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Il Mondo

Il vino scommette sulle griffe ... Classifica del Mondo. Le maggiori 58 cantine italiane... Fatturato: 2,7 miliardi. Export: 1,3 miliardi. Bottiglie: 805 milioni. Ettari vitati di proprietà: 47.430. Utile (dichiarato): 89,3 milioni. E' la fotografia 2006 delle 58 maggiori aziende vitivinicole italiane, con più di 10 milioni di fatturato. La classifica del Mondo dei grandi operatori del mercato comprende quest' anno sei cantine in più rispetto al 2005 e rappresenta uno spaccato significativo del settore che pesa per circa un terzo sul giro d'affari complessivo (stimato in 8 miliardi) e per quasi la metà sul totale export (circa 3 miliardi). Il gruppo dei big comprende aziende diverse tra loro per dimensioni, caratteristiche operative e tipologia di prodotti ed è dominato dalle grandi realtà cooperative: ben quattro tra le sole sette aziende della graduatoria con un giro d'affari di oltre 100 milioni.
Al top c'è il Giv, con 266 milioni di consolidato. Il numero uno del mercato, guidato a quattro mani dal presidente Rolando Chiossi e dall'ad Emilio Pedron, si sta muovendo su due fronti. Quello della ristrutturazione interna che si concluderà con la trasformazione in spa a gennaio 2008. E quello della crescita: dopo aver acquisito nel settembre scorso la cantina Bolla, Chiossi e Pedron puntano su un consolidato di 300 milioni a fine 2007, diventando, tra l'altro, i maggiori produttori dei vini veronesi e della Valpolicella, oggi in grande spolvero. "Il 2006 è stato un anno di transizione in cui solo le aziende bene organizzate sono riuscite a crescere", dice al Mondo Pedron. "Si è sentita e si continua a sentire una forte competizione sui prezzi, mentre si coglie un nuovo comportamento del consumatore che, credendosi più capace di scegliere, diventa meno fedele spiazzando le aziende. Da qui la necessità di un ulteriore sforzo sui prodotti: scontata la qualità, l'immagine e l'etichetta devono dare l'idea di un vino che vale di più di quel che costa". Intanto il 2007 è iniziato bene, con "incrementi che al 15 marzo hanno toccato il 20%", dice Pedron.
Mercato a più facce. Risultano altre cifre a Sergio Dagnino, alla guida di Caviro, realtà cooperativa romagnola che vanta il primato assoluto per volumi (179 milioni di litri) e ha conquistato il secondo posto in graduatoria a spese della trentina Cavit. Un colpaccio per chi combatte come Caviro nella fascia di mercato più difficile, quella dei vini di consumo giornaliero al di sotto dei 3 euro, e non può nemmeno contare sul polmone estero, esportando poco più dell'8%. "Stiamo crescendo comunque, grazie anche alla nostra strategia di potenziamento della base di associati, in un mercato che flette da anni ", dice al Mondo Dagnino. "I primi due mesi del 2007 sono partiti male mentre nell'area della grande distribuzione il numero di referenze è pazzesco: 1.600 etichette sotto i 3 euro, 2.300 tra 3 e 5 euro. E una distesa di vino che non si muove, se non attraverso grandi promozioni, per la felicità dei buyer".
Insomma, un mercato a più facce quello del vino che non può essere rappresentato dai soli risultati delle aziende che operano nella fascia dei prodotti di marca e sono sostenute dall'export. Né possono fare testo le cantine boutique che riescono a tenere testa alla persistente fase di rallentamento dei consumi grazie all'alta qualità, all'immagine, agli investimenti in promozione, all'impegno personale del produttore, sempre più spesso con la valigia in mano.
Cinque sprinter. Ma cosa emerge dai risultati 2006? I numeri della tabella rivelano ancora una volta un mercato a due velocità. Tra le aziende che hanno marciato spedite l'incremento più clamoroso, del 35%, è di una new entry: il gruppo abruzzese Masciarelli, tra le più quotate realtà della penisola. La cantina di Gianni Masciarelli totalizza 19 milioni di fatturato, che comprendono anche il lavoro dell'Agricola Marina Cvetic (dal nome della moglie che guida il gruppo a fianco al marito), e della Masciarelli distribuzione. L'apporto principale però è dell'Agricola Masciarelli (15 milioni nel 2006, + 20%), il cuore operativo della famiglia che nel 1986, ha avuto l'intuizione di creare una propria società di import negli Usa dove oggi la cantina abruzzese è molto conosciuta e non soggetta ai costi e ai ricatti di molti importatori. Masciarelli da anni sta investendo in terreni nelle migliori zone della sua regione, con un progetto: creare 5 cantine, una in ogni provincia.
Exploit anche per il gruppo Masi guidato da Sandro Boscaini che nel 2006 ha aperto il suo capitale alla sgr Alcedo ed è cresciuta del 19,4%. Una crescita del 16,2% quella di Sella e Mosca (gruppo Campari) dovuta anche alla distribuzione dei marchi Enrico Serafino, Teruzzi & Puthod, Riccadonna e Mondoro avviate nel 2006. C'è soprattutto lo sviluppo sui mercati esteri dietro l'incremento del 17% del gruppo Terra Moretti che ha allargato la sua quota export dal 12% del 2005 al 20%. Più 17% anche per la Marchesi de' Frescobaldi che nel 2006 ha raccolto Luce della vite e Ornellaia nella subholding Tenute di Toscana. Ornellaia, in particolare, sta incrementando il suo export (oggi al 67%) con una selezione delle piazze del lusso. "Per il 2007 cerchiamo di privilegiare i mercati più importanti e con gli stock più bassi", dice l'ad Giovanni Geddes da Filicaja, che sottolinea anche come la crescita degli importi del 6% è legata all'aumento dei prezzi e non delle quantità: condizione essenziale per tenere alto il valore di etichette importanti. Ancora +17%: è la Giordano vini, prima realtà privata dopo le tre maggiori coop, con 135,7 milioni di fatturato. Nel capitale della Giordano che opera nel settore delle vendite per corrispondenza è appena entrato il fondo Private equity partners.
In 13 hanno ribaltato il fatturato. Al di là degli exploit, nel 2006 le variazioni positive del giro d'affari sono di più del 2005, quando i segni meno riguardavano 17 aziende contro le 10 del 2006. Chi ha ribaltato il risultato? Cavit, che sotto la guida del neo presidente Adriano Orsi si dice oggi pronta a nuove partnership nel nord est, dopo un esercizio che l'ha impegnata in oltre 8 milioni di investimenti. Mezzacorona, (6° posto), che lo scorso anno ha comprato l'importatore tedesco Bavaria gmbh. Zonin (10°): il gruppo veneto di cui sono oggi vicepresidenti Domenico e Francesco Zonin, figli del banchiere-viticoltore Gianni, è penalizzato dalla produzione di bottiglioni da 1,5 litri che perde quote di mercato; mentre va bene anche all'estero, la Gianni Zonin Vineyard cassaforte di cantine di qualità. E tornano a correre anche Cantina di Soave, Ruffino, Bolla, La Vis Valle di Cembra, Tenute Piccini, La Versa, Fazi Battaglia. Dal segno meno al pareggio la cooperativa Tollo (che ha effettuato nel 2006 1.6 milioni di investimenti), Rocca delle Macie e Genagricola.
Dieci fatturati in flessione. La caduta più significativa del giro d'affari (-20%) è della Casa vinicola siciliana Calatrasi (49°) che spiega il risultato con il taglio dei prodotti a minore margine. E' invece colpa del vino sfuso (-25%) il lieve calo delle Cantine riunite (9°) che sul confezionato registrano una crescita dell'1,5%. Nella maggioranza dei casi i decrementi sono modesti e legati al mercato interno. Come per le Cantine Cavicchioli guidate dai fratelli Sandro, Guido, Umberto e Claudio che nel 2006 sono subentrati ai genitori in tutte le proprietà aziendali. "Leader nel Lambrusco nella grande distribuzione, stiamo risentendo del passaggio di questa tipologia di prodotti nei discount dove non siamo presenti", spiega Sandro Cavicchioli, "ma abbiamo compensato con l'export, che a mio avviso, sarà la scommessa per il futuro e con nuovi investimenti nell'area degli spumanti e dei prodotti di territorio, come l'acquisto della Bellei e di Castel Faglia in Franciacorta".
E'stata invece una scarsa organizzazione estera la causa del decremento del 9% della Feudi di San Gregorio di proprietà di Pellegrino Capaldo, che ha affidato alla nuova gestione di Edoardo Narduzzi (presidente) e Marco Gallone (ad) la guida della cantina campana. Collaboratore di fiducia di Capaldo, Gallone chiarisce la sua mission. "Crescita professionale di dipendenti e collaboratori e vini di altissima qualità puntando sempre sui vitigni autoctoni".
I maratoneti. E'lo zoccolo duro del mercato. Aziende che consolidano di anno in anno i risultati, puntando su crescite costanti. Bandiera di questa politica è la Marchesi Antinori, una delle più importanti griffe del mercato internazionale che coniuga il proprio sviluppo con la redditività, mai al di sotto del 20%. "Non intendiamo toccare la nostra marginalità e per questo non facciamo una politica di prezzi aggressiva. Quanto al 2006, lo sviluppo avrebbe potuto essere maggiore se non fosse mancato il prodotto, specie di fascia medio-alta, finito con largo anticipo", spiega al Mondo Renzo Cotarella, enologo-ad del gruppo che fa capo alla famiglia di Piero Antinori. Sviluppo costante per Gancia, da cinque generazioni dei Vallarino Gancia, che punta ora su un'espansione all'estero attraverso accordi con aziende di famiglia: il primo con la francese Boisset, tra le maggiori realtà transalpine.
Cresce all'estero, ma anche in Italia, Castello Banfi, griffe del Brunello di Montalcino e sono andate bene le Cantine Ferrari guidate da Matteo, Camilla e Marcello Lunelli, che hanno ampliato la cantina per portare la capacità di stoccaggio di bottiglie in affinamento da 15 a 20 milioni.Tra le aziende più efficienti del mercato, con un margine operativo lordo del 26%, c'è Santa Margherita che ha chiuso il primo anno sotto il controllo dei giovani Marzotto (Luca e Gaetano) con una crescita del 6,3% e con il miglior bilancio della sua storia. Sotto la guida di Ettore Nicoletto, il gruppo è in forte progresso presidiando il mercato: 11mila clienti in Italia, 41 mila negli Usa.
L'annunciato cambio di proprietà di Fontanafredda non ha frenato lo sviluppo della holding di controllo Mps tenimenti (gruppo Mps) che sotto la guida di Roberto Vivarelli, sfoggia un +11%, su cui incide lo sviluppo estero.Tra l'altro, dopo mesi di incertezza, la proprietà di Fontanafredda non lascerà più Siena, trasferendosi dalla banca alla controllante Fondazione attraverso un costituendo fondo di private equity. A proposito di proprietà aziendali, Anna ed Ernesto Abbona hanno acquisito il controllo della Marchesi di Barolo, una delle più belle realtà piemontesi, ritirando le quote di Paolo Abbona e Mauro Mauriello.
A casa Mastroberardino, solida azienda familiare campana concentrata nella sua Campania, l'incremento del 6% è stato contenuto dai limiti della disponibilità del prodotto esaurito a novembre. Sviluppi lineari e sistematici per Sartori, Berlucchi, Carpenè Malvolti, La Gioiosa di Giancarlo Moretti Polegato (proprietario anche di Villa Sandi, produttrice di Prosecco), la cooperativa Settesoli guidata da Salvatore Li Petri, le tre griffe siciliane a controllo familiare: Tasca d'Almerita, Donna fugata e Planeta.
Chi sono le new entry?  Oltre a Masciarelli, il gruppo modenese Coltiva ( 65,4 milioni ), guidato da Pierluigi Sciolette, che commercializza i prodotti degli oltre 4000 soci. Tra questi c'è Moncaro, azienda marchigiana guidata da Doriano Marchetti (18,7 milioni). Con 30,2 milioni, è entrata la veneta Cielo e Terra vini, realtà consortile di cui è dg Luca Cielo; con 21 milioni la coop Viticoltori friulani La delizia, maggiore realtà produttiva della regione, presieduta dal neo presidente Renzo Colussi ; con 19,5 milioni la Cantina produttori di Valdobbiadene diretta da Aldo Franchi. Infine la cooperativa laziale Gotto d'oro (18,9 milioni), presieduta da Luigi Caporicci. Unica defezione 2006: la siciliana Pellegrino.
Ma attenti ai furbi. C'è tanta voglia di ripresa sul mercato, anche se il freno a mano appare ancora tirato. E ci sono anche motivi di preoccupazione: "Si colgono sul mercato comportamenti commerciali scorretti, coperti da una diffusa omertà, che danneggiano i produttori", avverte Pedron. Di che si tratta? Di vino venduto come Chianti, Pinot grigio, Prosecco, Barolo o Barbera che in realtà è altro vino. Questo può avvenire quando i vigneti obsoleti non raggiungono la produzione consentita dal disciplinare di quel vino e i furbacchioni di turno comprano uve di altre zone, anche estere. "Intendiamoci, qui non si parla di vino cattivo o sofisticato, ma di frode commerciale e cioè di vino che viene spacciato per un altro", spiega ancora Pedron, che invoca più etica e più controlli. "L'Italia del vino ha costruito il suo valore aggiunto sulle denominazioni che sono soggette a regole severe: le frodi vanno a colpire l'essenza stessa della strategia vinicola italiana".
"Si sta affinando attraverso i Consorzi un sistema di controlli che vogliamo siano efficaci senza penalizzare gli operatori", dice Andrea Sartori presidente Uiv. "Ed è in corso il censimento del catasto viticolo che rappresenta una indispensabile base di partenza".

Ecco chi è il wine lover...
Maschio, 40 anni circa, buona cultura e buona disponibilità economica, attento alla qualità della vita, curioso: chi è costui? Il wine lover. Ovvero l'appassionato e buon conoscitore di vino che tutte le cantine sognano di trovare sulla loro strada. A farne per la prima volta il ritratto è una ricerca commissionata da Verona Fiere su un campione di 518 persone. Cosa rivela? Che almeno la metà di questi signori acquista in media 111 bottiglie l'anno con una frequenza di una o più volte la settimana; il 30% compra vino ogni 15 giorni e il 3,7% arriva ad acquistare oltre 300 bottiglie l'anno. Quanto alla spesa, il wine lover spende mediamente per il consumo casalingo 8,50 euro ma è disponibile ad arrivare fino a 70 euro e anche oltre 100 per qualche etichetta molto amata. E c'è pure chi (l'1,8%) non si ferma a 500, pur di sorseggiare il rosso del cuore.

Più utili per Genagricola, Antinori, Santa Margherita...
Solo 26 aziende su 58 hanno comunicato il risultato di esercizio. E' possibile che tra le cantine che non hanno fornito il dato, più d'una abbia girato in perdita la boa dell'ultimo esercizio. Ma sono comunque la maggioranza quelle che non amano far conoscere l'utile dell'azienda, anche per evitare «l'invidia dei concorrenti». Punto di vista sorprendente nel 2007 e in un mercato in cui la trasparenza dovrebbe essere la stella polare di ogni azienda. Comunque sia, tra le poche ma buone, si mettono in luce per la più alta redditività il gruppo Marchesi Antinori, Santa Margherita e Genagricola, tutte e tre con un rapporto tra utile e fatturato che tocca e supera il 20%. La corona d'alloro spetta in particolare a Genagricola, holding agroalimentare del gruppo assicurativo Generali che nel solo comparto vitivinicolo realizza un utile di 2,6 milioni su 10,9 di fatturato, sfoggiando un rapporto del 23,9%. Presieduta da Giuseppe Perissinotto e guidata da Gianfranco Bonavigo, Genagricola è la più grande azienda agricola italiana, con 7600 ettari coltivati e un giro d'affari complessivo di 27,7 milioni di euro a fine 2006. L'area vino, in forte rilancio in questi ultimi anni grazie anche alla consulenza dell'enologo Donato Lanati, comprende le aziende Torre Rosazza nei colli orientali del Friuli, Sant'Anna nel veneto orientale, Borgo Magredo nelle Grave del Friuli e Gregorina nelle colline romagnole per un totale 420 ettari vitati e 3,2 milioni di bottiglie. Alle tenute italiane si aggiunge la proprietà di oltre 300 ettari vitati nella Romania occidentale, dove Genagricola rappresenta la principale realtà agricola con 10mila ettari di terreni coltivati. Tornando tra i più bravi, vanno sottolineati le brillanti perfomance del gruppo Masi in veneto (17,7%) del gruppo Cecchi in Toscana ( 13,3%), della Mastroberardino in Campania (14,4%) e di Donna fugata in Sicilia (12,8%): aziende che si confermano così tra le più redditizie del mercato.

Ai giovani piace estero...
Più di 272 milioni di euro per un controvalore in volumi di 1,8 milioni di ettolitri: è un fenomeno poco conosciuto, ma passin passetto l'Italia ha triplicato l'acquisto di vino estero negli ultimi 5 anni, diventando l'undicesimo paese importatore. Lo rivela una ricerca commissionata da Verona fiere in occasione del Vinitaly. Gli acquisti sono di due tipi. C'è l'importazione di qualità dalla Francia che riguarda in particolare il prodotto champagne: 67 mila ettolitri in totale per un controvalore di 136 milioni di euro. E c'è l'acquisto del vino sfuso, al più basso prezzo, soprattutto sui mercati spagnolo e sudamericano. Chi sono gli acquirenti delle etichette estere? Molti giovani, prevalentemente del centro nord. Sono invece una minoranza (il 2%) i veri appassionati che comprano almeno 50 bottiglie l'anno, con una spesa di circa 10 euro a bottiglia che sale a 40 euro per uno champagne.

Fratelli Martini, Bolla e Masi cavalieri oltre frontiera...
L'export rappresenta una quota determinante nel fatturato totale di molte aziende. Come si può vedere nella classifica, le più impegnate oltre frontiera sono la Fratelli Martini e Bolla che esportano rispettivamente il 93% e il 92% della loro produzione. In particolare i tre mercati di riferimento della cantina guidata da Gianni e Piero Martini sono la Germania (44%), il Regno unito (24%) e gli Usa (4%). Gli Stati uniti pesano per il 72% sulle vendite di Bolla (di cui il Giv ha acquisito le strutture produttive e iniziato la distribuzione del marchio in Italia) che ha in Uk e Canada altri due sbocchi interessanti. Tocca l'89% l'export del gruppo Masi (i mercati di riferimento sono Canada, Germania, Usa e Svezia) e arriva all'85% quello delle Tenute Piccini in Toscana. Per la terza volta consecutiva Cavit è il primo marchio italiano nella ristorazione americana e, in base ai dati Nielsen, anche il primo produttore negli Usa dove fattura l'equivalente di 125 milioni di euro: quasi la totalità dei suoi 137,7 milioni di export. Uk, Usa e Germania sono i principali interlocutori della casa vinicola Sartori che ricava dall'estero 29,5 milioni pari all'80% del totale. Passando infine dal peso percentuale al valore, numero uno è il Giv con 181,7 milioni (pari a un'incidenza del 68,3%) ricavati in gran parte da Germania (16%), Usa (15%), Uk (12%), Canada (10%). Altri grandi esportatori: Barone Ricasoli (77%), Umani Ronchi (75%) Mezzacorona e Ruffino (70%), Marchesi de Frescobaldi (66,5%), Castello Banfi (65%).

Nasce una nuova società di servizio alle cantine...
L'anno scorso una stretta di mano e la decisione di camminare insieme dopo un secolo di strade parallele. Mercoledì 28 marzo, un nuovo decisivo passo: Unione italiana vini e Federvini, le due principali organizzazioni del settore, assieme a Verona Fiere hanno creato a Verona una società consortile con specifiche finalità. «Conoscenza dei mercati e delle tendenze di consumo, ricerche anche di carattere scientifico, formazione: sono i principali obiettivi del nuovo consorzio che nasce per offrire alle imprese servizi e supporto in particolare sui mercati internazionali», spiega al Mondo Giovanni Mantovani, direttore dell'ente fieristico veronese che assieme ad Andrea Sartori (presidente di Uiv) e Piero Mastroberardino (presidente Federvini) è tra i più convinti sostenitori della neonata iniziativa e della necessità per le aziende di fare sistema. «Una leva della comune strategia è il Vinitaly», sostiene Mantovani. «La manifestazione rappresenta un punto di riferimento del mercato vitivinicolo nel mondo, ma non va più solo considerata come un grande contenitore di spazi espositivi, ma anche come sede di dialogo e di servizi con le aziende e soprattutto strumento di supporto alla promozione internazionale, avviata concretamente negli ultimi anni». In questa ottica rientra anche l'iniziativa Taste Italy, la più importante iniziativa business to business del 2007, che da da giovedì 29 marzo a lunedì 2 aprile mette in contatto con le aziende 5 mila operatori esteri accreditati.
Complice l'innovativo sistema di dispenser Enomatic i buyer stranieri inserendo un badge personalizzato possono degustare, con la consulenza di sommelier professionali, i vini delle varie cantine (due per ciascuna), corredati di scheda tecnica e di coordinate per raggiungere il produttore. Senza vincoli di orario e di tempo in una grande area riservata. Si vedrà se la nuova iniziativa darà i suoi frutti, soddisfacendo anche le richieste di un maggiore cotè professionale della manifestazione. Di certo, già a metà marzo, l'ente ha registrato ben 20 mila preaccrediti di operatori esteri contro i 5 mila contati alla stessa data lo scorso anno.

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