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Il Giornale

Più colore nei bicchieri ...  Anche lo champagne adotta le "quote rosé"...
Era il 1957 e una splendida Deborah Kerr in abito lungo scendeva le scale del ponte del piroscafo per recarsi al bar di bordo. E in attesa di Cary Grant, la femmina ricca e desiderabile ordinava la bevanda più chic del pianeta in quegli anni: “Champagne rosé, prego”. Da quel momento di bollicine nei bicchieri ne son passate tante, ma di rosé sempre di meno. Fino alla nuova esplosione, in partenza l'anno scorso e all'apice questa estate, del “fenomeno rosé”.
Da New York alla California hollywoodiana alla Costa Azzurra, da Milano centro a Portofino, a pranzo, all'happy hour e alle cene, che siano a base di pesce o di carne, si brinda con bottiglie di Krug, Veuve Cliquot, Berlucchi o Prosecco: la marca dipende dai gusti e dalle tasche, ma l'imperativo è che sia rosé e frizzante. All'inizio di agosto, il New York Times gli ha dedicato addirittura uno speciale, dall'eloquente titolo ispirato alle leggi dello way of life: “La bevanda con cui dovete farvi vedere in giro”. Gli ambienti della moda, del cinema e degli affari sembrano impazziti per quel “light pink wine” che buscia nei bicchieri perché è un surrogato in miniatura di “un’estate nel Sud della Francia”.
Lo Spotted Pig, ristorante del Greenwich Village frequentato dalle celebrities, ha cinque rosé in lista e il suo proprietario dichiara senza mezzi termini: “Il rosé è il nuovo drink chic”. Alla Union Square Wine and Spirits di Manhattan, una delle migliori enoteche della città, in cui si trovano vini da tutto il mondo, frequentata soprattutto dai giovani bene di New York, la domanda di rosé è cresciuta del 30% nell'ultimo anno e del 150% negli ultimi quattro: “I ragazzi se lo portano dappertutto ai party in terrazza e ai barbecue” dichiara il direttore del negozio Jesse Salazar.
“Lo versano nelle bottiglie del Gatorade e lo bevono all’aperto, al parco”. Il “501” dei rosé negli States pare sia il Domaines Ott, dichiarano hoteliers e ristoratori, etichetta per la quale naturalmente gli americani hanno già coniato i diminutivi-tormentone: “D.O.” e “The Ott”, prezzo a bottiglia nei negozi intorno ai 30 dollari. Nomi autorevoli tra le celebrità di Hollywood, come quello di Francis Ford Coppola, si sono lanciati addirittura nella produzione in proprio delle bollicine rosé. Sofia, come il nome della sofisticata figliola ormai famosa quanto il papà, è l'etichetta coniata dal regista per il suo Pinot Noir Rose Carneros, “tutto esaurito” all'inizio dell'estate nelle enoteche on line, dove è descritto come “un vino secco, rinfrescante, dalle amabili sfumature rosa e un profumo ispirato ai petali di rose baciate dal sole e alle fragole appena colte. Sapori di frutti di bosco deliziano il palato con toni vibranti e aciduli”. Che quello tra show business e rosé sia il matrimonio dell’estate 2006 lo dimostrano anche le foto rubate dai paparazzi a star più “prosaiche” e pop come Pamela Anderson nei giorni precedenti le sue nozze con Kid Rock.
Le immagini mostrano l'ex modella di Playboy a Saint Tropez - dove si è sposata il 29 luglio su un lussuoso yacht - con un bicchiere di rosé tra le mani. A Londra si dichiarano convertiti al rosé nomi trendy come Alex Kapranos, il cantante leader della rock band dei Franz Ferdinand, che si occupa di tendenze di cibo e vino per il Guardian: “Lo odiavo. Mi sembrava il classico drink della segretaria monacale che esce una sera a settimana. Ma un paio d'anni fa, in una calda sera d'estate, l'ho provato: è meraviglioso”. Nei grandi ristoranti di Saint Tropez o a Cap d'Antibes il mito non è mai tramontato, sebbene quest'anno il rosé provenzale sia tornato ad accompagnare anche le grigliate sulla spiaggia.
E in Italia? Tendenza confermata, anzi, di più: “Lo champagne rosé sta andando bene, benissimo”, dice Marco Dallabona, uno dei massimi esperti di bollicine in Italia, che fa il ristoratore da 34 anni nella zona di Parma, a Soragna, e si fregia della valutazione di Miglior Cantina Champagne 2004. “Il rapporto quest’estate si può quasi dire stia al 50% con lo champagne tradizionale. Anch'io lo consiglio spesso ai clienti perché con una bottiglia di rosé ci si gioca tutto il pasto.
La tendenza è forte anche tra persone che non lo avevano mai bevuto prima”. E a che cosa è dovuta? “In parte è una moda, in parte è migliorata la produzione ed è aumentata la scelta, in parte è maturato il gusto e si va alla ricerca di un prodotto più corposo e strutturato dello champagne tradizionale”. Anche nel quadrilatero della moda milanese, nel dopo teatro e nell'aperitivo di classe, il rosé si attesta ai primi posti nel consumo.
Lo chef direttore del Trussardi alla Scala ristorante e caffè ce lo conferma: “La percezione del rosé è cambiata. Sparita la diffidenza degli anni Settanta e Ottanta, è tornato in gran voga. Ha caratteristiche molto particolari, che io stesso prediligo, ed è la scelta alternativa di chi solitamente consuma champagne ed è alla ricerca di profumi e sapore più intensi. E non soltanto lo champagne francese si sta facendo avanti, ma anche ottimi Franciacorta delle nostre terre”.
In quattro anni raddoppiate le bottiglie vendute
Qualche giorno fa Le Monde ha dato l’annuncio in gran pompa: secondo le statistiche del ministero dell’Agricoltura si è verificato un vero boom delle esportazioni di champagne, che sono salite del 40% nel giugno 2006. E tra Paesi che stappano più bottiglie francesi, magari per festeggiare la vittoria ai Mondiali, si trova anche l’Italia, come confermano i dati del Centro Informazioni Champagne, l’associazione di categoria che rappresenta in Italia il Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, che riunisce tutte le maison e i viticoltori della regione francese Champagne: nel primo semestre 2005, le spedizioni di champagne verso l’Italia sono cresciute del 14,9% sul 2004 e nel solo anno 2004 sono state 8.200.000 le bottiglie destinate al mercato italiano. L’Italia, per valore delle bottiglie spedite, rappresenta il terzo mercato all’export dopo Regno Unito e Stati Uniti.
E le bollicine rosé? Sempre secondo i dati diffusi dal Centro Informazioni Champagne attraverso www.winenews.it , il numero di bottiglie di champagne rosé importate dalla Francia in quattro anni è raddoppiato, passando da 132.726 bottiglie nel 2000 a 268.720 nel 2004.
Anche se si tratta sempre di un consumo di nicchia, pari al 3,28% del totale dello champagne importato in Italia nel 2004, il dato è davvero significativo: l’Italia è infatti quinto Paese nel mondo per quantità di champagne rosé consumato ed è il terzo come valore d’acquisto, dopo Gran Bretagna e Usa, perché il mercato italiano degli champagne rosé è piccolo ma esigente. In aumento anche la produzione nostrana: se ormai tutte le grandi maison dello Champagne hanno il loro rosé, sempre più cantine italiane si stanno dedicando alla spremitura del Pinot nero. Già in bottiglia, attualmente in affinamento sui lieviti per 36 mesi, ad esempio, l’Almerita Rosé di Tasca d’Almerita, quattromila bottiglie siciliane che usciranno solo nei primi mesi del 2007, di 100% Pinot nero.
Il primo metodo classico rosé italiano è stato Ferrari Rosé: se ne producono 200mila bottiglie e negli anni Novanta è stato affiancato da un Perlé Rosé millesimato che, nell’annata 2000, quella attualmente in commercio, è prodotto solo in 15mila bottiglie. Cresce anche il consumo di un’altra etichetta top delle bollicine firmate italiane declinata in rosa: Franciacorta Cuvée Rosée di Bellavista, che nell’ultimo anno ha venduto 23mila bottiglie ad un prezzo medio in enoteca di 45 euro. Solo Pinot nero da vigne di proprietà per il Maso Martis Rosé, creato su suggerimento della titolare Roberta Steltzer quando ha scoperto che il rosé è molto apprezzato dalle donne: “Quest’anno ne abbiamo prodotte 2.500 bottiglie, ma se avessimo potuto farne diecimila in più le avremmo vendute tutte”.
Solo Pinot nero. senza aggiunta di chardonnay, è pure, tra gli altri, il Franciacorta rosé di Contadi Castaldi che, in questa nicchia di bollicine, fa segnare nel 2005 un +60%. La grande richiesta del mercato ha fatto interessare alle bollicine rosé anche la Cantina Produttori di Valdobbiadene, storica produttrice di Prosecco. Dopo aver verificato, con la sua rete di vendita, l’interesse ad uno spumante da parte dei più giovani, ha fatto debuttare, nell’autunno 2005, il Punto Rosa Brut a base di uve Pinot nero coltivate nella Marca Trevigiana e fermentate in autoclave con metodo charmat lungo, con una produzione di 20mila bottiglie.
Da Sharon Stone alla Deneuve, gli ultrà delle altre bollicine
Chi è passato per il centro di Milano questa primavera non ha potuto fare a meno di notare l’enorme investimento pubblicitario di palazzo Reale; una confezione extralusso di Veuve Cliquot Rosé. Il rilancio in grande stile dell’ etichetta rosa francese, costituito anche da un sito internet ricco di informazioni sul millesimato rosé 2000 e da qualche mese di feste e presentazioni di degustazione in cui, naturalmente, lo champagne rosé scorre via a fiumi, è soltanto una delle imponenti operazioni di marketing messe in scena dai produttori della frizzante Francia in tutto il mondo.
Dom Perignon per promuovere nella dorata west coast l’etichetta rosa ha addirittura creato un fotoromanzo web rosè ambientato in un hotel a cinque stelle. Protagonisti, Eva Herzigova e il seducente proprietario di una valigia colma di magnum di Dom Perignon Rosé Vintage 1996: il loro incontro si conclude in un trionfo di bollicine sorseggiate tra candide lenzuola.
Da poco ha ceduto al fascino del rosé anche la “Ferrari” delle bollicine, il Krug, che ha iniziato una produzione da 300 euro a bottiglia, convincendo estimatori come Springsteen e Sting che lo sorseggiano per ispirarsi, Le Carré, che lo beve a mezzogiorno e Catherine Deneuve e Sharon Stone che ci vorrebbero fare il bagno.
Per la promozione, Krug Rosé ha messo in pista il patron Rémy Krug, che garantisce personalmente la produzione superqualificata, effettuata utilizzando Pino noir vinificato in rosso proveniente da vecchi vigneti situati nel Grand Cru di Ay e della Montagne de Reims e assemblato con Pinot noir vinificato in bianco, Chardonnay, e Pinot meunier.
L’acino d’uva pressato il 15% in più. Ecco il segreto della tinta più scura.
La base per lo champagne rosé, cosi come quella dello champagne “tradizionale”, è il pinot nero. Il caratteristico colore rosa scuro si ottiene pressando l’acino, che internamente ha colore chiaro, con circa il 15 per cento in più di forza e quindi intaccando la buccia scura.
I procedimenti, fondamentali per la qualità del prodotto finale, possono comunque variare a seconda dell’azienda produttrice: ve ne sono alcune che forzano la pressatura, arrivando a volte a produrre un rosé molto scuro, con sapore simile a quello del vino rosso, e altre che utilizzano la base di pinot nero che verrebbe usata per lo champagne tradizionale e poi inseriscono vino rosso delle loro zone di produzione.
Le aziende che non possiedono pinot nero e vogliono egualmente produrre rosé, possono farlo. In questo caso devono aggiungere mosto di vino rosso nel momento in cui vanno a fare la cuvée, ottenendo chiaramente uno champagne rosé di qualità inferiore. (arretrato de Il Giornale del 2 settembre 2006) 
Autore: Stefania Vitulli

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