Il “Kurniawan Affair”, il processo del secolo, almeno nel mondo della contraffazione enoica, che ha incastrato il falsario thailandese, ha creato un certo subbuglio nel mondo del vino, se non addirittura il timore che la vicenda, in realtà, sia solo la punta di un iceberg ancora tutto da svelare, fatto non solo di gigantesche truffe, ma anche di piccoli sotterfugi da cui guardarsi bene. A mettere in guardia i wine lover Usa è uno dei blogger più seguiti, Tom Wark, voce di “Fermentation”, che indica 5 tipi di rischi. Il primo è quello di incappare in un vino contraffatto, specie, viste le richieste del mercato asiatico, di Bordeaux o Borgogna. Il rimedio? Una vera e solida cultura del vino, ma anche affidarsi ad un distributore autorevole ed affidabile. Poi c’è l’annosa questione del vino naturale, sempre più di tendenza, anche se a volte il termine stesso non sta a significare nulla di concreto, a parte una buona operazione di marketing. Quindi, Wark individua quella che ritiene una vera e propria truffa autorizzata, ossia il Three-tier system, in vigore da decenni, che creano un mercato fondato su tre passaggi: i produttori possono vendere il proprio vino solo ai distributori, che lo rivendono ai retailer che, a loro volta, sono gli unici a poter rivolgersi direttamente al mercato dei consumatori, con evidenti limitazioni e ricarichi di prezzo obbligati. E ancora, le etichette che, caso difficilissimo da dimostrare, riportano informazioni errate, su vitigni non presenti realmente in bottiglia, o addirittura uve provenienti da regioni produttive diverse da quelle indicate. Infine, occhio al prezzo, specie al ristorante, dove il ricarico è a volte a dir poco eccessivo: certo, non è una vera e propria frode, ma non è raro, in Usa come in Italia, trovare bottiglie vendute al triplo del prezzo d’acquisto ...
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