Oltre 12,1 milioni di donne bevono vino, ossia il 46,7% delle donne italiane, con un incremento percentuale nel periodo 2014-2021 del 15,5% a fronte del +2,9% degli uomini, tra cui la quota di chi consuma vino è ancora nettamente più elevata (pari al 70,7%). È evidente che la quota di consumatrici di vino sta crescendo a ritmi nettamente più intensi. È in atto una lenta ma continua evoluzione nel rapporto di genere con il vino, con un numero crescente di donne che nel tempo sta scoprendo il valore intrinseco e sociale con il vino stesso, come emerge dallo studio “Il Consumo di Vino al Femminile” curato dall’Osservatorio sul Mondo Agricolo Enpaia-Censis, presentato oggi a “Vinitaly 2023”.
In termini di quote di mercato per genere, le donne sono passate dal 38,7% del totale dei consumatori di vino nel 2014 al 41,5% nel 2021, espandendo la propria rilevanza rispetto a quella degli uomini che invece è scesa dal 61,3% al 58,5%. Sarà, di certo, una sfida importante nel prossimo futuro per gli operatori del settore quella di individuare lo specifico femminile nel rapporto con il vino, enucleandone il significato in termini di ripensamento delle strategie aziendali di produzione, vendita e marketing per rispondere alle esigenze delle consumatrici. Il rapporto con il vino nelle donne rinvia presumibilmente a modificazioni più generali dello stile di vita, che coinvolge sia la sfera alimentare sia quella più ampia dei modelli di relazionalità visto che notoriamente il vino è componente significativa della fruizione del tempo libero, in casa e nei luoghi del fuori casa.
Il trend di medio-lungo periodo di crescita della quota di consumatrici di vino non è stato bloccato nemmeno dalle chiusure e restrizioni dovute al Covid- 19, poiché nel 2020 si è registrata una sostanziale stabilità dal numero di donne che beve vino, mentre nell’anno successivo la quota è tornata ad aumentare. Analoga è stata la dinamica per gli uomini. Le quote di consumatrici per classe di età segnalano che a bere vino sono il 46,1% delle donne con età compresa tra 18 e 34 anni, il 49,1% tra i 35 e 54 anni, il 47,8% tra i 55 e 64 anni e il 43,8% tra le donne con almeno 65 anni. Il campo di oscillazione delle quote di consumatrici di vino per classi di età è, come si rileva, piuttosto ristretto, mentre il divario tra le quote di consumatori e consumatrici tende ad aumentare nel passaggio verso classi di età più elevate.
Dai dati si rileva che tra i 18-34enni il divario tra quota consumatori e quota consumatrici è pari a 14,2%, tra i 35-54 anni a 22%, tra i 54-65enni a 28,1% e tra gli anziani a 31,9%. Dati che evidenziano come il passaggio generazionale sia connotato da una riarticolazione dei modelli di consumo e degli stili di vita che contempla anche una più alta propensione femminile a bere vino. Negli stili di vita delle generazioni più giovani è in via di rimozione quella sorta di tabù che riservava il consumo di vino più agli uomini che alle donne, non tanto e non solo per le proprietà intrinseche del prodotto, ma perché il suo consumo rinviava, e rinvia, ad abitudini quotidiane relative sia alla relazionalità che alla frequentazione di determinati luoghi del fuori casa. Non è una forzatura rilevare che il più diffuso consumo femminile di vino è anche esito di una evoluzione più generale dei costumi, con la rottura di tabù, vincoli, limiti, spesso non espliciti che riguardavano la libertà di scelta nel quotidiano da parte delle donne: dall’accesso a determinati prodotti alla frequentazione di determinati luoghi.
In termini di preferenze, il 40,6% delle donne preferisce i vini frizzanti, il 40,1% i rossi fermi, il 30,2% i bianchi fermi, il 29,3% gli spumanti e il 19,2% i rosati, il 12,9% i passiti e liquorosi e l’11,3% gli Champagne. La graduatoria delle preferenze femminili si distingue da quella maschile poiché le donne, più degli uomini, indicano la propria preferenza per i frizzanti (40,6% di contro al 35,8%), i rosati (19,2% le donne, 11,2% gli uomini) ed i passiti e liquorosi (12,9% le donne, 11,6% gli uomini). Gli uomini poi, molto più delle donne, concentrano le proprie preferenze sui rossi fermi (il 56,1% dei maschi li preferisce rispetto al 40,1% delle femmine) e sui bianchi fermi (34,3% gli uomini, 30,2% le donne) . Analoghe le quote per maschi e femmine relativamente al gradimento di spumanti (29,3% le donne, 27,1% gli uomini), champagne (11,3% le donne, 11,1% gli uomini) e vini biologici (8,1% le donne, 8,4% gli uomini). Le graduatorie per genere, quindi, mostrano diversità significative, da intendersi come indicazioni importanti per gli operatori, chiamati a misurarsi ora e in futuro con l’onda rosa nel mercato dei vini.
Anche l’analisi delle preferenze per età e per genere consente di enucleare indicazioni interessanti, poiché tra le giovani spicca la preferenza molto più alta rispetto alla media relativa al totale delle donne per i vini rosati (29,2% contro il 19,3%), gli Champagne (17,3%, 11%) e gli spumanti (32,6% contro il 29,5%). Rispetto ai coetanei uomini emerge la preferenza delle giovani donne per i rosati (29,2%, 17,8%) e per i frizzanti (41,8%, 38,5%) e una preferenza nettamente inferiore per rossi fermi (36,2% giovani donne, 45,1% giovani uomini) e bianchi fermi (32,4%, 38,1%). Tra le donne adulte c’è una preferenza, rispetto alla media del totale, per rossi fermi (42,1%, 39%) e frizzanti (42,8%, 40,5%). Rispetto agli uomini della stessa classe di età si distinguono perché preferiscono di più rosati (19,6% donne, 10,1% uomini) e frizzanti (42,8%, 39,7%), e sono molto meno amanti dei rossi fermi (42,1%, 60,8%). Le donne anziane, invece, non mostrano predilezioni particolari tra le varie tipologie di vino, semmai un’attrazione meno alta rispetto alle altre donne per i rosati e i frizzanti. Rispetto agli uomini anziani, invece, le donne con almeno 65 anni mostrano una maggiore preferenza per frizzanti (33,6% donne, 25% uomini), spumanti (22,2%, 14,6%), champagne (10%, 5,7%) e anche rosati (8,5%, 7,2%).
Focus - Consumo Responsabile
Gli eccessi nel consumo di vino sono appannaggio di quote minoritarie di persone e, in particolare, coinvolgono meno dell’1% delle donne, quota peraltro rimasta sostanzialmente stabile nel periodo 2014-2021. Ad oggi l’ampliarsi del bacino di consumatrici di vino è marcato dalla prevalenza preponderante di modelli di consumo responsabili, maturi, improntati a un controllo delle quantità. Peraltro, la quota di persone che ne beve oltre mezzo litro al giorno è nettamente più bassa tra le donne giovani (0,5%) rispetto alle 35-54enni (0,9%), alle 55-64enni (0,9%) e alle donne di 65 anni e più (1,2%). Poiché tra le prime è più intenso il ritmo di crescita del bacino di consumatrici, è evidente che il rapporto sregolato fatto di eccessi, rischi di insorgenza di patologie e potenziali costi sociali di vario tipo non marca e non è destinato a marcare il core del rapporto tra donne e vino.
L’allarmismo che attacca il vino e non gli eventuali eccessi trasforma comportamenti minoritari e marginali, nel mainstream delle modalità di fruizione, con conseguenze negative che penalizzano un’intera filiera senza, al contempo, generare effetti sulle minoranze di consumatori che praticano gli eccessi. Le etichette allarmiste come ipotizzate nel caso irlandese, quindi, sono doppiamente errate, in quanto demonizzano un prodotto, il vino, la cui fruizione responsabile non è certo dannosa, supportando una comunicazione inefficace per intervenire sulle minoranze che eventualmente praticano gli eccessi.
Il 50,1% delle donne pratica un consumo ad alta responsabilità poiché limita le quantità, ed esplicitamente associa la fruizione del buon vino all’assenza di eccessi, e nella scelta di cosa bere è orientata alla qualità piuttosto che alla quantità. Ecco quanto emerge dai dati dell’indicatore sintetico di consumo altamente responsabile costruito a partire da singoli comportamenti, che possono essere considerati come altrettanti segnalatori di consumo responsabile.
La metà delle donne che beve vino ha già elaborato un codice di consumo orientato consapevolmente alla responsabilità, il che significa che a contare è la qualità più che la quantità tanto che, qualora ci fosse un differenziale di prezzo tra due vini, verrebbe preferito quello a prezzo più alto, associato però a una qualità più alta piuttosto che quello a prezzo più basso, che consente l’accesso a quantità maggiori. Il consumo ad alta responsabilità nelle modalità indicate coinvolge il 46% degli uomini: la più intensa espansione del consumo di vino tra le donne è associata anche alla diffusione di modelli di fruizione responsabili. Inoltre, come rilevato, la responsabilità è strettamente intrecciata alla qualità, poiché oltre il 58% delle donne nel valutare la qualità di un vino dichiara di preferire e optare per vini italiani, per quelli Dop e Igp o, anche, per i vini biologici o provenienti da aziende agricole conosciute per l’attenzione alla sostenibilità. L’attenzione alla qualità stimola anche la ricerca di indicatori in grado di garantirla e certificarla.
Gli indicatori sintetici costruiti, relativi all’elevata responsabilità e alla qualità dei modelli di consumo delle donne, sono la conferma più solida che nei prossimi anni l’incremento della componente femminile nel mercato richiederà agli operatori del settore e a tutta la filiera investimenti per rispondere ad aspettative più alte, evolute, presumibilmente informate o in cerca di notizie appropriate per accedere a vini di qualità, prodotti e distribuiti secondo canoni di sostenibilità.
Il 90,3% delle donne è convinto che sia possibile educare le persone al consumo moderato, maturo e responsabile di vino e alcolici in genere. È un’opinione largamente condivisa anche dai maschi (87,9%) e nettamente maggioritaria in ogni classe di età, per le donne come per gli uomini. Condivide tale opinione l’81,9% delle 18-34enni, il 91,8% delle 35-64enni e il 94% delle donne con almeno 65 anni. Vino e in generale alcolici non sono sinonimi di eccesso, si può e si deve costruire una cultura del vino, fatta di moderazione, responsabilità e anche di primato della qualità sulla quantità.
Inoltre, l’81,7% delle donne e l’84,7% degli uomini sono convinti che un consumo moderato di alcol non faccia male. Il vino di per sé non fa male alla salute, l’importante è restare nell’alveo di un consumo moderato, che non minaccia la salute delle persone. Il punto di vista prevalente tra le donne sul consumo di vino è ben distante dagli estremismi di chi lo legge sempre e solo come origine di eccessi e, di conseguenza, come minaccia significativa alla buona salute. Diventa decisivo, quindi, mettere in campo modalità incisive, diffuse, di educazione al consumo responsabile, promuovere una cultura del vino che aiuti le persone ad apprezzarne le qualità, a riconoscerlo e a modularne le tipologie di prodotto in relazione, ad esempio, ai cibi, alle occasioni, ai contesti territoriali.
Attualmente il 13,1% delle donne si autodefinisce intenditore di vini, perché ritiene di essere in grado di distinguerli, scegliere, valutarli ed eventualmente consigliare gli altri: l’autodefinizione è fatta propria dal 17,9% delle 18-34enni, dal 15,2% delle 35-64enni e dal 6,8% delle donne con almeno 65 anni. Tra i maschi le quote corrispondenti sono il 28% del totale, e poi rispettivamente per le tre classi di età sono: il 23,1%, il 31,7% e il 24,4%. È evidente che esiste un numero ampio e crescente di donne che si stanno avvicinando al consumo di vino, lo apprezzano e presumibilmente sono pronte a recepire un’informazione puntuale, efficace, che consenta loro di migliorare la qualità del proprio consumo. Del resto, ben il 74,8% delle donne considera il vino, insieme al cibo, componente irrinunciabile della convivialità all’italiana: opinione condivisa da oltre due terzi degli uomini e che è fatta propria dal 66,7% delle donne più giovani, dal 73,1% delle 35-64enni e dall’82,3% delle donne con 65 anni e più.
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