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IL BRUNELLO VOLA ALTO SULLA CRISI: I MERCATI CONFERMANO LA GRANDE PASSIONE PER IL FAMOSO “ROSSO” DI MONTALCINO. IL DEBUTTO DEL NUOVO BRUNELLO 2003 IL 22 E 23 FEBBRAIO … MA C’E’ CHI PUNTA ANCHE SULLA RISERVA 2002: E’ IL CASO DELLA TENUTA COL D’ORCIA

Italia
Nessuna crisi per le grandi firme di Montalcino

Vola alto sulla crisi il Brunello di Montalcino: il 2007 vede crescere la domanda dei mercati internazionali, che, smentendo ogni previsione, confermano la grande passione per un vino ormai diventato uno dei simboli del “made in Italy”. E’ l’export che trascina insomma il mercato del “re del Sangiovese”: del tutto in controtendenza con la negativa congiuntura italiana ed internazionale del settore, cresce in maniera esponenziale la richiesta dagli Stati Uniti, vero e proprio mercato di riferimento, che assorbe oltre il 25% della produzione.
Quello appena terminato doveva essere l’anno della crisi economica ma le performance del Brunello non hanno registrato nessuna battuta d’arresto: i produttori, nonostante dovessero fare i conti con un’annata particolare come il 2002, hanno registrato un bilancio positivo. Non tutte le aziende avevano messo in produzione il Brunello 2002, scelta piuttosto difficile ma motivata dal negativo giudizio sull’annata attribuito dal rating del Consorzio di tutela (due stelle su cinque). Il giro d’affari del distretto del vino di Montalcino si attesta così su circa 120 milioni di euro, il 16% in meno della media annuale: un dato essenzialmente positivo se si considera il numero esiguo di bottiglie di Brunello prodotte, solo 3 milioni e mezzo, di fronte ad una media annua di oltre 7 milioni.
“Nonostante l’annata non fosse delle migliori - commenta Francesco Marone Cinzano, presidente del Consorzio del Brunello - il fatto che si sia registrato il tutto esaurito significa essenzialmente che il mondo si fida del brand Brunello di Montalcino. Si può dire tranquillamente che il Brunello 2002, sia andato letteralmente a ruba insieme alla grande Riserva 2001, che non ha fatto altro che rispettare le attese del mercato”.
L’export, dunque, trascina il mercato del “re del Sangiovese”: del tutto in controtendenza con le congiunture nazionali e non, cresce in maniera esponenziale la richiesta dagli Stati Uniti, vero e proprio mercato di riferimento che assorbe oltre il 25% della produzione. Non sembra spaventare gli americani nemmeno l’euro che diventa ogni giorno più forte: anche le previsioni sul 2008 promettono performance da record come confermano i dati che arrivano dall’Ufficio Ice (Istituto per il Commercio con l’Estero) di New York secondo il quale l’export generale del vino italiano verso gli Stati Uniti potrebbe segnare volumi mai registrati prima, per un valore di 1,3 miliardi di dollari, superando di gran lunga quello dei vini francesi. Il Brunello registra valori positivi anche nelle esportazioni verso altri mercati: stabili la Germania (9%), la Svizzera (7%), il Canada (5%), l'Inghilterra e il Giappone (3%); nettamente in crescita Brasile, Nord ed Est Europa con Svezia, Norvegia, Russia e Polonia in testa. Mercati emergenti ma potenzialmente interessanti si rivelano quelli dell'estremo Oriente: Paesi come Cina, India e Corea solo negli ultimi due anni hanno raddoppiato la domanda.
Quel che non vola all’estero è, invece, tutto dedicato al mercato interno per la gioia degli enoappassionati italiani. Montalcino da solo assorbe il 17% della produzione (di cui l’8% con vendita diretta in azienda), il resto della Toscana il 7%, il 6% va nel resto del Centro Italia, l’8% nel Nord Italia, mente nel Sud Italia solo l’1%. Oltre a sua maestà il Brunello la produzione di vini di Montalcino annovera il Rosso di Montalcino Doc (4,6 milioni di bottiglie), il Moscadello Doc (92.000 bottiglie), i vini bianchi e rossi della Doc Sant’Antimo (500.000 bottiglie), i “Supertuscans” (500.000 bottiglie) e i vini Igt (3 milioni di bottiglie). Dalle vinacce di Brunello si producono inoltre 250 mila bottiglie di grappa. Dal 1967 a oggi la percentuale di valorizzazione di un ettaro coltivato a Brunello è +2.153%. La quotazione di un ettaro di vigneto di Brunello di Montalcino, secondo un’indagine sul mercato fondiario effettuata dall’Istituto Nazionale d’Economia Agraria (Inea), si attesta oggi sui 350.000 euro (ma talvolta i valori reali salgono anche a 4/500.000 euro), uno dei valori più alti in assoluto e tra i leader nei fondi vitivinicoli, mentre nel 1967, anno della costituzione del Consorzio del Brunello un ettaro di terreno vitato e/o vitabile (fabbricati annessi) valeva 1,8 milioni di lire, pari a 15.537,15 euro (cifra ottenuta con il calcolo dei coefficienti Istat per l’attualizzazione dei valori al 2006).
In tutto il territorio operano complessivamente 250 produttori, di cui 200 imbottigliatori; il 100% dei produttori - unico caso in Italia - sono iscritti al Consorzio del Brunello, l’organo di tutela e di controllo del vino di Montalcino. Complessivamente, su 3.500 ettari di vigneto, ben 2000 sono iscritti all’Albo del Brunello; in termini di superfici vitate, la dimensione delle aziende è per il 22% inferiore ad un ettaro, per il 29% compresa tra 1 e 3 ettari, il 15% tra 3 e 5 ettari, un altro 15% tra 5 e 15 ettari, il 9% si colloca tra 15 e 100 ettari, mentre solo l’1% delle aziende è sopra i 100 ettari di vigneto; il 9% sono imprese esclusivamente commerciali.

Il caso - Una bottiglia speciale per un’annata speciale … La Tenuta Col d’Orcia debutta con il Brunello di Montalcino Riserva 2002 e va controcorrente sulla critica enologica più autorevole
La Tenuta Col d’Orcia, una delle aziende storiche di Montalcino di proprietà del conte Francesco Marone Cinzano, per “Benvenuto Brunello” (22/23 febbraio), debutta con il Brunello Riserva 2002: si tratta, evidentemente, di una bottiglia speciale: in primo luogo perché è la prima “Riserva” dell’azienda di Montalcino che non riporta in etichetta il nome del vigneto “Poggio al Vento” e, poi, perché contiene un vino di un millesimo, il 2002, particolarmente controverso dalla critica enologica più accreditata.
Il giudizio su questa annata è, infatti, unanimemente molto chiaro: si tratta forse del millesimo peggiore per l’enologia italiana negli ultimi quindici anni. Ma a ben guardare si tratta di un giudizio perentorio che potrebbe essere valutato con un po’ più di serenità e di sano distacco. Eppure, la stessa critica enologica ha ampiamente illustrato che le aziende vitivinicole del Bel Paese possiedono mezzi e tecniche per fronteggiare annate disastrose come quella in questione.
E’ decisamente il caso del Brunello di Montalcino Riserva della Tenuta Col d’Orcia, ottenuto dal Sangiovese, selezionato sulle colline di S.Angelo in Colle, in particolare quello del vigneto “Poggio al Vento”, che ha fornito un’espressione ottimale, meritando la classificazione come “Riserva”. Una rigorosa selezione grappolo a grappolo, che ha portato ad una produzione complessiva di appena 15.000 bottiglie. Merito anche di una zona di produzione particolarmente vocata (versante sud di Montalcino), dove l’incidenza delle precipitazioni è stata meno forte che da altre parti. “La storia della Tenuta Col d’Orcia conosce come ogni singola epoca vendemmiale sia considerata come un irripetibile contesto - spiega il conte Francesco Marone Cinzano - che coinvolge ogni anno lo specifico terroir, l’andamento stagionale e il produttore. La ricerca del perfetto equilibrio tra questi determinanti fattori significa misurarsi costantemente ogni anno in ogni vendemmia. La “Riserva” 2002 può sicuramente essere considerata un modello di questo entusiasmante ciclo ed è la prova di come tale equilibrio, apparentemente difficile per il 2002, sia stato raggiunto con scelte e criteri estremamente selettivi”.
Il profilo - Francesco Marone Cinzano

Il conte Francesco Marone Cinzano, dopo una carriera nel settore bancario sulle piazze di New York e Londra e varie cariche nella Cinzano, dal 1992 è proprietario e presidente della Tenuta Col d’Orcia Spa (rilevata nel 1973 dal padre Alberto, con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo ed all’affermazione di Montalcino e del suo Brunello sui mercati mondiali) e, dal 1995, è sbarcato nel Nuovo Mondo, precisamente in Cile, dove conduce l’azienda vitivinicola La Reserva de Caliboro. E’ da meno di un anno presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino.
Il ritratto - Tenuta Col d’Orcia
La Tenuta Col d’Orcia si estende per 540 ettari complessivi, di cui 142 coltivati a vigneto (106 vitati a Brunello) per una produzione complessiva di 800.000 bottiglie all’anno. I suoi vigneti si trovano sul versante sud del Comune di Montalcino, in una zona collinare che si estende dal Fiume Orcia fino al paese di S.Angelo in Colle, a circa 450 metri di altitudine.
L’azienda si è distinta per l’impegno nella ricerca e nella sperimentazione viticolturale con l’Università di Firenze e di Milano, ma anche per il sapiente equilibrio fra tradizione ed innovazione che sta alla base del suo successo, a partire dal Brunello Riserva “Poggio al Vento”, vino simbolo dell’azienda e vero e proprio cru, ottenuto dal Sangiovese proveniente dall’omonimo vigneto impiantato nel 1974. Un vino affinato per 4 anni in legno (barriques e botte grande) e per 2 anni in bottiglia, che rappresenta una delle massime espressioni del vitigno toscano per eccellenza, frutto del lavoro di una grande azienda ma anche dei preziosi consigli dell’enologo consulente Maurizio Castelli, considerato da più parti come il massimo esperto nella coltivazione e nella vinificazione del Sangiovese.
Il resto della gamma dei vini della Tenuta Col d’Orcia propone il Brunello di Montalcino “base”, il Rosso di Montalcino “Banditella”, il Sant’Antimo “Nearco” (blend di Merlot, Cabernet e Syrah), il SAnt’Antimo Cabernet “Olmaia”, l’Igt “Spezieri” (uvaggio di Sangiovese, Merlot, Cabernet e Ciliegiolo) e il dolce Moscadello di Montalcino “Pascena”.
Il conte Francesco Marone Cinzano, parallelamente, produce vino anche in Cile. La Reserva de Caliboro, 230 ettari conmplessivi, 50 dei quali coltivati a vigneto, è l’azienda cilena di sua proprietà, situata nella valle del Maule, in uno dei terroir più vocati per la produzione di vini rossi. In quest’area andina sorge anche la cantina, costruita verso la fine del XIX. Nei vigneti sono coltivati il Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Mourvèdre, Carménère, Shiraz e Petit Verdot, ma anche Barbera, Montepulciano d’Abruzzo e Tempranillo, che danno vita, al momento, ad un vino aziendale: l’“Erasmo”, da uve Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot.

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