice la Cia, occorre rafforzare la lotta alla contraffazione fuori dai confini italiani, a livello internazionale, dove la tutela delle nostre “griffe” alimentari è ancora troppo debole e non riesce a contrastare fenomeni odiosi come l’italian sounding. Il problema, cioè, è che, sottolinea la Cia, nei Paesi terzi ancora non esiste una vera tutela delle nostre eccellenze certificate. Ecco perché non si può più aspettare, conclude la Cia. Servono misure “ad hoc” come l’istituzione di una task-force in ambito europeo per contrastare truffe e falsificazioni alimentari; sanzioni più severe nell’Ue contro chiunque imiti prodotti a denominazione d’origine; interventi finanziari, sia a livello nazionale che comunitario, per l’assistenza legale a chi promuove cause (in particolare ai consorzi di tutela) contro chi falsifica prodotti alimentari. Ma soprattutto serve un’azione più decisa da parte dell’Europa nel negoziato Wto per un’effettiva difesa delle Dop, Igp, Stg, tutelandoci in sede di Organizzazione mondiale del commercio anche ricorrendo alla registrazione dei marchi.

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