La crisi di mercato che affligge il mondo del vino - spiega il professor Attilio Scienza, ordinario di viticoltura allUniversità Statale di Milano - si riverbera inevitabilmente su tutto il comparto, media compresi, offrendo però anche unopportunità positiva alla macchina comunicativa di questo settore: stimolare unautocritica e parlare degli argomenti appena accennati o non trattati affatto, quando labbondanza dei soldi a disposizione permetteva un funzionamento acritico della comunicazione sul vino. Così, dopo anni di euforia e di autoreferenziale celebrazione, anche la comunicazione del mondo del vino dovrebbe apprestarsi a fare il proprio auto da fe rispetto ai suoi limiti e alle sue negligenze.
In un momento come questo, la comunicazione è un elemento fondamentale per risollevare le sorti del vino. Il mondo del vino va aiutato adesso e molto di questo aiuto passa da una buona comunicazione. Ma i comunicatori del vino sono incapaci di innalzare il proprio livello qualitativo - continua il professor Scienza - perché sono poco competenti e sprovvisti di un background culturale o di una formazione ad hoc. Chi fa comunicazione del vino è di solito un appassionato che si scopre improvvisamente scrittore. Al massimo descrive dei fatti, in modo del tutto elementare, senza mai dare a quei fatti un contenuto ed un senso - prosegue Scienza - generando, allo stesso tempo, confusioni terminologiche, non distinguendo neppure tra aggettivi come classico, tipico e tradizionale, indiscriminatamente usati come se avessero lo stesso significato. In quelle parole, scritte o parlate, è assente qualunque ermeneutica della comunicazione.
In effetti, il messaggio che il mondo del vino attualmente dà di se stesso sembra essere immutabile: un messaggio che non riesce più a persuadere, perché descrive ormai una realtà che è stata e che non è più. La comunicazione del mondo del vino è assolutamente uguale a se stessa - incalza il professor Scienza - è, tuttora, basata su inattuali prassi, concentrate soltanto sullelogio del mondo del vino. Non basta soltanto parlare banalmente di vino. Ma chi comunica è senza idee e preferisce usare le parole dordine degli altri settori merceologici, mentre per il vino il discorso deve essere diverso. Il vino ha bisogno di cultura per essere comunicato - continua Scienza - e di un pizzico di elitarismo, che passa, appunto, dal suo essere un prodotto oltre che della terra, della cultura.
Da parte del consumatore medio, in balìa di mille etichette e di denominazioni provenienti da tutte le parti del globo, cè lesigenza di poter usufruire di una comunicazione in grado di guidarlo nelle sue scelte e, per questo, deve essere eminentemente chiara, seria e soprattutto onesta. Nel mondo del vino - spiega il professor Scienza - vige, invece, pressoché incontrastata, una confusione dolosa fra chi comunica e chi promuove, sempre più evidente anche agli occhi del consumatore medio, che desidererebbe, specialmente adesso, chiarezza e pulizia. Molti comunicatori del mondo del vino sono sottopagati e si arrangiano come possono, facendo promozione occulta. Questo fatto, oltre a rappresentare un qualcosa di assai discutibile dal punto di vista etico-professionale, innesca una progressiva perdita di credibilità per un intero settore rispetto ad un pubblico che finisce col sentirsi semplicemente ingannato. Cè, insomma, una sostanziale confusione di ruoli fra la comunicazione e la promozione - prosegue Scienza - ma quel che è grave è che questa situazione non riguarda soltanto il caso dei comunicatori sottopagati: la stampa del mondo del vino presenta più di qualche analogia con quella sportiva del calcio, in cui la maggior parte dei giornalisti è pagata dalle stesse società perché ne parli bene. Speriamo che la crisi - conclude Scienza - ripulisca il settore da queste incrostazioni.
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