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FRODI & CRIMINALITÀ IN TAVOLA: CRESCE IL BUSINESS DELLE AGROMAFIE, CHE VALE 14 MILIARDI DI EURO (+12% SUL 2011). E DOPO QUELLI PER IL VINO, ARRIVANO SUL MERCATO ANCHE I KIT PER FARSI IN CASA FALSI FORMAGGI ITALIANI. LA DENUNCIA DELLA COLDIRETTI

Non Solo Vino
Ecco il kit falso parmigiano scoperto dalla Coldiretti

Nonostante la lotta alla criminalità organizzata, i controlli (sequestri a +170% in un anno), le normative sull’etichettatura e la maggiore attenzione dei consumatori, il business delle “agromafie” continua a crescere. E, per l’ultimo rapporto Coldiretti/Eurispes, vale 14 miliardi di euro (quasi la metà dell’agroalimentare “pulito”), in crescita del 12% negli ultimi due anni. Le infiltrazioni mafiose, secondo il rapporto, controllano grandi tratti della filiera, dalla produzione alla distribuzione, e in ogni settore, dal latte alla carne, dal caffè all’ortofrutta, per non parlare degli oltre 5.000 locali in mano alle organizzazioni criminali in tutta Italia. E, secondo Coldiretti, il racket colpisce non solo i produttori, ma anche in consumatori, con i prezzi che dal campo alla tavola lievitano del 294% oltre il dovuto. Come se non bastasse, arrivano anche novità (negative) sul fronte dell’“Italian sounding” e della contraffazione all’estero: dopo i famigerati “wine kit”, ora arrivano sul mercato anche strumenti per falsificare i formaggi italiani più famosi, dal Parmigiano Reggiano alla Mozzarella. E il fatto più grave, denuncia la Coldiretti, è che “ad essere coinvolta sia una azienda della Gran Bretagna, che fa parte dell’Unione Europea e che dovrebbe quindi intervenire direttamente per fermare questo scandaloso scempio”.
I “cheese kit” sono stati mostrati al Forum dell’Agricotura e dell’Alimentazione di Cernobbio: miscugli di pillole e polveri prodotti in Europa, Stati Uniti ed Australia, ma che possono purtroppo essere acquistati anche dall’Italia attraverso internet. Le confezioni, che promettono di ottenere una mozzarella in appena 30 minuti e gli altri formaggi italiani in appena due mesi, contengono recipienti, colini, garze, termometri, piccole presse oltre a lipasi ed altre polveri, e garantiscono di ottenere prodotti caseari ben identificati che sono una chiara contraffazione dei nostri più celebri formaggi.
“Un danno economico e soprattutto di immagine incalcolabile che - sostiene la Coldiretti - mette a rischio la credibilità conquistata di prodotti divenuti simbolo del made in Italy di qualità, grazie al lavoro di intere generazioni di allevatori e casari impegnati a rispettare rigorosi disciplinari I kit per la produzione di Parmigiano o Romano messi in vendita dalla ditta inglese costano ben 102,38 sterline pari a 120 euro, mentre quello per la Mozzarella Cheese costa 25 sterline, pari a 30 euro circa. Nella confezioni in vendita per i due prestigiosi formaggi a pasta dura è contenuta però anche una piccola pressa da formaggi. Si possono lavorare, con gli ingredienti a disposizione, circa 8 litri di latte per volta e, complessivamente, 40 litri di latte. La mozzarella, si legge nelle istruzioni, non è il formaggio più facile da fare e richiede un po’ di pratica per perfezionare l’operazione di estensione della cagliata. Se i vostri primi due tentativi sono deludenti, si puntualizza, non fatevi scoraggiare. Sarete ricompensati” ...

Focus - Il rapporto “Agromafie” by Coldiretti/Eurispes
Il volume d’affari complessivo dell’agromafia sale a circa 14 miliardi di euro nel 2013, con un aumento record del 12% rispetto a due anni fa, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. Emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes.
L’agricoltura e l’alimentare sono considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché consente di infiltrarsi in modo capillare la società civile e condizionare la via quotidiana della persone in termini economici e salutistici. È peculiarità del moderno crimine organizzato estendere, con approccio imprenditoriale, il proprio controllo dell’economia invadendo i settori che si dimostrano strategici ed emergenti, come è quello agroalimentare.
In questa opera di infiltrazione le mafie stanno approfittando della crisi per penetrare anche nell’imprenditoria legale. Per questo le mafie - sottolineano Coldiretti/Eurispes - hanno già imposto il proprio controllo sulla produzione e la distribuzione di generi alimentari del tutto eterogenei tra loro. Controllano in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione del latte, della carne, della mozzarella, del caffè, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane clandestino, del burro e, soprattutto, della frutta e della verdura. Potendo contare costantemente su una larghissima ed immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale.
Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Alcune stime - precisano Coldiretti/Eurispes - valutano almeno 5.000 locali di ristorazione in Italia in mano alla criminalità organizzata (bar, ristoranti, pizzerie), nella maggioranza dei casi intestati a prestanome. Questi esercizi non garantiscono solo profitti diretti, ma vengono utilizzati anche come copertura per riciclare denaro sporco. In alcuni casi agenti dei clan rappresentano specifici marchi alimentari, che impongono in tutta la loro zona di influenza. Per raggiungere l’obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali: usura, racket estorsivo, furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine, danneggiamento delle colture, contraffazione e agropirateria, abusivismo edilizio, saccheggio del patrimonio boschivo, caporalato, truffe ai danni dell’Unione europea. A tutte le pressioni e minacce, esercitate in particolare nei confronti degli agricoltori del Mezzogiorno, si aggiungono i nuovi sistemi di condizionamento mafioso per imporre dazi illegali ed assorbire grosse fette del settore.
Secondo la Direzione Investigativa di Roma ben il 15% del fatturato realizzato dalle attività agricole appartiene all’illecito, pari al 15% mentre l’Osservatorio Flai Cgil contro le agromafie e il caporalato denuncia come su 1.558 aziende confiscate alle mafie oltre 90 siano attive in ambito agricolo; dei 10.563 beni confiscati, ben 2.500 sono terreni con destinazione agricola. Le organizzazioni mafiose sono consapevoli che, pur non trattandosi del settore che garantisce i guadagni più consistenti e nel più breve tempo, il cibo costituisce la necessità primaria, di cui nessuno potrà mai fare a meno. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma - concludono Coldiretti/Eurispes - compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy.
Il racket cibo fa lievitare prezzi da campo a tavola (+294%)
Tutti i passaggi utili alla creazione del valore vengono intercettati e colonizzati dalla criminalità, dall’intermediazione dei prodotti, al trasporto e lo stoccaggio fino all’acquisto e all’investimento nei centri commerciali. Emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes, dal quale si evidenziano i pericolosi effetti sulle tasche degli italiani e sul reddito delle imprese agricole, con rincari anomali dei prezzi e aumento dei costi. Le organizzazioni criminali, infatti, impongono, con maggior vigore in determinate zone territoriali, i prezzi d’acquisto agli agricoltori, controllano la manovalanza degli immigrati con il caporalato, decidono i costi logistici e di transazione economica, utilizzano proprie ditte di trasporto (sulle quali spesso vengono anche occultate droga e armi), possiedono società di facchinaggio per il carico e lo scarico delle merci. Inoltre, negli ultimi anni, si può dire che esse arrivano fino alla tavola degli italiani, grazie all’ingresso diretto nella Grande distribuzione organizzata (Gdo) con supermercati ed insegne proprie.
Naturalmente - spiegano Coldiretti/Eurispes - questa presenza si ripercuote sul mercato, distruggendo la concorrenza e instaurando situazioni di monopolio od oligopolio. Un’indagine conoscitiva dell’Antitrust ha evidenziato che i prezzi per l’ortofrutta moltiplicano in media di tre volte dalla produzione al consumo, ma i ricarichi variano del 77% nel caso di filiera cortissima (acquisto diretto dal produttore da parte del distributore al dettaglio), del 103 cento nel caso di un intermediario, del 290% nel caso di due intermediari, fino al 294% per la filiera lunga (presenza di 3 o 4 intermediari tra produttore e distributore finale).
La moltiplicazione delle intermediazioni, l’imposizione di servizi di trasporto e logistica, il monopolio negli acquisti dai produttori agricoli provocano non solo l’effetto di un crollo dei prezzi pagati agli imprenditori agricoli, che in molti casi non arrivano a coprire i costi di produzione, ma anche - concludono Coldiretti/Eurispes - un ricarico anomalo dei prezzi al consumo che raggiungono livelli tali da determinare un contenimento degli acquisti.
“I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell’ortofrutta da e per i Mercati; dalle imprese dell’indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l’imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell’ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione”, secondo la Direzione Nazionale Antimafia.
In campagna 1 investimento su 4 della “Mafia Spa”
Quasi un immobile su quattro confiscati alla criminalità organizzata e’ terreno agricolo a dimostrazione della strategia di accaparramento delle campagne messa in atto dalla criminalità organizzata. Emerge dal Rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti/Eurispes. Su 12.181 beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, oltre il 23% (2.919) - sottolineano la Coldiretti/Eurispes - sono rappresentati da terreni agricoli. Ma le mani della Mafia Spa - continua la Coldiretti - si allungano lungo tutta la filiera e, su un totale di 1.674 aziende confiscate, ben 89 (5,3%) operano nei settori “Agricoltura, caccia e silvicoltura” e 15 (l’1% circa) nei settori “Pesca, piscicoltura e servizi connessi”, 173 (10%) nella ristorazione ed alloggio e 471 (28%) nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, anche nell’agroalimentare.
Osservando la distribuzione regionale delle aziende definitivamente confiscate emerge il netto primato della Sicilia (45 imprese), seguita dalla Calabria (25) e dalla Campania (24). La stessa classifica - precisano Coldiretti/Eurispes - si ripropone quando si prendono in considerazione i terreni definitivamente confiscati alle mafie nel 2012: ben 1.440 in Sicilia, 502 in Calabria e 430 in Campania. Invece, prendendo in considerazione il numero delle macchine agricole definitivamente confiscate, è la Campania a registrare il valore più alto con ben 86 dispositivi. Con valori più bassi seguono la Lombardia dove sono state confiscate 10 macchine agricole, le Marche e la Sicilia (entrambe con 2 macchinari sequestrati), per un totale complessivo di 100 macchine agricole confiscate.
L’agricoltura e la filiera agroalimentare rappresentano dunque una destinazione privilegiata per gli investimenti della criminalità organizzata perché ritenuti più sicuri in un momento di instabilità finanziaria, ma anche perché consentono di controllare capillarmente il territorio in zone dove lo Stato è meno presente. La criminalità organizzata che opera nelle campagne incide più a fondo nei beni e nella libertà delle persone, perché, a differenza della criminalità urbana, può contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili.
Si tratta dunque di lavorare - sottolinea la Coldiretti - per il superamento della situazione di “solitudine” invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi pubblici, dalle scuole agli ospedali, e delle forze di sicurezza presenti sul territorio, ma anche incentivando il ruolo delle associazioni di rappresentanza attraverso il confronto e la concertazione con la pubblica amministrazione, perché la mancanza di dialogo costituisce un indubbio fattore critico nell’azione di repressione della criminalità.
Aumento record frodi a tavola: + 170% sequestri
Con la crisi aumentano le frodi a tavola con un incremento record del 170% del valore di cibi e bevande sequestrate perché adulterate, contraffate o falsificate, per garantire la sicurezza alimentare. Emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dell’attività svolta dai carabinieri dei Nas dal 2007 al 2013, in occasione della presentazione del Rapporto “Agromafie”, elaborato insieme ad Eurispes.
Nei primi nove mesi del 2013 sono stati sequestrati beni e prodotti per un valore di 335,5 milioni di euro soprattutto con riferimento a prodotti base dell’alimentazione come la carne (24%), farine pane e pasta (16%), latte e derivati (9%), vino ed alcolici (8%), ma anche in misura rilevante alla ristorazione (20%) dove per risparmiare si diffonde purtroppo l’utilizzo di ingredienti low cost che spesso nascondono frodi e adulterazioni. A preoccupare - precisa la Coldiretti - è il fatto che su 28.528 controlli in ben 9.877 casi sono state individuate non conformità, in altre parole in quasi un caso su tre.
L’attività dei Carabinieri dei Nas, nei primi 9 mesi 2013, ha portato all’arresto di ben 24 persone mentre 1.389 sono state segnalate all’autorità giudiziaria e 8.300 a quella amministrativa.
Salute: 1 italiano su 5 vittima frodi alimentari nel 2013
Quasi un italiano su cinque (18%) è stato vittima di frodi alimentari nel 2013 con l’acquisto di cibi fasulli, avariati e alterati ed effetti anche sulla salute. Emerge da una analisi dell’Indagine Coldiretti/IXE’ del Rapporto “Agromafie”, elaborato insieme ad Eurispes. Il risultato è che ben il 34% dei cittadini nel momento di fare la spesa è più preoccupato rispetto al passato e tra questi oltre la metà (56%) lo è perché aumentano i furbi che cercano di frodare sul cibo, il 44% perché le aziende risparmiano sugli ingredienti e il 33% perché è costretto ad acquistare prodotti meno costosi. Per effetto della crisi, infatti, il cibo low cost nei discount è l’unico settore a registrare un aumento delle vendite mentre negozi tradizionali, iper e supermercati risultano tutti in flessione nei primi 7 mesi 2013, secondo l’Istat.
Le difficoltà economiche hanno costretto molti italiani a tagliare la spesa alimentare e a preferire l’acquisto di alimenti più economici prodotti spesso a prezzi troppo bassi per essere sinceri, che rischiano di avere un impatto sulla salute. Dietro questi prodotti spesso si nascondono, infatti, ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi ma - denuncia la Coldiretti - possono a volte mascherare anche vere e proprie illegalità, come è confermato dall’escalation dei sequestri. Di fronte al moltiplicarsi dei casi di frode e contraffazione alimentare quasi un italiano su tre (29% rispetto al 22 del 2012) chiede - conclude la Coldiretti - l’arresto mentre per il 63% deve essere fatta sospendere l’attività.

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