Il futuro del vino in Italia è legato a doppio filo alla comunicazione enogastronomica e all’educazione alimentare nelle scuole. Almeno stando alla tavola rotonda “Il Vino, Arte e Cultura made in Italy”, organizzata da Ais-Bibenda di scena oggi a Roma.
Alberto Mattiacci, ordinario di marketing all’Università La Sapienza di Roma e direttore scientifico dell’Eurispes, spiega “sulle elite socioculturali del Paese, la battaglia per la crescita della cultura enoica l’abbiamo vinta , adesso bisogna spostare la nostra attenzione sulle masse, e la battaglia va giocata in un luogo ben preciso, il punto vendita, si esso il supermercato, il minimarket o l’enoteca, perché è qui che il consumatore fa le proprie scelte, catalizzando tutta la propria attenzione e la propria conoscenza. Bisogna puntare forte sul trade marketing, stipulando accordi con le catene della grande distribuzione affinché nei negozi il vino venga trattato in modo adeguato, generando sul punto vendita quelle attività di conoscenza e di stimolazione della curiosità del consumatore che sono il cavallo di battaglia di questa nuova sfida. Senza dimenticare che, a differenza di 20 anni fa, le grandi aziende del food, oggi, spendono il 70% del budget per la promozione in trade marketing, e solo il 30% in consumer”.
Lo scrittore Giovanni Negri, invece, pensa più alla formazione: “c’è un vuoto, tra il vino mitizzato e raccontato ed il vino concretamente criminalizzato, da riempire. Un Governo serio dovrebbe spiegare cosa fa bene bere e mangiare, a noi ed al Paese, riequilibrando una situazione in cui per un bicchiere di rosso in più al ristorante si viene perseguitati, mentre un’intera generazione si rovina di alcol chimico in discoteca. Ci vorrebbe uno spot televisivo, ma sarebbe utile anche dedicare un’ora a settimana al “patrimonio Italia” nelle scuole, in cui si spieghi come valorizzare storia, arte, gastronomia, panorama, natura, tutto quello che è il patrimonio italiano, dai faraglioni di Capri alla Ribolla Gialla, per far capire ai più giovani come siano seduti su un giacimento di petrolio non sfruttato, e sperare che lo sappiano rispettare e sfruttare meglio di noi”.
Del resto, il vino manca persino nei programmi degli istituti alberghieri, e la stessa televisione, anche “nei 105 programmi - ricorda l’anima di Ais-Bibenda, Franco Ricci - che parlano di wine & food, dedica solo lo 0,08% del proprio tempo a Bacco”.
Ecco perché il rilancio deve iniziare da una “maggiore presenza del settore nei telegiornali, rivendicando la centralità dell’impresa enogastronomica nell’economia italiana”, come ricorda Anna Scafuri (Tg1), senza dimenticare di mettere a sistema le diverse componenti, imprenditoriali ed istituzionali. La direttrice dei corsi di formazione Ais-Bibenda, Daniela Scrobogna, dal canto suo, ha ribadito “la disponibilità dei sommelier a fare cultura nelle scuole, ma anche nei Comuni e sui media”, anche se poi “c’è da fare i conti, tra i tanti problemi, anche - commenta Paolo Scotto, enogastronomo e critico di ristoranti per il quotidiano “Il Messaggero” - con una ristorazione spesso cieca, che pratica ricarichi sulle bottiglie tali da allontanare il consumatore medio dall’acquisto”, mentre “chi a volte potrebbe permettersi il meglio della ristorazione italiana, spesso - spiega Franco Ricci - non ha neanche gli strumenti per saper apprezzare certe vette qualitative”.
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