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IL LEADER DELLA GDO

Homemade, digital, safe e sostenibile il “nuovo” cibo degli italiani. Che, ora, conta quanto la casa

Parola del Rapporto Coop 2020. Nonostante la recessione, il cibo ha ritrovato centralità. Pedroni: “prevediamo di chiudere l’anno a +1% di fatturato”
COVID, RAPPORTO COOP, SPESA ALIMENTARE, Non Solo Vino
Gli italiani e il rapporto con il cibo, prima, durante e dopo Covid

La casa e il cibo: ecco le costanti degli italiani anche nel “postcovid”, che, come ancora riconoscono nelle mura domestiche la comfort zone che rassicura, dove ci si nutre (il 41% prevede di ridurre la spesa prevista nel prossimo anno alla voce ristoranti) e ci si diverte, alla spesa alimentare non rinunciano, pur nella contrazione generalizzata degli acquisti, con solo il 31% che dichiara di voler acquistare prodotti di largo consumo confezionato più economici (a fronte di una media europea del 37%, e al 50% registrato nel 2019), ed anche ad emergenza finita (18%). Di certo c’è che il Covid ha avuto l’effetto di una macchina del tempo sugli stili di vita degli italiani, tra rinunce per il Pil procapite ritornato ai livelli di metà anni Novanta, la spesa in viaggi trascinata indietro ai Settanta, consumi fuori casa arretrati di tre decenni, e, complice il lockdown, una fuga dai fornelli che si è interrotta, con gli italiani che hanno rimesso le mani in pasta e con il cook@home che continua a spiegare la forte crescita nelle vendite di ingredienti base (+28,5% su base annua, ma anche del +111% dei robot da cucina, e con i giovani che sono i più entusiasti anche grazie ai consigli del web) a fronte della contrazione dei piatti pronti (-2,2%). E il 30% dedicherà ancora più tempo alla preparazione del cibo e il 33% sperimenterà di più. 1 su 3 lo farà per “mangiare cose salutari”, ma c’è anche un 16% che lo ritiene un modo per mettersi al riparo dai contagi, e, soprattutto, una strategia per non rinunciare alla qualità e fare spending review familiare, ma con la voce “cibo” che resta comunque tutelata. Ecco la fotografia del Rapporto Coop 2020 dell’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori), sui consumi e gli stili di vita degli italiani di oggi di domani, in tempo di Covid e di fronte alla più grande recessione dal secondo Dopoguerra, in cui, però, il cibo ha ritrovato centralità, homemade, digital, safe e sostenibile.
Anche grazie allo smartworking (+770% in un anno) e all’impulso dei servizi digitali (con una crescita stimata di questo segmento di mercato di circa 3 miliardi tra 2020 e 2021), non ci allontaniamo troppo da casa, e tutti gli spostamenti diventano di corto raggio, si va meno a fare la spesa predilegendo i negozi di vicinato (15 minuti è il tempo calcolato di fruizione delle città e quindi delle botteghe) e si accorcia anche la filiera del cibo, perché per 1 italiano su 2 l’italianità e la provenienza dal proprio territorio acquistano ancora più importanza. Continua a crescere anche l’e-grocery (+132%), ma con il +25% del prezzo del carrello online rispetto a quello fisico (marzo-giugno 2020) che costituisce un deterrente. Carrello che resta sostenibile, dal punto di vista ambientale ma anche sociale (il 20% acquista di più da aziende che operano nel rispetto dei lavoratori) e green (+27% da prima del Covid), e, nella strana estate in gdo - in cui la mancanza di turismo straniero si è fatta sentire e molto - con meno bevande, gelati, frutta e verdura, per il meno caldo e la minore convivialità, e la rivincita del food confezionato ritenuto più sicuro (+2,3%), con più qualità che, non andando fuoricasa, ci concediamo tra le mura domestiche, con il gourmet che riacquista forza (+16,9%), e che vuol dire anche una buona bottiglia di vino, bollicine in testa, ma stando sempre attenti a chi propone la migliore offerta.
“Non ci siamo certo arricchiti, i dati delle vendite di marzo (con picchi anche del +20%) si sono successivamente ridimensionati, come è naturale - spiega Marco Pedroni, presidente Coop Italia - a giugno e luglio poi gli andamenti della grande distribuzione sono stati negativi, mentre ad agosto si registra una tenuta. Per la sicurezza e per il sostegno alle famiglie abbiamo fatto investimenti aggiuntivi di oltre 100 milioni in questi mesi. Come Coop prevediamo di chiudere l’anno con un leggero miglioramento del fatturato stimato in un +1% e dunque un valore superiore a 13 miliardi di euro nella sola parte retail”.
Tra lo shock della pandemia che ha rivoluzionato le nostre vite ed in attesa del concretizzarsi del Recovery Fund da parte dell’Europa (sull’altare del Covid si sono volatilizzati 12.500 miliardi di dollari di Pil mondiale in un anno, con una contrazione del Pil procapite 2020 per l’Italia del -9,5%, secondo le ultime previsioni, e che solo nel 2023, per i più pessimisti nel 2025, ritornerà ai livelli precedenti la pandemia), benchè confortati dagli ammortizzatori sociali messi in campo dal Governo, secondo il Rapporto Coop 2020 - realizzato con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gfk, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Npd, Crif eTetra Pak Italia, e con due survey denominate “Italia 2021 il Next Normal degli italiani” condotte ad agosto su un campione di 2.000 italiani over 18 e la community di opinion leader e market maker di italiani.coop - gli italiani restano i più pessimisti d’Europa, registrando il più ampio peggioramento delle proprie condizioni di vita sul 2019. Tuttavia, nonostante le ultime previsioni confermino un recupero nel 2021 solo della metà dei posti di lavoro che perderemo nel 2020, “solo” il 5% delle famiglie fino ad ora afferenti alla classe media prevede di scivolare nelle classi più basse, rispetto al 12% della crisi del 2008. D’altro canto il 38% pensa di dover far fronte nel 2021 a seri problemi economici e tra questi il 60% teme di dover intaccare i propri risparmi o di essere costretto a chiedere un aiuto economico a Governo, amici/parenti e banche. A farne le spese sono soprattutto le classi più fragili, i giovani e le donne, mentre c’è un 17% di italiani che prevede nel 2021 un miglioramento delle proprie condizioni economiche (si tratta prevalentemente di uomini dell’upper class). Ma nel 2021 si potrebbe arrivare a perdere anche 30.000 nascite e rinunciare a matrimoni, trasferimenti, acquisti di case e aperture di nuove attività, e con le disuguaglianze economiche che sempre di più viaggiano di pari passo con i disagi psichici e sociali. Ma la classe media del nostro Paese mostra una straordinaria resilienza e tra risparmi, rinvii e rinunce sembra attrezzarzi per reggere l’impatto della crisi.
Il risultato finale al netto delle retrocessioni e degli avanzamenti è la sensazione di vivere sospesi in una bolla. Costretti nel lockdown ma diffusa ancora oggi e persino domani. È la bolla digitale che crea cluster chiusi e autoreferenziali, la bolla della vita affettiva che si autodelimita (pur generando soddisfazione), gli spostamenti che diventano di corto raggio e la comfort zone della casa che rassicura. Tra le mura domestiche piuttosto che altrove ci si nutre (41% prevede di ridurre la spesa prevista nel prossimo anno alla voce ristoranti), ci si diverte (44% la quota di chi nel 2021 ridurrà la spesa per intrattenimenti vari fuori casa), si incontrano amici e familiari (o a casa propria o a casa loro).
Nella bolla si accorcia anche la filiera del cibo e per un italiano su due l’italianità e la provenienza dal proprio territorio acquistano ancora più importanza di quanta ne avessero in periodo precovid dove già godevano di ampia popolarità. E sempre per questioni di sicurezza nell’estate appena trascorsa abbiamo assistito a una vera e propria rivincita del food confezionato che cresce ad un ritmo più che doppio rispetto all’intero comparto alimentare se paragonato a un anno fa: +2,3% contro +0,5% (giugno-metà agosto 2020). Il packaging protettivo e avvolgente sembra in questo caso fare la differenza in tutti i comparti: l’ortofrutta e persino i salumi e latticini. Mentre guardando i carrelli sempre nell’estate riacquista forza il gourmet (+16.9%), l’etnico (+15,4%) e il vegan (+6,9%).
Dopo il boom del lockdown non accenna a diminuire nemmeno la corsa all’efood. A fianco dell’ecommerce puro però gli italiani sembrano voler scegliere soluzioni miste: il click&collect ad esempio passa dal 7,2% delle vendite on line del 2019 al 15,6% nella fase successiva alla pandemia. E c’è anche chi (è il 42%) ritiene comunque importante il consiglio del negoziante/addetto al banco a riprova che la parola chiave sembra essere sempre più la multicanalità. A costituire un deterrente è il caro prezzo dell’online: +25% rispetto al carrello fisico (marzo-giugno 2020). Un divario di prezzo diminuito rispetto al 2019 quando si attestava su un +35%, ma comunque tale da far sì che la spesa digitale sia un’abitudine diffusa tra le famiglie con redditi medio alti: la quota di acquirenti egrocery passa dal 39% dei ceti popolari al 53% della upper class. E sarà ancora quest’ultima a trainare la domanda nel futuro prossimo (lo dichiara il 43%).
E tra le costanti che il Covid non ha spazzato via riemerge con forza l’attenzione prestata dagli italiani ai temi della sostenibilità. Se è vero che per il 35% dei manager intervistati nella survey “Italia 2021, il Next Normal degli italiani” lo sviluppo della green economy è una delle tendenze che caratterizzeranno in positivo il postcovid, questa sorta di nazionale coscienza verde si traduce in acquisti correlati. Nel confronto internazionale non c’è gara. Il 27% degli abitanti del Bel Paese acquista prodotti sostenibili/ecofriendly di più rispetto a prima del Covid (i francesi e gli spagnoli seguono distanziati con un 18% in percentuale); il 21%, in questo caso appaiati agli spagnoli, ha aumentato gli acquisti in punti vendita che promuovono prodotti sostenibili (contro un 17% degli americani e un 15% dei tedeschi) e il 20% acquista di più da aziende che operano nel rispetto dei lavoratori. Degno di considerazione anche quell’1.700.000 di italiani che sperimenteranno gli acquisti green per la prima volta a emergenza finita.
“È indubbio che il Covid abbia cambiato i comportamenti degli italiani come il Rapporto ci racconta - sottolinea Maura Latini, ad Coop Italia - ci conforta ritrovare in questi mutamenti delle conferme su tendenze già individuate da Coop e su cui ci stiamo posizionando con forza distinguendoci anche dai competitor. La sensibilità green degli italiani in primis su cui stiamo molto investendo e che abbiamo visto riconfermata anche durante e dopo il lockdown nei nostri dati interni. Il nostro marchio di prodotti biologici Vivi Verde è il primo brand bio venduto nella grande distribuzione in Italia con oltre 150 milioni di fatturato nel 2019 e non ha cessato di crescere durante e dopo il lockdown con un trend a valore del +9%. Voglio ricordare l’impegno che ci siamo presi con i nostri soci e consumatori sia bloccando i prezzi dei nostri prodotti fino alla fine del mese di settembre e l’offerta di 10 dei nostri prodotti al prezzo di 10 euro (“Operazione Forza 10”). Operazione peraltro molto apprezzata: le 10 referenze in 3 mesi hanno registrato vendite di 9,5 milioni di euro, con quantità doppie rispetto allo scorso anno, con punte di crescita del +300% o oltre. Continueremo a lavorare in queste direzioni sia sull’offerta, potenziando l’assortimento con prodotti Coop avanzati e innovativi sul versante della qualità e della sostenibilità, convenienti ed accessibili alle fasce deboli della società. Ma ripenseremo anche i nostri punti vendita seguendo la logica delle nuove necessità mostrate dagli italiani: qui la scommessa non è offrire un servizio in più e mantenere lo status quo dell’offerta tradizionale, viceversa è rimettersi in gioco”.
“Coop fa parte con orgoglio di quella filiera agroalimentare che ha saputo reagire positivamente alla crisi del Covid e grazie all’impegno dei nostri colleghi di punto vendita ha fornito un servizio basilare alla collettività - aggiunge Pedroni - siamo in una fase in cui si riducono i consumi per le difficoltà economiche di tante famiglie, ma anche per la preoccupazione sul futuro, tanto è vero che registriamo una forte crescita del risparmio. L’alimentare è al centro dell’attenzione delle famiglie, ma anche nel nostro settore c’è la propensione ad avere un carrello più leggero. Ci preoccupa la polarizzazione sociale per l’ingiustizia che cresce e per i suoi effetti sui consumi evidenziata anche nel Rapporto. Il rischio che la pandemia spinga verso soluzioni semplificate e meno sostenibili è reale, anche nei consumi di una parte delle famiglie. Confermiamo la nostra strategia che punta a prodotti buoni e sostenibili accessibili a tutti, non solo alle fasce che stanno meglio. In questa fase si mescolano incertezza sul futuro e speranze nuove; la ripresa della domanda interna e dei consumi è fondamentale, non basta l’export. Crediamo che le istituzioni e il Governo, sulla spinta anche delle risorse Ue, debbano essere protagoniste di uno straordinario piano di rilancio. Un piano che favorisca gli investimenti privati e pubblici per ammodernare il Paese, che defiscalizzi il lavoro, che sia di sostegno alla svolta “green”. Per quanto ci riguarda più direttamente crediamo che sarebbe importante una fiscalità e un sostegno alle produzioni e ai consumi verdi. Invece della plastic-tax che è un errore, azzeriamo l’Iva su chi usa plastica riciclata o per chi adotta soluzioni a basse emissioni”.

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