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IL GIAPPONE PUNTA SULLE CAPACITÀ DIPLOMATICHE DEL BUON VINO: AMBASCIATE COME ENOTECHE, CON UNA “DOTAZIONE” DI 4.000 BOTTIGLIE VINO EXTRA LUSSO. LA CORTE DEI CONTI PASSA AL SETACCIO CANTINE UFFICI DIPLOMATICI

Dopo la diplomazia del sushi, usata con successo per scongiurare il bando mondiale alla pesca del tonno rosso, le missioni giapponesi all’estero sembrano puntare sulle capacità negoziali del buon vino, di cui sono state contate almeno 4.000 bottiglie extra lusso custodite presso le ambasciate e gli uffici di Tokyo in giro per il mondo.

Secondo il rapporto sui costi di gestione delle strutture estere presentato dalla Corte dei Conti nipponica, al termine dell’anno fiscale 2009 in 51 delle 211 sedi diplomatiche sono state censite complessivamente 35.000 bottiglie di vino e altre 18.000 di sake, il liquore di riso tradizionale giapponese. Ad attirare l’attenzione della Corte, oltre al numero elevato di bottiglie presenti nelle cantine, è stato in particolare la presenza di almeno 4.000 bottiglie di vino esclusivo, dal valore di almeno 20.000 yen (175 euro) ciascuna.

In alcuni casi sono emerse cantine che farebbero invidia alle più fornite enoteche internazionali: nella sede della delegazione nipponica Ocse di Parigi, ad esempio, sono stati contati 7.896 pezzi, pari a 30 volte la quota consumata durante il 2009. Altre 4 sedi, tra cui l’ambasciata di Tokyo in Australia, hanno buttato via 909 bottiglie negli ultimi due anni poiché la qualità delle bevande si era deteriorata con il passare del tempo. Il Ministero degli Esteri, in risposta ai rilievi della Corte dei Conti, si è impegnato a indicare alle missioni di limitarsi a mantenere una “quota appropriata” di vini e altre bevande alcoliche, pur difendendo l’importanza delle “bottiglie buone” nelle attività diplomatiche in terra straniera. Secondo il ministero, infatti, il buon vino è “necessario per accogliere come si conviene gli ospiti di riguardo”.

Il rifiuto di rivelare dettagli come marche, annate e prezzi delle bottiglie migliori, inoltre, è stato giustificato con la necessità di evitare che “gli ospiti possano capire dal tipo di vino il livello di trattamento ricevuto”.

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