Il mondo del vino è sempre più sensibile alla grande tematica della sostenibilità e dell’efficienza energetica, sia da un punto di vista meramente comunicativo (l’attenzione del consumatore ai metodi di produzione delle aziende è sempre più alta), sia da un punto di vista ambientale ed economico. Tema di cui si è parlato nel convegno “Wine and Energy: efficienza energetica” a Vinitaly, promosso da Veronafiere in vista di Smart Energy Expo (a Verona dal 9 all’11 ottobre). Come leva di marketing, che nasce comunque e sempre da un amore profondo per l’ambiente ed il proprio territorio, si moltiplicano le esperienze legate in modo particolare al calcolo della CO2 emessa dal ciclo produttivo del vino, lavorando alla compensazione attraverso l’utilizzo di energia pulita e risparmio energetico. Come Donnafugata, che ha investito negli ultimi anni 1 milione e 250.000 euro, e che “nel 2002 ha installato il suo primo impianto fotovoltaico - spiega Josè Rallo - coprendo il 70% della cantina di Contessa Entellina. Anche la vendemmia notturna permette un risparmio, quello sull’energia ed i costi legati alla refrigerazione delle uve”. Con un ritorno, a livello di marketing, traducibile nell’informazione sulla Carbon Foot Print, certificata e spendibile grazie all’Iso 14040, ma che, a volte, si scontra con la realtà di scelte dettate più dalla qualità che dalla sostenibilità: “dopo anni di ricerca, ci siamo resi conto che la produzione del nostro Ben Ryé 2007 era più green di quella del 2009, e addirittura la nostra produzione di Pantelleria, dove la lavorazione è quasi totalmente manuale, è più “costosa” (sempre in termini di impronta energetica) del resto della nostra produzione. Il motivo? Aver cambiato bottiglia (nel caso del Ben Ryé), una scelta dettata dalla ricerca della miglior qualità possibile, che ci ha portati a sceglierne una più pesante, importata dalla Francia. E a Pantelleria, pesa una produzione inferiore del 50% rispetto al resto dei nostri vigneti”, racconta Rallo.
La soluzione, quindi, non può che essere l’intervento su altri punti della catena produttiva, come prova a fare la trentina Mezzacorona da più di 10 anni. “La sfida è quella di un miglioramento energetico continuo - spiega il direttore tecnico Severino Perenzoni - che passi per mezzi diversi, ance se ci vogliono fatica, investimenti e manutenzione. Da noi tutto è cominciato con i primi pannelli solari, che nella sede trentina producono 420.000 kwh all’anno, mentre in Sicilia (a Feudo Arancio) abbiamo anche una produzione extra con i pannelli a terra , che permettono un taglio ulteriore del nostro conto energetico. Poi c’è il solare termico, che a Nosio permette una produzione di 40.000 litri d’acqua calda al giorno (per un risparmio di 300.000 euro all’anno). E ancora, a Villa Albius, in Sicilia, abbiamo installato una stazione anemometrica, per studiare la possibilità di installare pale eoliche, ma di difficile attuazione, specie a causa della burocrazia. Un altro aspetto su cui è possibile ottimizzare i costi è quello dell’illuminazione: con i led al posto dei neon in diversi luoghi della nostra azienda (per un investimento di 106.000 euro) risparmiamo 60.759 kwh all’anno. Quindi, se si è grandi come noi si può intervenire sul prezzo stesso a cui si compra l’energia, sfruttando la concorrenza che il mercato libero permette tra le aziende, che ci lascia un margine di contrattazione sempre più grande. Di natura molto più tecnica, invece, è tutto ciò che riguarda l’uso del sistema inverter, che permette di ottimizzare e migliorare l’efficienza energetica”.
Detto dei casi particolari, qual è però la situazione del mondo del vino italiano nel suo complesso? A fare il punto ci pensa Marco Pezzaglia, a capo di Efficiency Now, partner della neonata “Smart Energy Expo (di scena a Verona dal 9 all’11 ottobre). “La prima mappatura - spiega l’ingegnere - che abbiamo fatto, su 9 grandi aziende (che insieme fatturano 300 milioni di euro l’anno), ci offre un quadro piuttosto lineare: per produrre un litro di vino ci vogliono 0,38 kwh ogni litro, e l’80% delle aziende produce energia elettrica pulita. Di queste, producono tutte elettricità tramite impianti fotovoltaici che, mediamente, coprono il 26% del fabbisogno energetico. A livello di calore, invece, ci punta il 67% delle cantine, di cui il 75% con il solare termico, e il 25% con le biomasse, per una copertura del 34% delle necessità. Un altro aspetto sul quale hanno lavorato tutte è quello dell’isolamento termico, mentre il grande tema dei reflui e degli scarti è stato affrontato solo da un’azienda, ma c’è grande fermento e tanto interesse”. Ciò che è importante, in viticoltura come in altri campi, “non è tanto quello dell’autonomia energetica, che pure è un sogno perseguibile, quanto - dice Pezzaglia a WineNews - il concetto del soddisfacimento dei propri bisogni di energia tarati al meglio, ottimizzati, e attraverso la minimizzazione dei costi d’approvvigionamento”.
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