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Finanza&mercati

Da Palermo a Trapani è tutto un filare ... Sicilia Occidentale - Ben 146 le aziende vitivinicole presenti, per un fatturato di 246 milioni di euro e 1.040 addetti. Il dato aggregato dell’export delle due province, che costituiscono il territorio del distretto, segnala un valore di 55 milioni di euro a fronte dei 116 complessivi della Regione che vanta la maggiore superficie vitata d’Italia Il cuore di re Bacco batte forte in Sicilia. Si attende soltanto l’ok della Regione per il via libera al distretto vitivinicolo Sicilia occidentale, che lega trasversalmente le province di Palermo e Trapani. Quest’ultima la più vitata d’Italia, con oltre 70mila ettari coltivati a vigneto nei quali si produce la più alta quantità nazionale di ettolitri di vino, circa quattro milioni all’armo, contro i 2,5 milioni dell’intera Toscana. Una realtà enologica di spicco nella regione con la maggiore superficie vitata d’Italia: la Sicilia, con oltre 160mila ettari produce il più alto quantitativo di vino, circa 8,5 milioni di ettolitri all’anno, contro i sette milioni del Veneto e i 3,5 del Piemonte. Ben 146 le aziende presenti nel distretto, in tutto 172 i soggetti coinvolti (compresi enti locali e consorzi di tutela), per un fatturato complessivo di 246 milioni di euro e 1040 addetti (impegnati nella trasformazione e commercializzazione del prodotto). Il dato aggregato dell’export delle due province di Trapani e Palermo, che costituscono il territorio del Distretto, parla di un valore di circa 55 milioni a fronte dei 116 del dato regionale. Se poi guardiamo alle quantità, il distretto esporta circa l20mila ettolitri di sfuso e circa 100mila di confezionato.
I Paesi di riferimento sono soprattutto quelli del Nord Europa e gli Usa. Un Patto di sviluppo del distretto è stato sottoscritto nell’aprile scorso dai soggetti aderenti. Il documento individua, innanzitutto, l’area del distretto che si colloca geograficamente nelle province di Trapani e Palermo lungo una superficie complessiva di 7452,31 km quadrati (il 30% del dato regionale) con una popolazione complessiva di 1.661.044 (33% della popolazione residente in Sicilia). Il presidente del Distretto è Fabio Foraci (gruppo Foraci) e, data la maggiore concentrazione in provincia di Trapani di imprese, produzione e fatturato complessivi, la sede legale e il domicilio sono stati fissati a Marsala presso locali messi a disposizione dal Comune. L’attività di supporto tecnico è svolta dal Cresm (Centro di ricerche economiche e sociali per il Meridione), agenzia di sviluppo che si è fatta promotrice dell’iniziativa. Ma il distretto nasce per far fronte a una crisi del settore. “Abbiamo preso atto della crisi che da quattro anni sta scuotendo alle radici tutta la viticoltura della Sicilia occidentale, che conta circa 25mila imprenditori agricoli - spiega Alessandro la Grassa, presidente del Cresm - Una crisi che rischia di fare implodere anche il modello cooperativo che è stato per lungo tempo il motore principale della viticoltura siciliana, almeno in termini quantitativi, e che associa appunto migliaia di viticoltori. A questo punto ci è sembrato che fosse arrivato il momento di proporre una nuova modalità, almeno per la Sicilia, di aggregazione attraverso il distretto”. Così è stata utilizzata la recente normativa della Regione Sicilia che riprende il modello distrettuale già sperimentato nelle regioni del Nord e, con l’assistenza di altre due agenzie locali di sviluppo (la società consortile Alto Belice corleonese e la Rallo Consulting), il Cresm ha riunito e fatto discutere circa 170 soggetti (imprese, consorzi di tutela, enti locali) dell’indotto vinicolo di questa parte di Sicilia. Oltre al Patto per lo sviluppo del distretto presentato alla Regione Sicilia - aggiunge La Grassa - da questo lavoro di animazione è scaturita anche una posizione comune sulle modifiche proposte dalla commissaria europea Fischer Boel. Adesso, in attesa di risposte dalla Regione, stiamo valutando delle proposte e iniziative che ci consentano di lavorare sul risparmio energetico per le imprese associate e su altre economie di scala del settore dei servizi”. L’obiettivo degli animatori dell’iniziativa è quello di “costituire nella Sicilia occidentale un distretto vitivinicolo che rappresenti l’elemento principale di sviluppo dell’economia agroalimentare siciliana”, è detto nel Patto.
Del resto, la collocazione strategica al centro del Canale di Sicilia fa del distretto vitivinicolo di Trapani e Palermo, ad avviso degli osservatori, il secondo a livello mondiale dopo la zona di Bordeaux. Del distretto fanno parte: 44 cantine sociali, nove aziende vitivinicole, sette associazioni di categoria e volontariato, 28 industrie vinicole, 13 ditte che commerciano prodotti e macchinari per il settore, tre distillerie, tre imprese che producono mosto concentrato, due consorzi di cantine, i due consorzi di tutela doc per il Marsala ed il Passito, le associazioni Strade del vino di Alcamo e Marsala, 28 enti locali e pubblici (anche i Comuni di Marsala, Alcamo, Gibellina, Salemi, Petrosino e Santa Ninfa), l’università degli studi di Palermo, la Camera di commercio di Trapani (che ha inoltrato alla Regione una valutazione d’interesse), l’Assindustria, i sindacati che fanno riferimento alla cooperazione, l’ordine dei dottori commercialisti e l’istituto tecnico agrario di Marsala. Insomma, una pattuglia folta ma suscettibile di nuove adesioni, molte delle quali già annunciate.

“Vince il vino che fa squadra”...
L’obiettivo è qualificare porzioni sempre maggiori di produzioni e varietà siciliane coordinando tutte le grandi cantine sociali locali e creando marchi forti Un processo di aggregazione delle imprese dalle modalità nuove, almeno per la Sicilia. È quello all’origine del progetto per l’istituzione del distretto vitivinicolo Sicilia occidentale, un’area che conta 25mila imprenditori agricoli. F&M Imprese ne ha parlato con Fabio Foraci, presidente del distretto.
La provincia di Trapani è quella con la maggiore superficie vitata d’Italia ma, nonostante ciò, risente del fenomeno della commercializzazione del prodotto sfuso a basso costo e del suo utilizzo per tagliare i vini del Nord. Quali sono le vostre strategie per aumentare il livello di competitività delle aziende?
Da diversi anni il rapporto fra vino sfuso e confezionato, almeno per ciò che riguarda l’export, si è praticamente invertito: dal 1997 al 2004 siamo passati da 1.208.631 ettolitri di sfuso a 167.322. Contemporaneamente, l’export del confezionato è passato da 111.678 a 260.263 ettolitri. Questo è soprattutto il risultato della crescita di nuovi Paesi vinicoli come il Cile e l’Australia, ma anche del rafforzamento di Paesi tradizionali come la Spagna che ci ha tagliato fuori dal mercato francese, per lungo tempo tra i più importanti per il nostro sfuso. La nostra grande potenzialità deriva da una capacità produttiva di circa 4 milioni di ettolitri (il 65% di tutta la regione), dal fatto che il clima ci consente di praticare un’agricoltura molto più “sana” rispetto ad altri territori e dal richiamo forte del marchio “Sicilia”.
Dei buoni presupposti di partenza...
Sì, adesso si tratta di qualificare porzioni sempre maggiori delle nostre produzioni, e quindi delle nostre varietà, coordinando al meglio le grandi cantine sociali del territorio e creando marchi territoriali forti che sappiano comunicare la sicilianità. Dobbiamo trovare nuovi sbocchi, sia di mercato che di utilizzo (e qui ha un ruolo forte la ricerca) per le nostre produzioni sfuse. Il distretto è lo strumento giusto per realizzare le necessarie economie di scala e coordinare al meglio questo tipo di iniziative.
Nel territorio c’è una tendenza delle aziende ad aggregarsi e mettersi in rete? Il distretto ne è la dimostrazione. In questo territorio le Cantine hanno sempre avuto una tradizione di collaborazione, soprattutto nelle fasi produttive, ma poi sul mercato si andava sempre divisi. Adesso tutti hanno capito che è un enorme spreco investire da soli, un lusso che solo pochi possono permettersi. E poi ormai il 70% del vino si vende attraverso la grande distribuzione e se vogliamo andare in quella direzione dobbiamo necessariamente fare squadra. E il distretto è nato senza difficoltà perché ha saputo esprimere una strategia condivisa. Quali sono i punti di eccellenza del distretto? Ne dovremmo elencare molti ma per limitarci ai principali direi: le caratteristiche pedoclimatiche particolarmente favorevoli per la vitivinicoltura; la rilevanza nazionale della capacità produttiva complessiva, ma anche la ricchezza varietale da valorizzare (grillo, catarratto, inzolia) e la presenza di marche leader e grandi aziende industriali attive sui mercati internazionali. Il tutto per la valorizzazione progressiva del binomio vino-territorio.

Ma Donnafugata snobba il distretto e i profitti crescono a tempo di jazz...
C’è un’azienda che cresce a ritmo di jazz e “snobba” il distretto vitivinicolo Sicilia occidentale, al quale non ha aderito (per il momento). Macinano profitti a suon di musica i vini di Donnafugata, impresa con sede e cantine a Marsala, la cui manager, Josè Rallo, è anche la cantante di un gruppo jazz che propone esperienze multisensoriali in cui il linguaggio delle note si fonde con le degustazioni. Un milione e 700mila bottiglie di vino l’anno, 37 dipendenti e un fatturato di undici milioni di euro per annata costituiscono il biglietto da visita di un’azienda la cui tenuta si arrampica lungo 270 ettari di terreno, 100 di proprietà e 170 gestiti con contratti pluriennali. A Contessa Entellina, area Doc, sono piantati 14 diversi vitigni da cui vengono fuori le 13 etichette dell’azienda: i bianchi Damaskino, Anthilia, Lighea, La Fuga, Vigna di Gabri, Chiarandà del Merlo, i rossi Nero d’Avola Sedara, Angheli, Tancredi e Mille e una notte, e, infine, i vini naturali dolci di zibibbo Kabir e Ben Ryé, passito pluripremiato, questi ultimi ottenuti nei 35 ettari (21 di proprietà e 14 in gestione) che Donnafugata possiede a Pantelleria. Nell’isola la famiglia Rallo è proprietaria dei vigneti ma presto, avendo ottenuto le autorizzazioni, realizzerà anche una cantina. L’azienda ha fatto molto parlare di sé anche per essere stata la prima a riprendere la tradizione della vendemmia notturna - già praticata dagli Elimi, antica popolazione che abitava la Sicilia occidentale - in modo da approfittare del “fresco” della notte (dai 20 ai 23 gradi contro i 40, 45 del giorno). Una scelta tecnica introdotta nel ‘98 per preservare il corredo aromatico delle uve dalle alte temperature di agosto in Sicilia e determinare un forte risparmio energetico nell’utilizzo delle tecnologie di raffreddamento. Enologia di precisione per ottenere vini di qualità con un rapporto qualita-prezzo significativo rispetto al mercato straniero la ricetta del successo di un’azienda che sforna grandi numeri. Novanta agenti, presenti in tutto il territorio nazionale, compongono la rete di vendite in Italia; 40 i mercati esteri serviti, con un trend di crescita forte soprattutto in Russia dove nei primi tre mesi del 2006 l’etichetta con l’effigie di donna dai capelli al vento ha fatto segnare un 40% in più rispetto al periodo analogo del 2005; il 45% del personale di amministrazione, commerciale e marketing, è donna e l’80% ha meno di 40 anni. Grandi numeri che poggiano sulla solida tradizione di una delle più antiche “famiglie del vino” siciliane. L’azienda è stata fondata da Giacomo Rallo, esponente della quarta generazione, nel 1983. Affiancato dalla moglie Gabriella Anca - un altro cognome che conta nel mondo del vino - e dai figli Josè e Antonio, Giacomo Rallo ha puntato tutto su nuove tecniche di allevamento e forte controllo della produzione. E questo per ottenere qualità grazie a uve bianche adatte a creare vini longevi e uve rosse molto concentrate, ideali per l’affinamento in barrique.
(arretrato di Finanza&Mercati del 28 novembre 2006) 


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