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IL GRANDE VINO ITALIANO VERSO I PAESI DELL'EST: LA CAPRAI, GRIFFE DEL SAGRANTINO DI MONTEFALCO E CANTINA DELL'ANNO 2006 PER GAMBERO ROSSO-SLOW FOOD, ALLA CONQUISTA DELL'EST IN UN ROAD-SHOW CHE HA GIÁ TOCCATO USA, CANADA, HONG KONG, GIAPPONE E COREA

Il vino italiano va sempre più forte nei Paesi dell’Est. Anche se si tratta di mercati ancora marginali, specialmente se confrontati a quelli più importanti come Usa e Germania, l’export italiano ha registrato un notevole balzo in avanti nella Repubblica Ceca (+51%) ed in Ungheria (+30%), dove l’Italia mantiene saldamente la posizione di primo fornitore. Segnali che conducono ad ipotizzare anche un’ulteriore espansione della domanda nel breve-medio periodo, favorendo il modello alimentare italiano e aprendo la strada ad altri prodotti “made in Italy”. Ecco perché, dopo aver letteralmente conquistato il mercato italiano, tedesco e americano, il Sagrantino di Montefalco parte alla conquista dei Paesi dell'Est: Marco Caprai, griffe culto del vino dell'Umbria entrato ormai nel gotha dell’enologia internazionale, parte per un road-show che toccherà alcuni importanti mercati dell’Est Europa, tra cui Romania, Ungheria e Cecoslovacchia. Il giovane patron della “Cantina dell’Anno 2006”, secondo la guida Gambero Rosso-Slow Food, la più importante a livello internazionale, sarà il 26 giugno a Bucarest per un incontro con operatori e buyers romeni. Il tour mondiale, che ha già toccato Usa, Canada, Hong Kong, Giappone, Corea del Sud, si concluderà poi in Germania e Polonia.

Focus - La Romania e gli altri Paesi dell'Est
Tra tutti i Paesi dell’Est la Romania, dopo il crollo del comunismo e i difficili anni che sono seguiti, sta riscoprendo a pieno la grande vocazione vinicola che, negli ultimi anni, è arrivata ad oltre 5 milioni di ettolitri, con una piccola ma sempre crescente quota venduta all’estero, pari a 2,8 milioni di bottiglie, con particolare orientamento verso il mercato inglese. Dopo l’ormai prossima adesione all’Unione Europea, la Romania dovrebbe partecipare, a pieno titolo alla Pac, beneficiando di stanziamenti agricoli che, per il triennio 2007/2009, ammonteranno a 4,037 miliardi di euro, ripartiti tra interventi di mercato (732 milioni), pagamenti diretti (881 milioni) e sviluppo rurale (2,424 miliardi). Dal punto di vista imprenditoriale ed immobiliare, il vigneto in Romania si sta dimostrando, come gli altri terreni agricoli, un valido investimento: il suo valore cresce del 30% annuo, con punte del 40%. Anche il mercato interno cresce: solo nella capitale Bucarest si contano ormai 350.000 “nuovi ricchi” in una metropoli di quasi 3 milioni di abitanti. Nel 2005, il consumo di vino nel paese dell’Est ha raggiunto i 40 milioni di euro, la maggior parte del quale prodotto in casa, penalizzando i vini d’importazione, contraddistinti da prezzi alti, mancanza di varietà e scarsa convenienza. I consumi romeni pro capite oscillano dai 20 a 25 litri a persona, ma la cultura enologica ha origine antichissime che risalgono alla dominazione dei romani. Proprio l’origine latina della Romania ha sempre favorito la cultura di bere vino e, quindi, può rappresentare un ulteriore volano per i consumi nel Paese. Da una parte una terra vocata e il costo della manodopera poco elevato, dall’altra un mercato da 40 milioni di euro: è la Romania, una meta sempre più interessante per molti produttori italiani, che in questa terra hanno deciso di piantar viti o di esportare i propri prodotti. Dopo il crollo del comunismo (1989), e i difficili anni che sono seguiti, la Romania sta riscoprendo, a pieno, la grande vocazione vinicola che, negli ultimi anni, è arrivata ad oltre 5 milioni di ettolitri, con una piccola ma sempre crescente quota venduta all’estero, pari a 2,8 milioni di bottiglie, con particolare orientamento verso il mercato inglese.
Dopo l’ormai prossima adesione all’Unione Europea, la Romania dovrebbe partecipare, a pieno titolo alla Pac, beneficiando di stanziamenti agricoli che, per il triennio 2007/2009, ammonteranno a 4,037 miliardi di euro, ripartiti tra interventi di mercato (732 milioni), pagamenti diretti (881 milioni) e sviluppo rurale (2,424 miliardi). Dal punto di vista imprenditoriale ed immobiliare, il vigneto in Romania si sta dimostrando, come gli altri terreni agricoli, un valido investimento: il suo valore cresce del 30% annuo, con punte del 40%. Non ultimo uno sguardo al mercato interno: solo nella capitale Bucarest si contano ormai 350.000 nuovi ricchi in una metropoli da quasi 3 milioni di abitanti. Nel 2005, il consumo di vino nel paese dell’Est ha raggiunto i 40 milioni di euro, la maggior parte del quale prodotto in casa, penalizzando i vini d’importazione, contraddistinti da prezzi alti, mancanza di varietà e scarsa convenienza. I consumi romeni pro capite oscillano dai 20 a 25 litri a persona, ma la cultura enologica ha origine antichissime che risalgono alla dominazione dei romani. Proprio l’origine latina della Romania ha sempre favorito la cultura di bere vino e, quindi, può rappresentare un ulteriore volano per i consumi nell’importante Paese dell’Est. Tanti validi motivi, dunque, per guardare con interesse a questo Paese, anche nell’esportazione di prodotti di qualità.

Vino & Mercati - Non solo Romania: il vino italiano va forte
anche negli altri Paesi dell’Est: dalla Repubblica Ceca (+51%)
alla Ungheria (+30%)

Il vino italiano va forte nei Paesi dell’Est, anche se chiaramente trattasi di mercati ancora marginali, specialmente se confrontati ai grandi (Usa e Germania). Oltre alla Romania, l’export italiano hanno avuto un notevole balzo in avanti nella Repubblica Ceca (+51%) ed in Ungheria (+30%), dove l’Italia mantiene saldamente la posizione di primo fornitore. Segnali che conducono ad ipotizzare anche un’ulteriore espansione della domanda nel breve-medio periodo, favorendo il modello alimentare italiano e aprendo la strada ad altri prodotti “made in Italy”. Nella Repubblica Ceca, nonostante il mercato sia caratterizzato da una forte propensione per i vini rossi, negli ultimi due anni, i vini bianchi sono passati nei consumi dal 5 al 40%, aprendo la strada all’offerta di vini bianchi italiani che sono aumentati in due anni di 8 volte. In Ungheria, il livello del consumatore è assai vicino a quello italiano, visto che è un Paese storicamente e culturalmente produttore di vini di qualità. L’Ungheria è quindi aperta a nuove proposte caratterizzate da originalità e dal giusto rapporto qualità/prezzo che i prodotti italiani possono offrire.

L’approfondimento - Caprai, leader del Sagrantino
di Montefalco, è il simbolo della cantina
made in Italy del nuovo Millennio

Cultura del territorio, innovazione, investimenti in risorse umane: ecco la formula vincente di Marco Caprai, griffe leader del Sagrantino di Montefalco, simbolo della cantina made in Italy del nuovo millennio. La cantina Arnaldo Caprai di Montefalco è stata eletta “Cantina dell’anno 2006” dalla Guida dei Vini d’Italia del Gambero Rosso e Slow Food, la più importante e consultata del nostro Paese.
“Un riconoscimento prestigioso che celebra e onora il lavoro che abbiamo fatto fino ad oggi - commenta Marco Caprai, alla guida dell’azienda - E’ la prova che quando, alla fine degli anni Ottanta, abbiamo scommesso sul vitigno autoctono, avevamo ragione. Rivalutare il Sagrantino attraverso la sperimentazione e la ricerca si è rivelata una strategia esatta perché fortemente connessa al binomio innovazione e tradizione applicato ad un territorio fortemente vocato”.
É infatti sull'innovazione che ha sempre puntato la Arnaldo Caprai per la commercializzazione e lo sviluppo delle proprie iniziative. Molto attenta alla comunicazione e alla tecnologia (nel 2000 la Arnaldo Caprai lancia il Nero Outsider, il primo vino in Italia ad essere venduto esclusivamente online) la cantina umbra ha presentato per la prima volta nel 2005 il Contemporare, un vino a cui é stato applicato un microchip nel tappo.
“Anche questa volta siamo stati i primi in Italia - commenta Marco Caprai - ad adottare su un vino lo SmartCorq, un tappo progettato dalla Lab Id (azienda hi-tech di Bologna) dotato di un sistema Rfid che consente futuristiche applicazioni, utili sia ai produttori che agli enoappassionati. Grazie ad un transponder, una microscopica porzione di silicio di un millimetro quadrato - la dimensione di una capocchia di spillo - inglobato all’interno di un tappo di materiale sintetico, sarà possibile immagazzinare nella bottiglia una mole di dati specifici per ogni singola bottiglia: da quelli sulla vendemmia a quelli sul produttore, dai consigli per i giusti abbinamenti alle ricette e persino poesie o racconti”.
Altro elemento su cui scommettere per accrescere la competitività delle aziende del vino italiano sono, secondo Marco Caprai, le risorse umane. Per il produttore umbro è fondamentale aprire le porte dell'azienda a giovani preparati ed in gamba, disposti a viaggiare e a captare le nuove tendenze. “E’ molto importante essere il più possibile aperti al nuovo - commenta Marco Caprai - Spesso noi italiani pecchiamo di provincialismo e non osservando cosa succede di nuovo nel mondo, perdiamo la grande chance di imparare dai nostri competitors. Per quanto riguarda le strategie di marketing, comunicazione e distribuzione del prodotto, siamo ancora indietro; dobbiamo aggiornare il sistema, combattere i nostri concorrenti con le armi sofisticate che loro stessi adottano. Abbiamo un prodotto straordinario e non possiamo permettere che vada perso per incompetenza e inadeguatezza dell'imprenditoria nazionale”.
Caprai esporta oggi il 25% della sua produzione in oltre 30 Paesi diversi, e da oltre 10 anni si impegna per la diffusione e affermazione del vitigno autoctono Sagrantino e del territorio di Montefalco, riconosciuto oggi come uno dei più importanti territori vitivinicoli nel mondo.
La cantina Arnaldo Caprai è, inoltre, protagonista di una delle case histories raccolte nel volume “Soft Economy” di Ermete Realacci, fondatore di Legambiente, e Antonio Cianciullo, giornalista de La Repubblica, uno dei più importanti quotidiani italiani. Nel volume, la cui prolusione è firmata da Carlo De Benedetti, uno dei principali imprenditori e finanzieri italiani, sono raccolte venticinque storie di originalità imprenditoriale e vocazione al territorio, e l’azienda umbra é menzionata come caso esemplare di impresa dell’eccellenza italiana che fa qualità nel rispetto della cultura e dell’ambiente in cui opera, per un made in Italy che non conosce ostacoli e che continua ad avere il vento in poppa, nonostante tutto.

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