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GIORNATA MONDIALE DELL’ALIMENTAZIONE: IN UN MONDO IN CUI 870 MILIONI DI PERSONE SONO DENUTRITE E 1,3 MILIARDI DI TONNELLATE CIBO FINISCE OGNI ANNO NELLA SPAZZATURA, L’OBIETTIVO DELLA FAO DI DIMEZZARE GLI AFFAMATI PASSA PER LA LOTTA ALLO SPRECO

Da un lato, il 12,5% della popolazione mondiale (870 milioni di persone) vive in condizione di denutrizione, dall’altro, un terzo della produzione mondiale di cibo, pari a 1,3 miliardi di tonnellate, finisce ogni anno nella spazzatura. Sono i numeri per cui passa la lotta alla fame ed alla malnutrizione nel mondo, al centro della “Giornata mondiale dell’Alimentazione” 2012, che la Fao celebra oggi senza rinunciare all’obiettivo di dimezzare la proporzione di persone affamate entro il 2015, perché “se le nazioni si impegneranno ad aumentare i loro sforzi, può essere ancora raggiunto”, come spiega il direttore generale José Graziano da Silva, nonostante i progressi, dal 2007 ad oggi, abbiano cominciato a stagnare. Colpa della crisi, che ha distolto attenzione e risorse, ma per il ministro degli Esteri Giulio Terzi, “problemi globali come la malnutrizione, ma anche lo spreco di risorse e la cattiva pratica di coltivazione dei terreni”, sono ancora al centro dell’agenda politica internazionale. Una sfida che sembra impossibile ma, se si pensa che solo in Italia, ogni anno, rimangono sul campo 15.128.702 tonnellate di frutta e verdura, è facile capire da dove partire: dalla lotta allo spreco.
È dallo spreco, infatti, che nasce lo squilibrio, una tendenza che con la crisi ha subito una leggera inversione di tendenza, ma ancora non basta: ne “il Libro nero dello Spreco: il Cibo”, lo studio condotto da “Last Minute”, si ricorda come, per quanto riguarda la frutta, su una produzione totale di 213.318.127 tonnellate il 3,77% rimane in campo, pari a 8.043.830 tonnellate, percentuale che sale per gli ortaggi al 5,5% (4.809.731). Due le ragioni che stanno dietro allo spreco nei campi: la non convenienza da parte dell’agricoltore nel raccogliere il prodotto in quanto i prezzi di mercato non sono remunerativi e i difetti commerciali, dalle pezzature troppo grosso o troppo piccole, ai danneggiamenti da eventi atmosferici. E lo spreco, com’è facile immaginare, dal campo si sposta poi alla tavola, ed assume dimensioni ancora più preoccupanti: ogni mese in Italia si buttano 29 euro di prodotti alimentari a persona, un italiano su cinque (il 19%) butta via del cibo ogni settimana, e l’8% lo fa addirittura ogni giorno: i dati sono di “Save the Children” che, proprio per la Giornata mondiale dell’alimentazione lancia la sua ricerca sugli “Sprechi alimentari in Italia”, condotta da Ipsos per l’organizzazione non governativa. Il dato, però, cambia sensibilmente da Regione a Regione: in Campania ben il 16% della popolazione butta quotidianamente del cibo (a cui si aggiunge il 21% che lo fa almeno una volta alla settimana), seguita dalla Sicilia con il 14%. Esempi virtuosi sono il Trentino Alto Adige, in cui quasi la metà della popolazione butta il cibo meno spesso di una o due volte al mese (45%), e la Sardegna (43%). In media finiscono nella pattumiera circa 29 euro di prodotti alimentari al mese, ma con dei picchi che raggiungono i 43 euro in Abruzzo, i 37 in Liguria e i 35 nel Lazio, contro i 15 euro della Sardegna e i 19 della Basilicata. E anche se la metà degli Italiani (49%) sta attento a comprare lo stretto necessario, il 46% compra un po’ di più e un 5% molto più di quanto effettivamente serva. La regione più oculata negli acquisti è l’Emilia Romagna, con un 65% della popolazione che si dichiara attenta a comprare solo lo stretto indispensabile, seguita dalla Calabria (60%) e dall’Umbria (59%). Al di sotto della media nazionale, tra le regioni meno attente ad acquistare ciò che serve davvero, Trentino Alto Adige, Basilicata e Abruzzo. Negli ultimi due anni, comunque, gli sprechi alimentari hanno finalmente cominciato a segnare un’inversione di tendenza: per il 64% degli italiani gli sprechi nella propria famiglia sono diminuiti, contro un 28% che mantiene costanti i propri comportamenti. Per contro, per un residuo 8% gli sprechi alimentari sono aumentati.

>Focus - Barilla: un menu sano per risparmiare il 10% sulla spesa settimanale
Mangiare bene, in modo equilibrato e sostenibile può costare fino a 10% in meno a settimana: è quanto ha calcolato uno studio del Barilla Center (Bcfn), presentato oggi per la Giornata dell’alimentazione, secondo cui scegliere menu bilanciati dal punto di vista nutrizionale e prodotti nel rispetto dell’ambiente, non solo non implica un aumento del costo per il consumatore ma, in alcuni casi, lo rende addirittura minore. Lo studio, mettendo in relazione gli alimenti della tradizionale piramide alimentare con il loro impatto ambientale, evidenzia che gli alimenti più raccomandati dagli esperti di nutrizione hanno una minor impronta ambientale e costano meno, contrariamente a quelli per cui si suggerisce un consumo moderato. Alimentarsi in modo sano e sostenibile in Italia, quindi, consente anche un risparmio economico ma non in tutti i Paese. Negli Stati Uniti, ad esempio, secondo il Bcfn, una dieta a base di proteine animali è più economica; contrastanti, invece, le indicazioni per quanto riguarda Francia e Regno Unito, dove emergono cifre in alcuni casi più basse, in altri più alte.

Focus - Il “light lunch” contro lo spreco di Filippo La Mantia
Un “light lunch” contro lo spreco, a base di ingredienti recuperati dalla distribuzione alimentare e con prodotti a km zero, cucinato in diretto dallo chef siciliano Filippo La Mantia. È l’iniziativa, promossa da Last minute market, lo spin off dell’Università di Bologna eccellenza europea nel recupero degli sprechi alimentari, di scena oggi al convegno internazionale “Alimentare la terra. Coltivare il futuro” promosso per la Giornata dell’alimentazione come risposta all’annoso problema dello spreco alimentare, uno dei problemi più odiosi della società contemporanea, visto che solo in Italia, secondo “il Libro Nero dello spreco 2011” di Last Minute Market, si sono bruciati 11.201.521.410 euro di prodotti alimentari ancora perfettamente consumabili.

Focus - A Milano il Salone della ricerca, innovazione e sicurezza alimentare
Parte da Milano, proprio in concomitanza con la Giornata Mondiale dell’Alimentazione della Fao, la prima edizione del “Salone della Ricerca, Innovazione e Sicurezza Alimentare” (fino a domani, www.ilsalonedellasicurezzaalimentare.it) che, in vista dell’Expo 2015, mette al centro una delle sfide più grandi per il futuro del pianeta, il tema del cibo sicuro. Cibo sano che può essere garantito soltanto da un impegno congiunto da parte delle istituzioni, del mondo della ricerca e delle imprese, sapere come il cibo che arriva nei nostri piatti sia stato prodotto, trasformato, trasportato e preparato è un diritto per ogni consumatore.
I promotori del Salone sono i principali protagonisti, a livello nazionale, del mondo dell’università, della ricerca, dell’impresa, delle associazioni e delle istituzioni che si occupano del tema dell’alimentazione: Parco Tecnologico Padano, Università degli Studi di Milano - Dip. di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente, Università degli Studi di Milano - Dip. di Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria, Istituto Sperimentale It.L. Spallanzani, Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari, Ordine dei Tecnologi Alimentari di Lombardia e Liguria, Izsler, Federchimica, Confcommercio, Confagricoltura, Coldiretti, Confederazione Italiana Agricoltori, Fondazione Agraria Felice Ferri, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci.

Focus - Benedetto XVI: sostenere cooperative agricole, risposta a crisi e fame

“È indispensabile che i poteri pubblici operanti a livello nazionale e internazionale predispongano i necessari strumenti legislativi e di finanziamento perché nelle zone rurali le cooperative possano essere efficaci strumenti per la produzione agricola, la sicurezza alimentare, il mutamento sociale e per un più ampio miglioramento delle condizioni di vita”. Ecco il pensiero di Benedetto XVI, nel messaggio inviato al direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, in occasione della Giornata mondiale dell’Alimentazione, dedicata quest’anno al tema “Le cooperative agricole nutrono il mondo”. “In un mondo alla ricerca di interventi appropriati per superare le difficoltà derivanti dalla crisi economica - sottolinea il Papa - e per dare alla globalizzazione un significato autenticamente umano, l’esperienza delle cooperative ben rappresenta quel nuovo tipo di economia a servizio della persona, cioè capace di favorire forme di condivisione e di gratuità che sono il frutto rispettivamente della solidarietà e della fraternita”‘. In tale contesto, secondo il Pontefice, “è auspicabile che le giovani generazioni possano guardare con rinnovata fiducia al loro futuro mantenendo i legami con il lavoro dei campi, il mondo rurale e i suoi valori tradizionali”. Per Benedetto XVI, “non si tratta solo di dare sostegno alle cooperative quali espressione di una diversa forma di organizzazione economica e sociale, ma di considerarle un vero strumento dell’azione internazionale”. L’esperienza in tanti Paesi mostra infatti, secondo Ratzinger, “che le cooperative, oltre a dare impulso al lavoro agricolo sono un modo per consentire agli agricoltori e alle popolazioni rurali di intervenire nei momenti decisionali e insieme uno strumento efficace per realizzare quello sviluppo integrale di cui la persona è fondamento e fine”. Garantire la libertà dalla fame, per il Pontefice, “significa, infatti, essere consapevoli che l’attività delle istituzioni e l’apporto di uomini e donne impegnati può raggiungere adeguati risultati solo mediante azioni e strutture ispirate dalla solidarietà e orientate alla partecipazione”. In questo senso “le cooperative agricole sono un esempio concreto poiché chiamate a realizzare non solo adeguati livelli produttivi e di distribuzione, ma anche una più generale crescita delle aree rurali e delle comunità che in esse vivono”. Benedetto XVI sottolinea che quella delle cooperative è “una visione alternativa a quella determinata da misure interne e internazionali che sembrano avere come unico obiettivo il profitto, la difesa dei mercati, l’uso non alimentare dei prodotti agricoli, l’introduzione di nuove tecniche di produzione senza la necessaria precauzione”. “Di fronte a una richiesta di cibo sempre più ampia”, spiega , il lavoro delle cooperative agricole mostra “in concreto un modo possibile per soddisfare la domanda di una popolazione mondiale anche in crescita”. Una loro presenza sempre più consolidata, poi, “può porre fine alle tendenze speculative che ormai toccano persino i generi di prima necessità destinati all’alimentazione umana e arginare l’accaparramento delle aree coltivabili che in diverse regioni costringono i contadini ad abbandonare le loro terre poiché singolarmente non hanno alcuna possibilità di far valere i loro diritti”. La Chiesa cattolica, ribadisce il Papa, “considera anche il lavoro e l’impresa cooperativa come modi per vivere un’esperienza di unità e di solidarietà capace di superare le differenze e perfino i conflitti sociali fra le persone e fra i diversi gruppi”. Essa ha da sempre sostenuto il modello delle cooperative, “convinta che la loro attività non si limita alla sola dimensione economica, ma concorre alla crescita umana, sociale, culturale e morale di quanti ne sono parte e della comunità in cui esse sono inserite”. Le cooperative, infatti, “sono un’espressione concreta non di una sterile complementarità, ma di una vera sussidiarietà; un principio che la dottrina sociale della Chiesa pone a fondamento di un corretto rapporto tra la persona, la società e le istituzioni”.

Focus - Wwf: cibo non “affami” il pianeta

Il cibo che scegliamo - e ancor di più quello che sprechiamo - rischia di ‘affamare’ il Pianeta insieme a tutti i suoi abitanti. È il grido d’allarme lanciato da Wwf Italia, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, e alla luce della “drastica riduzione” delle riserve strategiche mondiali di cereali, evidenziata nell’incontro dei giorni scorsi tra Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia, e Lester Brown, presidente dell’Earth Policy Institute, presso l’Ambasciata Italiana degli Stati Uniti, a Washington. Per sostenere una popolazione attuale di oltre 7 miliardi di abitanti, sottolinea l’associazione ambientalista, “ormai il 43% della superficie delle terre emerse è stato convertito ad agricoltura, infrastrutture, aree urbane con infrastrutture varie. Un formicaio spasmodico e insaziabile che in appena tre secoli ha trasformato fisicamente i tre quarti della natura della Terra” denuncia il Wwf che afferma: “siamo vicini al tracollo. E la crescita della popolazione, prevista di 9 miliardi al 2045, fa ipotizzare uno scenario nel quale almeno metà delle terre emerse saranno profondamente disturbate e modificate già entro il 2025”. “A fronte di un costante aumento della popolazione mondiale, prevista una crescita a 9 miliardi nel 2045, dobbiamo agire - auspica il direttore scientifico del Wwf Italia - per ridurre il consumo pro capite delle risorse e l’utilizzo di combustibili fossili, rafforzando l’efficienza energetica e quella relativa alla produzione e distribuzione del cibo. Il sistema alimentare deve basarsi sull’ecoagricoltura. Urgono perciò politiche per rendere più sostenibili le filiere produttive”. “Una dieta più sostenibile - conclude Eva Alessi, responsabile Sostenibilità dell’associazione del panda - e’ uno dei driver fondamentali per incidere sulle emergenze legate al consumo del suolo, emissioni di Co2, inquinamento da pesticidi, e consumo idrico che nell’Unione Europea vede dal 40% all’80% dell’acqua assorbita dall’agricoltura”. Da qui le indicazioni del Wwf per portare a tavola prodotti locali, stagionali, meno carne, più pesci di specie trascurate all’insegna della dieta mediterranea, valida sia negli aspetti nutrizionali che ricca di tanta biodiversità, dalle mele alle razze allevate che ormai non ci sono più nella nostra filiera produttiva”.

Focus - Fedagri - Confocooperative: “il 50% della produzione agricola del pianeta è realizzata dalle cooperative”

“Nel mondo i soci delle cooperative superano il miliardo e sono presenti in 150 paesi: di questi, 400 milioni sono agricoltori e realizzano il 50% dell’intera produzione agricola del pianeta. Inoltre, la cooperazione agricola vanta primati assoluti in molte aree del mondo: in Norvegia il 99% del latte è prodotto da cooperative, in Finlandia le cooperative detengono il 54% della produzione della carne, in Corea del Sud le cooperative agricole hanno il 45% del mercato agricolo nazionale”. A sottolinearlo è il Presidente di Fedagri - Confcooperative, Maurizio Gardini, a nome dell’Alleanza delle cooperative agroalimentari, in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione indetta dalla Fao che quest’anno ha come tema “Le cooperative agricole nutrono il mondo”.

“Sono numeri - commenta ancora Gardini - che ci dimostrano quanto sia importante il ruolo che le cooperative stanno svolgendo e che potranno ancora svolgere negli anni futuri per favorire lo sviluppo del settore agroalimentare attraverso la valorizzazione delle produzioni agricole conferite dai propri soci e nel dare risposte concrete al crescente bisogno di cibo proveniente soprattutto dalle zone meno sviluppate del mondo”. Gardini evidenzia poi come il modello cooperativo “si sia affermato in tutte le aree del pianeta, dai Paesi ricchi a quelli poveri, riuscendo a dare sempre risposte concrete a favore dei più deboli. Un modello originale e distintivo di fare impresa che accetta la sfida della globalizzazione ma che intende salvaguardare le proprie peculiari caratteristiche”.

Focus - Cia: nel 2050 a rischio nutrizione globale

Nel 2050 non ci sarà cibo per tutti, e la scarsità di terra coltivabile e la volatilità dei prezzi delle materie prime minacciano un gran numero di sistemi alimentari nel mondo, mettendo a rischio la nutrizione dei 9 miliardi di persone che presumibilmente abiteranno il pianeta tra meno di 40 anni. Tanto più che da una parte l’incremento demografico continua ad accelerare, mentre dall’altra il tasso di crescita della produzione agricola in molte aree del globo sta rallentando. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione. Se oggi una persona su otto nel mondo soffre la fame - spiega la Cia - la colpa è anche di un’errata distribuzione delle risorse prodotte. Basti pensare che gli sprechi alimentari assorbono il 30% della produzione globale di cibo, pari a 1,3 miliardi di tonnellate. Tra meno di 30 anni, invece, come evidenzia anche la Fao, sarà la quantità di queste risorse a non essere sufficiente per tutti. È per questo che la Cia ha fatto proprio da anni lo slogan “più agricoltura per nutrire il mondo”. Ma “più agricoltura” vuol dire soprattutto più disponibilità di terra coltivabile. Oggi - ricorda la Cia - la terra sta diventando un bene prezioso, continuamente minacciata da desertificazione, cementificazione e dal “land grabbing”. Solo il degrado del suolo oggi ha compromesso la fertilità di più di un quarto della superficie terrestre, interessando il territorio di ben 100 Paesi nel mondo. In particolare, il 40% delle terre degradate a livello mondiale si trova in zone con alti tassi di povertà dove nel 2050 la popolazione e i redditi in costante sviluppo richiederanno un aumento del 70% della produzione mondiale alimentare. Il che significa un miliardo di tonnellate di cereali e 200 milioni di tonnellate di prodotti d’allevamento da produrre in più ogni anno. Ma se sommiamo ai problemi ambientali, gli effetti della volatilità dei prezzi, il rischio di approvvigionamento alimentare diventa allarmante. “È quanto mai attuale - spiega il presidente della Cia Giuseppe Politi - mettere al riparo i beni di prima necessità dalle fluttuazioni del mercato alimentare e dall’attività speculativa che investe tutte le materie prime indistintamente, ignorando le conseguenze catastrofiche che seguono le impennate delle commodity agricole. È sempre più necessario - continua Politi - lavorare, soprattutto nell’ambito del G20, all’istituzione di politiche agricole serie, capaci di imporre regole rigide ai mercati alimentari e allo stesso tempo di creare le premesse di uno sviluppo agricolo dei Paesi poveri, che sono i primi a risentire di queste oscillazioni finanziarie”.

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