02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

GLI AGRICOLTORI “DIMENTICATI” RECLAMANO RISPETTO DALLA POLITICA: IN ITALIA NEL 2012 GIÀ 13.000 AZIENDE FUORI MERCATO, DA QUI AL 2020 -6,9% DI RISORSE PAC, SOLO 6,6% DI AZIENDE È CONDOTTO DA GIOVANI ... COSÌ LA CIA DALLA CONFERENZA ECONOMICA A LECCE

“L’agricoltura, nonostante i gravi problemi e le difficoltà degli imprenditori, è l’unico settore produttivo del nostro Paese a crescere. E’ questa una dimostrazione di vitalità e di dinamicità delle imprese. Ma è un trend che non potrà continuare a lungo se non ci saranno finalmente fatti concreti e se soprattutto non ci sarà verso gli agricoltori, oggi “dimenticati”, attenzione e rispetto da parte dei rappresentanti delle forze politiche, del Governo e del Parlamento. Non chiediamo privilegi, che l’attuale pesante situazione economica di certo non permette. Vogliamo solamente essere messi nelle condizioni di operare con efficacia e competitività. Un discorso che assume maggiore valenza in vista dell’ormai prossimo appuntamento della riforma della Politica agricola comune (Pac). La proposta della Commissione Ue di Bruxelles non ci soddisfa affatto. Anzi, per alcuni suoi aspetti è addirittura penalizzante. Per questo motivo chiediamo più equilibrio nella distribuzione delle risorse fra gli stati membri, un’adeguata difesa dei redditi, la centralità dell’impresa e un effettivo ricambio generazionale”. Lo ha affermato il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi nella relazione di apertura della Conferenza economica n. 6 di scena a Lecce che si svolge sotto lo slogan “Far crescere l’agricoltura per far crescere l’Italia”.

“Negli ultimi dieci anni oltre 500.000 imprese agricole sono state costrette a chiudere i battenti. Solo nel primo trimestre del 2012 più di 13.000 sono andate fuori mercato. I costi produttivi (con i continui rincari del gasolio), gli oneri contributivi e burocratici, gli aggravi fiscali (Imu in testa) hanno avuto riflessi pesantissimi - ha detto Politi - sull’attività degli agricoltori. Poche e insufficienti sono state le misure, ultime quelle relative al Decreto Sviluppo, prese dal Governo Monti a sostegno dell’agricoltura. E’ giunto il momento di cambiare marcia. C’è assoluto bisogno di concretezza. Chiediamo, quindi, che si riaccendano i riflettori della politica sul mondo agricolo e che si tenga realmente conto del ruolo fondamentale che svolgono gli imprenditori agricoli del nostro Paese. L’agricoltura e le sue potenzialità se valorizzate rappresentano una leva importante per lo sviluppo complessivo dell’Italia. E’ un settore economico che coinvolge direttamente ed indirettamente più di 4,5 milioni di persone tra agricoltori, lavoratori e attività industriali collegate alla produzione agricola. Più di un milione di famiglie vive di agricoltura”.

Per il presidente della Cia “l’Italia agricola ha bisogno di una nuova strategia condivisa e di ampio respiro. Occorre costruire un progetto di politica agraria nazionale per sviluppare ricerca e innovazione, favorire l’ingresso dei giovani e l’aggregazione fondiaria, rendere efficienti i mercati, sostenere la competitività, ridurre i costi di produzione e semplificare i rapporti tra imprese e Pubblica amministrazione. Da qui i il nostro vibrante appello alla politica che deve tornare a parlare di agricoltura in termini veramente concreti”.

E, a proposito della Riforma della Pac post 2013, ha detto Politi, “abbiamo sempre sostenuto che la Pac 2014-2020 deve avere precise priorità: efficienza del mercato, rafforzamento delle organizzazioni di produttori, diffusione dell’economia contrattuale, misure per favorire il ricambio generazionale, sostegno degli strumenti (assicurazioni e fondi di mutualità) per contenere gli effetti della volatilità dei prezzi e delle crisi di mercato. La proposta dell’Esecutivo di Bruxelles non va, però, nella giusta direzione. Ecco perché chiediamo sostanziali modifiche. E’, dunque, indispensabile che nel complesso negoziato comunitario ci sia una posizione autorevole dell’Italia, in grado di far valere le ragioni dei nostri agricoltori. Una posizione del “sistema Paese””.

In particolare, “nelle proposte della Commissione per il prossimo quadro finanziario 2014-2020 sono stanziati 371,7 miliardi di euro (in termini di impegni ed a prezzi costanti 2011) a favore della spesa classica relativa alla Pac. Essa - ha sottolineato il presidente della Cia - rappresenta circa il 36% del bilancio comunitario totale, quota notevolmente inferiore rispetto al precedente periodo (42%). Per la ripartizione degli stanziamenti della Pac tra gli Stati membri, l’Esecutivo di Bruxelles propone meccanismi di convergenza con l’obiettivo di una distribuzione più uniforme del sostegno a vantaggio degli Stati i cui pagamenti diretti sono inferiori al 90% della media dell’Ue a 27. L’effetto della redistribuzione sarebbe molto differenziato tra i vari Paesi, con una penalizzazione molto forte per l’Italia, la Germania e la Francia; i maggiori vantaggi sarebbero per la Romania, la Polonia e la Spagna. Per effetto dei tagli alle risorse e della redistribuzione, il massimale dell’Italia, a valori correnti, per i pagamenti diretti passerebbe da 4,128 miliardi di euro nel 2013 a 3,842 miliardi di euro nel 2020, una riduzione del 6,9%. La soluzione adottata dalla Commissione consolida uno dei vizi di fondo della Pac: lo squilibrio del livello di aiuti tra Paesi e tra colture, con un privilegio accordato ai Paesi ed alle produzioni continentali a scapito di quelle caratteristiche delle agricolture mediterranee. Noi chiediamo che la proposta di Bruxelles per la ripartizione delle risorse tenga conto della disparità del costo della vita nei diversi Paesi e, quindi, sia calcolata a parità di potere d’acquisto. Tale correzione favorirebbe condizioni di leale concorrenza attenuando gli effetti negativi connessi al sistema di calcolo adottato dall’Esecutivo Ue”.

Altra questione importante, il ricambio generazionale: “i giovani agricoltori in Europa sono il 6% del totale degli addetti. In Italia sono il 2,9%. Solo 52.000 aziende, il 6,6% del totale, hanno un conduttore giovane. Nell’agricoltura italiana - ha detto Politi - non vi è ricambio generazionale: solo il 16% delle nuove aziende è guidato da un giovane, solo nel 2,3% delle aziende storiche è subentrato un giovane alla conduzione. La presenza di giovani agricoltori è sempre più importante in termini quantitativi e, quindi, di potenziale produttivo, in relazione alle prospettive di innovazione, sostenibilità, qualità dei processi e prodotti. Il che significa vitalità delle nostre aree rurali. Gli interventi di politica agricola, a partire dalla Pac, dovranno avere come priorità quella di garantire nuova imprenditoria giovanile agricola. Condividiamo la proposta di riforma della Pac che ha ampliato gli interventi specifici a favore dei giovani. Condividiamo gli intenti della Commissione. La proposta ha, però, ancora margini di miglioramento per essere più coerente con le enunciazioni. In questo senso condividiamo le proposte di emendamento presentate dalla Commissione Agricoltura del Parlamento europeo”.

“Dobbiamo porre l’agricoltura e le imprese al centro delle politiche agricole. Gli aiuti diretti - ha sostenuto il presidente della Cia - dovranno essere destinati agli agricoltori professionali ed alle imprese agricole che operano nel mercato dei prodotti e del lavoro. La Pac dovrà sempre più sostenere i comportamenti orientati allo sviluppo ed all’innovazione e sempre meno lo status di agricoltore. La proposta della Commissione affronta la figura dell’agricoltore “attivo” con l’obiettivo di escludere dal regime di aiuti le proprietà fondiarie dalle quali i percettori realizzano una quota marginale di reddito. È una novità perché, finora, gli interventi di mercato e i pagamenti diretti erano stati concessi a prescindere dalle caratteristiche soggettive dei beneficiari. Una volta stabilita (secondo la proposta del Parlamento Europeo) la lista negativa dei soggetti e delle attività che non possono essere ammesse al regime dei pagamenti, per la definizione di agricoltori “attivi” si dovrà tenere conto della diversità delle strutture aziendali e delle figure giuridiche consolidate nel tempo nella legislazione degli Stati membri (la lista negativa dei soggetti, secondo le condivisibili proposte del Parlamento Europeo comprende, per esempio, gli aeroporti, le società immobiliari, le società di gestione di terreni sportivi, i campeggi e le società minerarie ecc.). In una materia come questa vale la pena di invocare i principi della flessibilità e sussidiarietà. Dunque, la definizione di agricoltore “attivo” dovrà essere lasciata agli Stati membri. Per quanto riguarda l’Italia, la definizione dovrebbe partire dalla nozione, consolidata e condivisa, di imprenditore agricolo principale”.

Politi ha sottolineato anche che “il dibattito sulla riforma si concentra molto sul pagamento unico aziendale, ma una Politica agricola comune all’altezza delle sfide del mercato, della sicurezza alimentare ed ambientali, non può limitarsi a riformare i criteri di calcolo e di assegnazione dei sussidi. È un limite che la riforma proposta non si ponga l’obiettivo di migliorare il potere contrattuale degli agricoltori, ad esempio mediante la costituzione di associazioni di produttori, di promuovere l’economia contrattuale e l’interprofessione. La possibilità di programmare l’offerta da parte delle organizzazioni di produttori e dei Consorzi di tutela rafforza il ruolo di questi organismi per la stabilità dei redditi degli agricoltori nelle fasi di instabilità dei prezzi. A questo proposito - ha aggiunto il presidente della Cia - noi sosteniamo che la discussione sul futuro della Pac e sugli strumenti per migliorare il funzionamento delle filiere alimentari siano intrecciati e seguano un percorso comune. Le Organizzazioni di produttori debbono assumere un ruolo sempre più importante nella gestione dei mercati agricoli. Apprezziamo che questa tesi sia ripresa nella proposta di parere del Parlamento europeo”.

“Le proposte della Commissione - ha concluso Politi - prevedono un insieme di misure per sostenere le iniziative per la gestione dei rischi e delle crisi di mercato. Il pacchetto si rivolge ad obiettivi diversi (gestione del rischio in senso stretto e stabilizzazione dei redditi) e prevede strumenti diversi (assicurazioni e fondi di mutualità). I diversi strumenti debbono essere tra loro complementari. Dobbiamo riferirci a tutti gli strumenti di gestione del rischio e di tutela dei redditi: diversificazione produttiva e delle fonti di reddito, gestione dei mercati e pagamenti diretti, accesso al credito, gestione e regolazione dell’offerta da parte delle organizzazioni di produttori, sistema interprofessionale, assicurazioni e fondi di mutualità. Le assicurazioni e i fondi di mutualità non possono, da soli, garantire la redditività delle aziende agricole. Nella proposta di Bruxelles manca questa visione di insieme”. Focus - Il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania da Lecce: “nessuna riforma Pac se non ci sarà anche l’Italia a bordo, come confermato dal commissario Ue Dacian Ciolos. Quella che approveremo non sarà come l’Italia l’avrebbe scritta, ma sarà da noi condivisa”

“Per costruire la nuova Politica agricola comune dobbiamo partire dalle sfide che abbiamo davanti. Siamo in un mercato sempre più globalizzato e competitivo e ci troviamo ad avere una prospettiva di crescita della domanda nei prossimi anni, ma nello stesso tempo il reddito delle imprese si riduce. L’assottigliamento del reddito appare in contraddizione con la crescita della domanda, ma è un dato di fatto dovuto anche al malfunzionamento della filiera. Abbiamo bisogno di un modello di Pac che difenda e tuteli la redditività delle imprese, il valore della produzione e che aiuti la competitività dell’agricoltura europea. Ebbene, tutto questo lo troviamo solo parzialmente nella proposta di riforma della Commissione”. Lo ha detto il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Mario Catania, intervenendo a Lecce, alla Conferenza economica della Cia “Far crescere l’agricoltura per far crescere l’Italia”, a margine della quale ha avuto un incontro bilaterale con il commissario Ue all’Agricoltura Dacian Ciolos.

“Gli aiuti completamente disaccoppiati - ha sottolineato Catania - sono una risposta sbagliata alle sfide che ci troviamo davanti. Certo, essere riusciti ad evitare almeno il “flat rate” è stato sicuramente positivo, ma non vogliamo una Pac che abbia questo come punto di arrivo finale, come prospettiva storica successiva. L’attuale distribuzione degli aiuti diretti si deve snodare in un lasso temporale che impedisca uno strappo repentino che avrebbe conseguenze traumatiche su molte produzioni. Detto questo, voglio comunque ringraziare il commissario europeo Dacian Ciolos per non aver avuto, in quest’ultimo periodo in cui il negoziato ha cominciato a fare importanti passi avanti, un atteggiamento dogmatico, per esempio sul “greening”. Siamo stati sin dall’inizio tra i Paesi più critici di fronte a questo aspetto della Pac per poi ritrovarci recentemente a dover difendere l’impianto del “greening” di fronte ad altri Paesi che volevano andare contro le stesse ragioni di fondo, che noi invece condividiamo. È importante - ha proseguito il Ministro - ricordare che la miglior politica ambientale è quella che cerca di mantenere gli agricoltori sul territorio. Per questo non possiamo calare sulle imprese soluzioni che hanno un costo difficilmente sostenibile, bisogna trovare misure che siano tecnicamente adeguate. L’esclusione delle piccole aziende, quelle sotto i 10 ettari, dal “greening” è senz’altro un importante passo in avanti per fare in modo che questa misura sia compatibile con le imprese. Nell’incontro che ho avuto oggi con il commissario Ciolos abbiamo discusso di questo e di altri aspetti importanti del negoziato, come ad esempio del meccanismo di gestione dello sviluppo rurale che consentirà una compensazione a livello nazionale in caso di disimpegno. Inoltre, altra questione altrettanto importante, vogliamo avere la possibilità di costituire un programma per lo sviluppo rurale a livello nazionale che possa essere impegnato su alcune questioni fondamentali che non possono trovare spazio nei programmi regionali, se non a prezzo di squilibri difficilmente sostenibili, come per esempio le assicurazioni per le crisi di mercato. L’agricoltura italiana parla con una sola voce per far difendere le proprie ragioni. Mai come oggi tutto il mondo agricolo ha avuto una visione comune sulla Pac e credo che questo messaggio sia arrivato chiaramente al commissario, il quale oggi mi ha confermato che non ci sarà una Pac che non abbia l’Italia a bordo. Credo - ha concluso Catania - che la riforma che ci troveremo ad approvare non sarà quella che l’Italia avrebbe scritto, ma che comunque sarà da noi condivisa”.

La Pac secondo il presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Ue Paolo De Castro

Più semplificazione e meno burocrazia, e poi “aiutare gli agricoltori ad essere più competitivi e più forti sul mercato e non aumentargli i costi della burocrazia e quelli per applicare la Pac. E poi più strumenti di gestione delle crisi”. Queste le caratteristiche per una Pac che sia davvero al passo coi tempi e in grado di affrontare i problemi più attuali, secondo Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo, che a margine della Conferenza economica della Cia a Lecce, ha commentato che “viviamo in un’epoca nuova, i mercati sono instabili, i prezzi volatili, non possiamo pensare di avere una Pac uguale a quella di 10-20 anni fa”.

“Oggi la Pac deve fornire strumenti di gestione dell’offerta, strumenti di garanzia - ha continuato De Castro - per la gestione collettiva delle crisi di mercato, quindi più assicurazioni, fiondi mutualistici, stoccaggi: un pacchetto di misure importanti che il Parlamento ha inserito nel documento dell’Ocm unica e che noi ci auguriamo che adesso, nel negoziato col Consiglio, verranno largamente accolti”. Sulla nuova Pac, “il Parlamento ha presentano il 18 e 19 giugno le cosiddette controproposte, oltre 700 punti di cambiamento rispetto a quelle fatte dal commissario Ciolos. Ora - ha aggiunto De Castro - inizia la battaglia, perché noi abbiamo messo sul tavolo le nostre proposte, e ora dobbiamo discutere con il Consiglio. Mi fa piacere che ieri il Ministro francese Stephane Le Foll, abbia annunciato di voler utilizzare la piattaforma del Parlamento Europeo anche come base negoziale, questo è importante anche per i tempi, altrimenti non riusciamo ad approvare la Pac entro giugno 2013 e, quindi, non ci sarà una nuova Pac dal 1 gennaio 2014 se non utilizziamo quella piattaforma negoziale”.

In evidenza - Dall’accordo “targato” Cia, Coop Italia, Legacoop agroalimentare e Cno arriva “Assieme”, l’olio extravergine d’oliva 100% italiano, dal prezzo “etico” per agricoltori e consumatori

Agricoltori, cooperative e gdo “assieme” per portare sulle tavole in autunno l’olio extravergine d’oliva tutto italiano, dal campo allo scaffale del supermercato. Un olio non solo di alta qualità, frutto di olive 100% italiane, ma un olio “etico” che garantisce una più equa ripartizione del valore aggiunto tra i diversi soggetti della filiera. L’accordo è stato annunciato alla Conferenza economica della Cia a Lecce, dove i presidenti della Cia Giuseppe Politi, del Cno-Consorzio nazionale olivicoltori Gennaro Sicolo, di Legacoop agroalimentare Giovanni Luppi e di Coop Italia Vincenzo Tassinari hanno presentato l’intesa “storica” raggiunta, la prima di questo genere nel campo dell’olivicoltura.

Messa da parte l’annosa questione dei conflitti all’interno della filiera, la cosiddetta “catena del valore” spesso sbilanciata nella suddivisione del profitto finale, Cia, Cno, Legacoop agroalimentare e Coop hanno deciso di collaborare per arrivare a un olio made in Italy: tutta italiana la materia prima, tutti italiani i luoghi di produzione e trasformazione, tutta italiana la rete di vendita e distribuzione. In questo senso, anche la scelta del marchio non è affatto casuale: l’olio sarà immesso sul mercato con l’etichetta distintiva “Assieme”, proprio a sottolineare la scelta di un percorso diretto e condiviso, di una filiera che, invece di perdersi in mille intermediari che fanno aumentare i prezzi, si accorcia fino a comprendere soltanto olivicoltori, frantoi cooperativi, grande distribuzione organizzata. Una scelta, hanno spiegato i promotori, che ha un doppio vantaggio, per i consumatori e per gli agricoltori italiani. Da una parte, infatti, le famiglie avranno la garanzia della completa tracciabilità dell’olio a partire dalla pianta, con una trasparenza totale che riguarda sia i parametri qualitativi del prodotto sia l’equità del prezzo pagato. Dall’altra, tutti i protagonisti avranno la certezza della condivisione del valore economico creato, senza squilibrio alcuno. L’accordo, infatti, ha un obiettivo assolutamente “etico”: il costo delle bottiglie che andranno nei canali di vendita Coop col marchio “Assieme” sarà il risultato di un processo fondato sul dialogo e sulla responsabilità reciproca, un prezzo congruo a sostenere le imprese coinvolte, in grado cioè di coprire le spese di produzione e quindi di generare un reddito tale da consentire di remunerare gli agricoltori in maniera adeguata. In un momento di crisi e di disoccupazione elevata come quello attuale, vuol dire salvaguardare i posti di lavoro, soprattutto al Sud, visto che circa l’80% dell’olio si produce proprio in Puglia, Calabria e Sicilia.

“Si tratta di un’intesa molto importante - ha detto il presidente della Cia Giuseppe Politi - non solo perché ci permette di valorizzare al meglio uno dei prodotti di eccellenza della nostra agricoltura, ma soprattutto perché è un’ulteriore arma di difesa contro le truffe e le sofisticazioni, che al nostro olio extravergine d’oliva causano ogni anno danni per 1,5 miliardi di euro. La presenza di grandi quantità di oli lampanti e deodorati venduti a cifre irrisorie come made in Italy è diventata un dramma per i nostri agricoltori perché determina il crollo dei prezzi delle olive, con conseguenze gravissime sui redditi degli olivicoltori. Ecco perché accordi come questo, che garantiscono la totale tracciabilità del prodotto a partire dalla materia prima, aiutano i cittadini a tutelarsi dagli inganni e proteggono i guadagni e la credibilità dell’agroalimentare italiano, conquistata nel corso degli anni proprio grazie alla qualità delle sue produzioni, come appunto l’olio”.

“D’altra parte - ha aggiunto il presidente del Cno, Gennaro Sicolo - il comparto olivicolo è di primaria importanza per l’economia del Paese. Il settore impegna più di un milione di aziende per una produzione media annua che si aggira intorno a 500.000 tonnellate, di cui il 30-40% destinato all’export. Le piante di olivo in produzione sono circa 160 milioni per un valore sui mercati di oltre 3 miliardi di euro e un consumo pro capite che in Italia raggiunge i 12-14 chili l’anno”.

“Nel mercato dell’olio Coop è leader in Italia con una quota che si avvicina al 20% e 24 milioni di litri annui venduti. In una fase difficile come quella attuale pensiamo sia compito della distribuzione svolgere un ruolo di cerniera fra chi produce e chi consuma, accorciando la filiera e dando vita a progetti concreti in grado di generare significativi benefici per i soggetti interessati - ha sottolineato Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia - noi di Coop lavoriamo in questa direzione avvantaggiati dalla nostra identità di catena distributiva italiana e, come è già successo per i vini della linea “Assieme” nati dalla collaborazione con cantine associate a Legacoop agroalimentare e con il progetto “100% Pasta Italiana” avviato con Coldiretti, abbiamo individuato nell’olio un altro prodotto basico della dieta mediterranea su cui applicare la stessa esperienza di co-imprenditorialità. Alta qualità, valore condiviso, l’olio “Assieme” arriverà sugli scaffali di Coop a partire dal prossimo autunno”.

“È la seconda iniziativa con il marchio “Assieme” che promuoviamo con i produttori e con Coop - ha concluso il presidente di Legacoop agroalimentare Giovanni Luppi - la prima, lanciata nel 2011, ha visto come protagonista il settore vitivinicolo e ha raggiunto un risultato importantissimo in termini di gradimento dei consumatori, di vendita e di remunerazione per tutti i protagonisti della filiera. Sono certo che anche per l’olio il risultato sarà più che positivo”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024