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ALLEVAMENTI

Gli agricoltori critici sulla direttiva Ue sulle emissioni: penalizza settore avicolo e suinicolo

Coldiretti, Cia e Confagricoltura lanciano l’allarme sulle modifiche all’Applicazione integrata ambientale (Aia). La filiera vale 55 miliardi di euro
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Coldiretti, Cia e Confagricoltura unite contro la nuova decisione dell’Europarlamento

Il grido d’allarme, dopo il voto in sessione plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo che, confermando la decisione del trilogo, riduce le soglie per l’applicazione della Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale) per le imprese suinicole e avicole, è unanime e condiviso dalle maggiori organizzazioni agricole. Ma ciò non sorprende certo, considerando che l’allevamento italiano, secondo stime citate da Coldiretti, è un comparto economico che rappresenta il 35% dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale 55 miliardi di euro e che dà lavoro approssimativamente ad 800.000 persone.
“Finora - spiega Confagricoltura - erano soggetti all’Aia solo due tipi di allevamento: quelli di pollame con potenzialità produttiva massima superiore a 40.000 posti e quelli di suini con potenzialità produttiva massima superiore a 2.000 posti da produzione (di oltre 30 kg) o 750 posti scrofe. Quando entrerà in vigore la direttiva appena approvata, le soglie per essere obbligati a richiedere l’Aia verranno dimezzate” e, secondo Cia - Agricoltori Italiani, la percentuale delle produzioni di qualità impattate dalla revisione della direttiva Ied (direttiva emissioni industriali), unicamente sul territorio italiano, sarebbe pesantissimo: “90% degli allevamenti avicoli e 20% di quelli suinicoli, con un impatto superiore all’80% sulla produzione di carne di maiale”.

Per Cia - Agricoltori Italiani, Confagricoltura e Coldiretti, insomma, questa manovra rappresenta un rischio reale. Rischio, per Ettore Prandini, presidente Coldiretti, di consegnare il mercato dei prodotti animali a paesi extra-Ue, a causa dei loro standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale più bassi “o peggio, spingere lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte”. Ma non è solo una questione di sovranità alimentare per Coldiretti, quanto della tendenza verso una polarizzazione del settore che favorisce le grandi aziende, contrariamente a quanto previsto dagli obiettivi della Commissione Europea e a discapito del tessuto rurale europeo e delle aziende suinicole coinvolte nelle produzioni a Denominazione di Origine Protetta (Dop) e, conseguentemente, di un comparto chiave dell’economia agroalimentare, turistica e dell’export del Belpaese. Il dito, Prandini, lo punta verso dati “vecchi ed imprecisi” e l’approccio ideologico alla base della valutazione d’impatto che “potrebbe avere impatti negativi sull’ambiente, riducendo le aree a pascolo (perdita di biodiversità e paesaggi, minaccia alla vitalità delle aree rurali, ecc.)” e sminuisce il lavoro di molti allevatori che, quanto a sostenibilità delle loro aziende, su scala globale, già registrano le migliori performance in termini di impatto ambientale e mitigazione dei cambiamenti climatici.
Il settore è vittima di una burocrazia sempre più asfissiante e che non comporta maggiore sostenibilità, come detto dal presidente Cia - Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, secondo il quale servirebbero “strumenti e misure incentivanti”, sulla stessa linea delle dichiarazioni di Cristina Tinelli, direttrice Relazioni Ue e internazionali di Confagricoltura, per la quale “il risultato è un ulteriore carico burocratico per le nostre imprese agricole le quali, invece, chiedono da tempo uno snellimento degli impegni amministrativi che frenano la produttività. Gli agricoltori sono i primi custodi della natura ma con queste modalità si ostacola la loro competitività e capacità di impresa, senza benefici per la tutela ambientale” e di Prandini che denuncia la pericolosità di questa decisione per la sopravvivenza di piccoli e medi allevamenti “stretti tra una burocrazia sempre più asfissiante e la concorrenza sleale dall’estero”.
“Abbiamo sempre ritenuto irragionevole equiparare la zootecnia a settori altamente industrializzati, chiedendo il mantenimento dello status quo nella revisione della direttiva. Dopo l’esclusione degli allevamenti bovini, oggi ci aspettavamo un esito ben diverso dal voto” afferma Fini, che confida in una valutazione più attenta da parte del Consiglio, che dovrà dare il via libera definitivo al testo, mentre Coldiretti annuncia battaglia: “non ci fermeremo”.

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