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FORUM DELL’AGRICOLTURA E DELL’ALIMENTAZIONE DI CERNOBBIO - QUANTO VALE DAVVERO IL MADE IN ITALY? LO “STATO DELL’ARTE” DELL’AGROALIMENTARE ITALIANO SECONDO LA RICERCA DI COLDIRETTI E SWG

Quasi la metà degli italiani (47%) ritiene che un alimento realizzato con prodotti coltivati o allevati interamente in Italia valga almeno il 30% in più: è uno dei dati che emerge dalla presentazione della prima indagine che studia il contributo del made in Italy alla ripresa economica, realizzata da Coldiretti-Swg e presentata nel Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, organizzato dalla Coldiretti (www.coldiretti.it) a Villa d’Este di Cernobbio (16-17 ottobre).
Il valore superiore attribuito dagli italiani al made in Italy alimentare è eccezionale con il 27% che ritiene valga almeno il doppio e il 20% un terzo in più. Un italiano su dieci pensa che valga il 20% in più, il 7% il 10% in più mentre solo per il 18% è uguale e per l’8% inferiore. La superiorità del made in Italy alimentare è attribuita nell’ordine al rispetto di leggi più severe, alla bontà e freschezza e alla garanzia di maggiori controlli. L’attenzione all’origine del prodotto è evidenziata dal fatto che, sottolinea la Coldiretti, ben il 98% degli italiani ritiene che dovrebbe essere sempre indicato il luogo di allevamento o coltivazione dei prodotti contenuti negli alimenti.
Secondo il presidente della Coldiretti Sergio Marini si tratta di un riconoscimento dell’impegno degli imprenditori italiani nel garantire la leadership qualitativa nella produzione agricola. Il modello agricolo italiano è vincente nel mondo dove ha conquistato primati nella qualità, tipicità e nella salubrità delle produzioni, ma anche - precisa Marini - nel valore aggiunto per ettaro di terreno, ovvero la ricchezza netta prodotta per unità di superficie dall’agricoltura italiana, che è oltre il triplo di quella Usa, doppia di quella inglese, e superiore del 70% di quelle di Francia e Spagna. Le produzioni italiane hanno poi il primato della sanità e della sicurezza alimentare, con un record del 99% di campioni regolari di frutta, verdura, vino e olio, con residui chimici al di sotto dei limiti di legge. Nel nostro Paese si trova un terzo delle imprese biologiche europee e un quarto della superficie bio dell’Unione superando il milione di ettari. L’agricoltura italiana vanta inoltre la leadership nei prodotti tipici con 182 prodotti a denominazione o indicazione di origine protetta riconosciuti dall’Unione Europea senza contare le 4.471 specialità tradizionali censite dalle regioni. Ma il made in Italy a tavola è anche l’emblema nel mondo della dieta mediterranea, modello nutrizionale ormai universalmente riconosciuto fondamentale ai fini del mantenimento di una buona salute e che si fonda su una alimentazione basata su prodotti locali, stagionali, freschi di cui l’Italia è particolarmente ricca.

Il made in Italy ha valore solo per l’alimentare e la moda
L’alimentazione e la moda sono i due settori dove più elevata è la fiducia nel made in Italy degli italiani, che invece sono più diffidenti quando si tratta di prodotti della bellezza, mobili, utensili per la casa, auto e apparecchi elettronici o elettrodomestici. I prodotti alimentari italiani vincono il confronto con tutti i principali Paesi, sia nella qualità che nel rapporto prezzo-qualità, a differenza di quanto accade per le altre categorie del made in Italy, come i prodotti tecnologici che perdono con i giapponesi, mentre la moda pareggia con i francesi. “Delle quattro A (Alimentare, Auto, Arredamento, Abbigliamento) che sono normalmente considerati i punti di forza del made in Italy solo il cibo e, a seguire, la moda hanno un valore aggiunto se fatti in Italia secondo la maggioranza degli italiani” ha affermato il presidente della Coldiretti Marini nel sottolineare che “si tratta dunque di un patrimonio da valorizzare anche per il ruolo di traino che svolge per gli altri settori del made in Italy”.

Per il 54% il cibo locale batte le grandi marche
Una maggioranza assoluta del 54% degli italiani preferisce acquistare prodotti alimentari locali e artigianali che battono nettamente le grandi marche, che si fermano al 12%. Secondo l’indagine per il 29% degli italiani la scelta tra le due tipologie di prodotto dipende dalla qualità, mentre per il 5% dal prezzo. La vittoria del prodotto legato al territorio è confermata dal fatto che quasi due terzi degli italiani (65%) si sentirebbero più garantiti da un marchio degli agricoltori italiani rispetto al marchio industriale (13%) e a quello della distribuzione commerciale (8%). Si tratta di una opinione confermata dal fatto che nel 2009 è si registrato un vero boom degli acquisti diretti dai produttori, dove compra regolarmente l’1 % degli italiani e ben il 47% ha dichiarato di farlo almeno qualche volta. “Favorire la presenza di prodotti locali nei punti vendita è anche l’obiettivo del progetto per una filiera agricola tutta italiana per arrivare ad offrire prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori e al giusto prezzo” ha affermato il presidente della Coldiretti Marini nel sottolineare che “questi prodotti saranno offerti tramite la più estesa rete commerciale nazionale che coinvolge i mercati di campagna amica, i punti di vendita delle cooperative, i consorzi agrari, agriturismi e aziende agricole, ma coinvolgerà anche la rete della ristorazione a chilometri zero e la distribuzione che intenderà partecipare”.

La maggioranza degli italiani vuole i dazi per il made in Italy
Il 53% degli italiani è d’accordo con quanti sostengono che alcune produzioni sono così importanti da meritare di essere protette dai dazi. Quasi tre su quattro inseriscono al primo posto i prodotti alimentari tra quelli più importanti da tutelare attraverso i dazi e a seguire, nell’ordine, il vestiario, i mobili, i prodotti di bellezza, le auto, l’elettronica e gli utensili per la casa. “Se quella dei dazi è una proposta provocatoria è anche vero che occorre saper cogliere un “sentiment” diffuso nei confronti della difesa dell’identità territoriale delle produzioni” ha affermato Sergio Marini, nel sottolineare che “nell’agroalimentare occorre intervenire subito per garantire la trasparenza delle informazioni con l’obbligo di indicare la provenienza in etichetta per dare la possibilità ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli”. La crescente attenzione alla difesa del tessuto produttivo legato al territorio nazionale è confermata anche dal fatto che - conclude la Coldiretti - ben l’84% degli italiani è d’accordo sul fatto che per rilanciare l’economia oggi è necessario comprare prodotti fatti interamente in Italia.

Prezzi: la colpa dei ricarichi è degli intermediari e della distribuzione
Secondo la ricerca di Coldiretti, le cause della moltiplicazione dei prezzi dal campo alla tavola sono da imputare, nell’ordine, a tutti i passaggi intermedi, ai ricarichi eccessivi applicati dalla distribuzione e alle speculazioni. Per il 47% degli italiani la soluzione migliore da adottare per contenere questa moltiplicazione è quella di incentivare gli acquisti diretti dal produttore agricolo o nei farmer’s market, mentre il 38% ritiene che occorra promuovere la presenza di prodotti locali e di stagione sugli scaffali di negozi e supermercati. Solo una minoranza del 12% si esprime a favore di una maggiore concentrazione della distribuzione commerciale. Pochi centesimi pagati agli agricoltori nei campi diventano euro al consumo con un aumento della forbice nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola durante il quale i prezzi degli alimenti moltiplicano oggi in media cinque volte. I consumatori italiani non hanno potuto beneficiare della forte riduzione dei prezzi agricoli che rischia invece di provocare l’abbandono delle campagne, con il crollo delle quotazioni alla produzione che nell’ultimo anno sono calate del 26% per i cereali, del 22% per la frutta, del 18% per il vino, del 13% per gli ortaggi e del 12% per la carne suina, a settembre secondo i dati Ismea. “Gli italiani spendono 205 miliardi all’anno in alimenti e bevande (141 miliardi in famiglia e 64 fuori) che rappresentano ben il 19% della spesa familiare ed è quindi necessario interrompere un trend che impoverisce cittadini e imprese agricole in un difficile momento di crisi economica” ha concluso il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel ricordare che “il progetto della Coldiretti per una filiera agricola tutta italiana punta a tagliare le intermediazioni e le distorsioni nel passaggio dal campo alla tavola”.

L’80% favorevole al sostegno delle imprese legate al territorio
Per rilanciare l’economia l’80% degli italiani ritiene che occorra sostenere le imprese legate al territorio mentre solo una esigua minoranza del 5% è a favore di aiuti alle grandi imprese multinazionali e globalizzate e il 2% di sostegni alle banche. Dall’indagine risulta anche trascurabile la percentuale di coloro che non ritengono opportuno un intervento dello Stato e pensano che occorra lasciar fare al mercato (4%).

Tipico e biologico resistono alla crisi
I prodotti di qualità resistono alla crisi, grazie ad un italiano su tre (33%) che acquista regolarmente prodotti a denominazione di origine e il 14% quelli biologici. “La crisi non incide sul bisogno di sicurezza alimentare dei cittadini che continuano ad esprimere un forte interesse per le produzioni ad elevato contenuto salutistico, identitario ed ambientale” ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel precisare che a dimostrarlo “è la crescita degli acquisti diretti dal produttore che hanno raggiunto il valore di 2,7 miliardi di euro ed interessano ormai 60mila imprese agricole tra cantine, cascine e malghe”. Nel primo semestre del 2009 i consumi familiari di prodotti biologici confezionati in Italia crescono, secondo Ismea Ac Nielsen, del 7,4%, in controtendenza con l’andamento generale, con gli aumenti più consistenti rilevati per gli ortofrutticoli freschi e trasformati con il 37,8%, le bevande (+11,6%) e le uova (+24,3%). Interessante - rileva la Coldiretti - è il consolidamento dei consumi etnici con il 6 % degli italiani che li acquista regolarmente e il 27 almeno qualche volta. Nonostante la crisi la grande maggioranza dei cittadini non giudica la diffusione degli organismi geneticamente modificati una soluzione positiva e al contrario si rafforza l’opposizione da parte degli italiani che nel 63% dei casi sono d’accordo sul fatto che i cibi con organismi geneticamente modificati sono meno salutari di quelli tradizionali (+3 %).

Per gli italiani investire nei terreni è meglio che dell’oro
Secondo il sondaggio di Coldiretti i terreni agricoli battono l’oro nella classifica degli investimenti giudicati più sicuri dagli italiani. Alla domanda su quali siano gli investimenti reputati più convenienti, i cittadini hanno collocato i terreni agricoli al pari dei conti correnti ad alta remunerazione, davanti all’oro e al di sotto della casa, che è di gran lunga in cima alla graduatoria. La crisi finanziaria, con la ricerca di beni rifugio alternativi agli investimenti più tradizionali come la borsa, rischia di favorire le speculazioni sui terreni agricoli facendone schizzare le quotazioni verso l’alto e ostacolandone ulteriormente l’acquisto da parte dei giovani imprenditori agricoli. “Il terreno è un costo per le imprese agricole che devono crescere e svilupparsi e l’aumento delle quotazioni rischia di trasformarsi in un ulteriore onere che si somma a quello della stretta creditizia” - ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare l’importanza di misure antispeculative soprattutto per favorire l’inserimento dei giovani agricoltori.

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