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VINO & EVENTI

I grandi rossi delle Langhe, della Valpolicella e della Toscana aprono il 2024 delle “Anteprime”

Al via con “Grandi Langhe” (29-30 gennaio, Torino), poi “Amarone Opera Prima” (3-4 febbraio, Verona) e “Anteprime di Toscana” (14-19 febbraio)
ALTRA TOSCANA, AMARONE, AMARONE OPERA PRIMA, BAROLO, CHIANTI, CHIANTI CLASSICO, CHIANTI CLASSICO COLLECTION, CHIANTI LOVERS, GRANDI LANGHE, ROSSO MORELLINO, TOSCANA, VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO, Italia
Barolo, con il suo calice ad hoc by Italesse, apre le anteprime 2024 (ph: Federica Boffa)

In un contesto di mercato che vede le tre Regioni più importanti del vino italiano, in termini di blasone e valore, soffrire un po’ il contesto economico e geopolitico mondiale (nei primi 9 mesi 2023 le esportazioni del Veneto toccano i 2 miliardi di euro, a -1,9% sul 2022, quelle del Piemonte gli 877 milioni di euro, a -6%, e la Toscana si ferma a 852 milioni di euro, con un -7,5%), i grandi territori rossisti che ne sono pilastri, guardano al rilancio, a partire dalle loro “Anteprime” nei territori, con il vino nel calice e tanti temi da affrontare. Le Langhe di Barolo e Barbaresco, per esempio, metteranno al centro il tema del valore dei vigneti, che hanno raggiunto quotazioni elevatissime; la Valpolicella il cambiamento stilistico in atto, verso vini più leggeri, eleganti e contemporanei; la Toscana la classicità delle sue denominazioni più blasonate e celebri, mescolata alla dinamicità di territori più piccoli, meno famosi ma con la voglia di affermarsi nel mondo.
A dare il via, dunque, sarà Grandi Langhe”, edizione n. 8 dell’evento, promosso dal Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e il Consorzio di tutela Roero, in calendario lunedì 29 e martedì 30 gennaio, con ben 300 cantine (la quasi totalità di quelle associate al Consorzio) di Langhe e Roero, che presenteranno le proprie etichette, ee una novità: il grande banco d’assaggio del Consorzio Alta Langa, in un primo approccio di promozione comune tra i grandi rossi e il grande metodo classico Piemonte, tutti insieme alla “Officine Grandi Riparazioni” (Ogr) di Torino. Oltre ai vini nel calice, che saranno assaggiati anche da tanti buyer stranieri, importantissimi visto che l’80% del Barolo ed il 62% del Barbaresco, ma anche il 55% del Langhe Doc, finiscono all’estero (con Usa, Canada e Germania in testa, senza dimenticare Uk e Scandinavia, come riportano i dati del Consorzio di Barolo e di Barbaresco), sul tavolo ci saranno temi importante. In apertura, il 29 gennaio, infatti, ci sarà anche “Changes” n. 3, un momento di dibattito e confronto sui grandi temi legati al mondo del vino e della sua produzione. Il tema è “Langhe (not) for sale”, sviluppato attraverso la presentazione della ricerca svolta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e che ha coinvolto più di 200 cantine delle Langhe, proprio per approfondire il tema del cambio generazionale e l’interesse di capitali stranieri nei confronti di queste zone, dove il valore dei vigneti è diventato quasi proibitivo per chi vuole investire, con valori che toccano anche i 2 milioni di euro ad ettaro, e arrivano anche a sfiorare i 4 nei Cru più prestigiosi, in un terra in cui, comunque, tante realtà del vino italiano ed internazionale, ma anche della finanza e di altri settori, cercano occasioni per investire. Sullo sfondo, anche il dibattito sulle proposte di modifica al disciplinare del Barolo presentate dal Consorzio, dall’imbottigliamento consentito solo in zona, alla possibilità di ripiantare ettari a Barolo, a impianti comunque bloccati (2.258 gli ettari rivendicati, con un piccolo margine di 22 ettari all'anno da poter impiantare ex novo), nei versanti esposti a Nord della denominazione, fino ad ora esclusi, perchè ritenuti non idonei per la qualità del grande rosso piemontese, in un quadro che, però, sta mutando a causa del cambiamento climatico.
Dalle Langhe alla Valpolicella, però, il passo è breve. Ed il 3 e 4 febbraio, a Verona, con vista sull’Arena dal Palazzo della Gran Guardia, toccherà ad Amarone Opera Prima”, evento firmato dal Consorzio di tutela dei Vini della Valpolicella che riunisce 2.400 tra viticoltori, vinificatori e imbottigliatori, per oltre 8.500 ettari di vigneto e un giro d’affari legato al vino che, complessivamente, è superiore ai 600 milioni di euro, interamente dedicato al prodotto di punta della denominazione Valpolicella, l’Amarone (nei calici l’annata 2019 di oltre 70 cantine). Che guarda al futuro, con qualche apprensione e con grande attenzione, ma anche con moderato ottimismo, come spiega il presidente del Consorzio, Christian Marchesini: “il trend di contrazione dei consumi lo subiamo anche noi, è innegabile. Però, è altrettanto vero che, soprattutto sull’Amarone, il prezzo tiene e rimane molto elevato rispetto qualche anno fa, siamo tra gli 11 ed i 13 euro al litro per lo sfuso. E questo perchè le nostre aziende hanno buona situazione finanziaria, capacità di stoccaggio e le giacenze sono basse. Inoltre è da sottolineare che mentre la tipologia Ripasso tiene, guardando al Valpolicella, in due anni l’incidenza della tipologia Superiore è passata dal 22% al 29% del totale, segno che produttori e mercato si stanno orientando sempre più su prodotti di maggiore qualità e valore”. A fare da prologo all’evento, il 2 febbraio, due masterclass (riservate alla stampa di settore nazionale ed estera, solo su invito): “Amarone, the next big thing in wine collecting?”, guidata da JC Viens, italian wine expert (ore 11) e “Amarone: the new wave”, condotta da Filippo Bartolotta, wine expert e storyteller (ore 14). Poi si entra entra nel vivo il 3 febbraio, con l’avvio ufficiale che prevede in apertura (ore 11), il talk “Clima, produzione e mercati: la Valpolicella alla prova del cambiamento”. A riflettere senza tabù su un combinato disposto di forte attualità, e che vede il Consorzio dei Vini della Valpolicella fare da apripista a un confronto che coinvolge tutto il settore, saranno il presidente Christian Marchesini; Andrea Lonardi, vicepresidente del Consorzio e Master of Wine; Carlo Flamini, responsabile Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini (uiv) e Maurizio Ugliano, professore ordinario di Enologia dell’Università di Verona. A seguire poi “Amarone Opera Prima: sipario con Vittorio Grigolo”: un vis-à- vis con uno dei più giovani e talentuosi tenori del panorama lirico mondiale e, dal 2013, anno del suo debutto in Arena, protagonista del Festival lirico della città scaligera; quindi, alle ore 12.30 (fino alle ore 19), i settanta produttori della Valpolicella apriranno i banchi di assaggio agli “Amarone lover”. L’evento, il 4 febbraio, è tutto dedicato al pubblico (dalle ore 10 alle ore 17, ingresso a pagamento) e si chiuderà con il party “Winenot X Amarone Opera Prima” promosso in collaborazione con l’associazione Winenot e il Gruppo Giovani del Consorzio Vini della Valpolicella (dalle ore 18 alle 23).
Salutata Verona, poi, il “circus delle degustazioni” si sposta in Toscana, in una settimana delle “Anteprime” che - senza “Buy Wine”, slittato eccezionalmente il 10 aprile per questioni organizzative legate all’alluvione che ha colpito Firenze e Prato nei mesi scorsi (ma tornerà nelle date canoniche già da febbraio 2025), senza “Benvenuto Brunello” ormai ricollocato a novembre, e senza la Vernaccia di San Gimignano, che ha che ha deciso di spostarsi in solitaria a maggio, e Bolgheri, che, come ha sempre fatto, fa il suo percorso con “Bolgheri divino”, tra fine agosto ed inizio settembre - inizierà nel giorno di San Valentino, il 14 febbraio, a Firenze, la giornata di apertura organizzata da Regione Toscana e Camera di Commercio di Firenze. La “culla del Rinascimento” ospiterà anche nei giorni 15 e 16 febbraio “Chianti Classico Collection”, occasione per scoprire le nuove annate del Gallo Nero, mentre il 17 febbraio di scena Montepulciano, la “perla” del Rinascimento, con l’Anteprima del Vino Nobile, nella giornata riservata ai media (mentre dal 10 a 12 febbraio toccherà a winelovers ed addetti ai lavori, ndr). Il 18 febbraio si torna, invece, a Firenze con “Chianti Lovers & Rosso Morellino”, giornata che vedrà ancora una volta insieme il Consorzio Vino Chianti e il Consorzio Morellino di Scansano Docg, mentre il 19 febbraio, sempre a Firenze, “L’Altra Toscana 2024” n. 3, che chiuderà la “Settimana delle Anteprime” e che, per la prima volta, includerà anche i vini del recente Consorzio Vino Igt Toscana, che abbraccia il ricco universo delle Igt. Consorzio che sarà protagonista di una giornata che l’anno scorso riunì la compagine dei vini delle 12 Dop e Igp e, quindi, Carmignano, Chianti Rufina, Colline Lucchesi, Cortona, Maremma Toscana, Montecucco, Orcia, Suvereto e Val di Cornia, Terre di Casole, Terre di Pisa, Toscana e Valdarno di Sopra, a cui si aggiungono, appunto, Igt Toscana e Grance Senesi Doc. Un “tourbillon” di eventi che arriva in coda ad un anno non proprio brillante, per il vino di Toscana, almeno a guardare i dati sugli ettolitri di vino immessi sul mercato di Avito, associazione che riunisce tutti i Consorzi del vino della Regione.
L’Igt Toscana è a -6,7%, per 675.779 ettolitri, il Chianti, che è la denominazione più grande della Toscana, fa -7%, a 573.254 ettolitri, mentre il Chianti Classico, con i suoi 242.121 ettolitri imbottigliati nel 2023, è in calo del -11,1%. A Montalcino, se il Brunello è quasi sui livelli del 2022, con un -1,4%, a 72.418 ettolitri, a soffrire è il Rosso di Montalcino, a -15,4%, per 29.700 ettolitri. Forbice più ridotta, invece, quella tra le due denominazioni di Montepulciano: il Vino Nobile si è fermato a 51.672 ettolitri (-3,8%), il Rosso di Montepulciano a 19.506 (-6,2%). Notevole la diminuzione a Bolgheri, che segna -11,5%, a 50.474 ettolitri, e calo significativo anche per il Morellino di Scansano, a -7,1%, per 56.478 ettolitri di vino finito sul mercato. Ad essere sostanzialmente in linea con il dato 2022, invece, è la Vernaccia di San Gimignano, a -0,7% per 34.579 ettolitri, mentre l’unico dato positivo, tra le denominazioni più grandi in volume, è quello della Maremma, a +1,5%, per 51.709 ettolitri. Tra i piccoli, invece, le performance sono molto diverse: il Montecucco, per esempio, che fa da “cuscinetto” tra Montalcino e la Maremma, vede un crollo percentuale del -37,8%, a 5.000 ettolitri di vino imbottigliato nel 2023, mentre la microscopia denominazione del Valdarno di Sopra cresce del 38,5%, per 1.042 ettolitri di vino finito in bottiglia. Tocca quota 2.111 ettolitri, invece, la Doc Orcia, a +3,9%, mentre arriva a 3.892 la Doc Pomino, con una crescita del +12,7%. Pochi “segni +”, dunque, e peraltro in denominazioni piccole per volumi, che non compensano l’andamento generale, tanto che, a fine 2023, il “venduto” complessivo del Granducato, per il vino denominazione si è fermato a 1,86 milioni di ettolitri, il dato più basso dal 2018. Numeri che si spiegano apparentemente bene se si considerano, grossolanamente, il susseguirsi di vendemmie non troppo generose (e la 2023 non ha fatto eccezione), un rallentamento generale delle economie del mondo e dei consumi di vino, ed in particolare di vino rosso, che resta il tratto dominante e distintivo della Toscana enoica. Ma che fanno, comunque, riflettere su quanto ci sia da lavorare per invertire la rotta.

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