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POLITICA E AGROALIMENTARE

Il cibo italiano (con Barilla e Cremonini) al tavolo con il presidente della Russia, Vladimir Putin

Sullo sfondo, la questione Ucraina, i dazi Ue e l’embargo russo. Con la preoccupazione di Coldiretti e Confagricoltura
BARILLA, CIBO, Coldiretti, Confagricoltura, CREMONINI, PUTIN, SCORDAMAGLIA, Non Solo Vino
Il presidente russo, Vladimir Putin

C’era anche il cibo italiano, ovviamente, al tavolo che, da quanto riportano le cronache, in piena tensione tra Russia e Unione Europea per la questione Ucraina, ha visto sedersi 16 capitani d’impresa del Belpaese (tra cui Guido Barilla, alla guida del celebre brand della pasta, e Luigi Scordamaglia, consigliere delegato Filiera Italia e ad gruppo Cremonini, leader nel settore delle carni), con il presidente russo Vladimir Putin, che ha fatto storcere il naso alla diplomazia europea. “Il presidente Putin ha parlato singolarmente con ciascuno di noi, dimostrando di conoscere nel dettaglio i dossier di tutti i settori. Ci sono pochi leader così preparati in giro. L’incontro è andato benissimo e in un momento così difficile per l’economia del Paese è una buona notizia”, ha commentato in una intervista al quotidiano “La Stampa” lo stesso Scordamaglia, dicendosi “sinceramente stupito da tutto questo clamore, era solo un incontro d’affari”. Per il manager “le tensioni internazionali non c’entravano. Era un incontro, come ne abbiamo avuti altri, tra i rappresentanti di due Paesi importantissimi, con investimenti reciproci che valgono 8 miliardi di euro. Si è parlato in modo proficuo di come migliorare le relazioni commerciali, nell’interesse di entrambe le parti. Nell’agroalimentare, ad esempio, abbiamo - ha detto Scordamaglia - forti sinergie, grazie al Fondo di investimento di Stato russo che partecipa realtà come Barilla e Cremonini, e possiamo aiutare la Russia ad aumentare la produzione interna. Ma c’è da risolvere la questione dei dazi che ci è già costata esportazioni per 1,6 miliardi”.
Intanto, però, con la Russia prossima ad inviare nuovamente truppe militari in Ucraina, sale la tensione con l’Unione Europea pronta a rinnovare i dazi già in vigore, con la scontata proroga dell’embargo russo sui prodotti europei ed i italiani che, come ricordato nei giorni scorsi da Coldiretti, in 8 anni è già costata all’agroalimentare tricolore 1,5 miliardi di euro”. Con il cibo italiano, come spesso accade, che si trova vittima di una partita con giocatori molto più grande, tra questioni geopolitiche, economiche ed energetiche.
“Il Decreto di embargo tuttora in vigore colpisce - sottolinea la Coldiretti - una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti dall’Italia. L’agroalimentare è, fino ad ora, l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni in Russia dei prodotti made in Italy presenti nella lista nera, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche frutta e verdura. Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia si aggiunge - continua la Coldiretti - la beffa della diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il made in Italy, realizzati in Russia come parmesan, mozzarella, robiola, o nei Paesi non colpiti dall’embargo come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano, parmesan e gorgonzola di produzione Svizzera e parmesan o reggianito di origine brasiliana o argentina. Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia” all’insalata “Buona Italia”, dalla robiola Unagrande alla mortadella Milano. Il danno riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, ha dovuto rinunciare ai prodotti alimentari made in Italy originali”.
“Le crescenti e preoccupanti tensioni tra Federazione Russa e Ucraina possono destabilizzare il mercato internazionale dei cereali, ma l’Unione Europea sarebbe al riparo grazie all’abbondanza della produzione interna”, aggiunge invece il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.“La Federazione Russa e l’Ucraina - rileva Confagricoltura - sono tra i principali esportatori di cereali a livello mondiale. Nel complesso le esportazioni di settore dei due Paesi si sono attestate lo scorso anno a 44 milioni di tonnellate. Di recente, per contrastare l’aumento dell’inflazione interna, le autorità di Mosca hanno deciso di contingentare l’export di grano fino al prossimo mese di giugno. Secondo le ultime stime della Commissione - aggiunge Giansanti - nella campagna di commercializzazione 2021-2022 la produzione di cereali si attesterà nella Ue ad oltre 290 milioni di tonnellate. Un quantitativo sufficiente a coprire il fabbisogno interno e ad alimentare un importante flusso di vendite fuori dall’Unione”. “Ancora una volta, l’indipendenza alimentare si conferma come un punto di forza dell’Unione europea. La nostra attenzione è anche rivolta alle possibili nuove sanzioni che l’Unione europea potrebbe imporre alla Federazione Russa - evidenzia Giansanti - dopo le sanzioni imposte dalla Ue a seguito dell’annessione illegale della Crimea, le autorità di Mosca dall’agosto 2014 hanno chiuso il mercato russo alle importazioni europee di prodotti ortofrutticoli, formaggi e salumi, con pesanti danni per le produzioni italiane”.
Nonostante l’embargo, però, le esportazioni agroalimentari verso la Russia hanno sfiorato i 7 miliardi di euro nel 2020. Una cifra praticamente uguale a quella delle vendite sul mercato giapponese. “Per contrastare, inoltre, l’impatto della ripresa dell’inflazione - conclude il presidente di Confagricoltura - stiamo sollecitando l’eliminazione dei dazi Ue sulle importazioni di nitrati dalla Federazione Russa che concorrono all’aumento record del prezzo dei fertilizzanti: oltre il 160% in più a novembre 2021 (sullo stesso mese del 2020)”.

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