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IL CONTO DEI DANNI

Il peso dei dazi Usa sull’export agroalimentare Ue: pagano vino francese e olio spagnolo

La Francia fa i conti: prezzi su del 30% Oltreoceano. Nomisma Agroalimentare: dazi sul 9% delle esportazioni del food italiano
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Il peso dei dazi Usa sull’export agroalimentare Ue

Con 3,76 miliardi di euro, il mercato Usa rappresenta il 33% delle esportazioni totali del vino europeo, di cui 1,2 miliardi di dollari di vino fermo imbottigliato dalla Francia, 94 milioni di dollari dalla Germania, 200 milioni di dollari dalla Spagna e 17 milioni di dollari dalla Gran Bretagna, per un totale di 1,511 miliardi di dollari (1,38 miliardi di euro, ndr) di esportazioni enoiche su cui graveranno i nuovi dazi decisi dall’Amministrazione Trump, dopo la decisione della Wto, in seno alla querelle Airbus-Boeing, di permettere agli Usa di imporre 7,5 miliardi di dollari di dazi all’Unione Europea. Un 25% che peserà sull’economia dei Paesi colpiti, ed una decisione stigmatizzata anche dal Ceev, il Comitato Europeo delle Imprese del Vino guidato dal presidente Jean Marie Barillère: “ci rammarichiamo per questa decisione che danneggia direttamente le aziende vinicole dell’Unione Europea, ma non solo, perché anche importatori e consumatori statunitensi saranno interessati dalle nuove tariffe. Continueremo a sostenere la Commissione Europea e gli Stati membri nei loro sforzi per trovare una posizione condivisa da tutti”.
Particolarmente preoccupata la Fevs, ossia la Fédération des Exportateurs de Vins et Spiritueux di Francia che, come racconta il magazine d’Oltralpe Vitisphere, spera in un supplemento di trattative tra gli Usa e la Ue, anche se la decisione è arrivata tutt’altro che inaspettata e, ricorda il presidente Fevs, Antoine Leccia, “riguarderà tutte le Regioni vitivinicole del Paese, con un aumento dei prezzi al consumo stimato in un +30%”. Non esiste una soluzione, ma è immaginabile un passo indietro da parte del mondo produttivo, che si traduce in una riduzione dei margini, e quindi dei prezzi, ammesso che sia sufficiente a resistere e, soprattutto, a non perdere quote di mercato, difficilissime, oggi come oggi, da riconquistare. Anche la Spagna, che però è appena il settimo esportatore di imbottigliato sul mercato Usa, fa i conti con i dazi, ricordando che nei primi sette mesi del 2019 le spedizioni enoiche Oltreoceano hanno toccato i 301 milioni di euro, ad un prezzo medio di 4,14 euro al litro, con il 58% del valore legato ai vini a denominazione (175 milioni di euro, ad un prezzo medio di 5,37 euro al litro).
A fare invece un’analisi complessiva sul peso dei dazi Usa è Nomisma Agroalimentare, attraverso la ricostruzione dei valori di import al 2018 di tutti i singoli prodotti agroalimentari elencati (113) nella lista emanata dall’amministrazione americana (USTR) suddivisi tra Paesi interessati. Innanzitutto va detto che su un totale di import agroalimentare negli Usa di origine italiana che nel 2018 è stato di 5,48 miliardi di dollari, l’ammontare che viene interessato dai nuovi dazi è di circa 482 milioni di dollari, vale a dire il 9%. Se questo può sembrare una buona notizia, il brutto è che la gran parte di tale montante (quasi il 50%) riguarda i formaggi, in particolare Dop, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Pecorino Romano. Vino, olio d’oliva e pasta non sono stati inseriti nella “black list” mentre il secondo prodotto più colpito sono i liquori, per i quali il dazio del 25% andrebbe ad interessare un valore di quasi 167 milioni di dollari.
“I dazi Usa sui nostri formaggi Dop potrebbero avere impatti molto significativi su tutta la filiera lattiero-casearia collegata, alla luce dei forti legami che queste produzioni certificate hanno con il sistema degli allevamenti, sia a livello nazionale che territoriale: basti pensare al Pecorino Romano, prodotto per oltre il 90% in Sardegna che sostanzialmente dipende dal mercato degli Stati Uniti dove esporta oltre il 60% della propria produzione o al Grana Padano e al Parmigiano Reggiano che congiuntamente valorizzano il 40% di tutto il latte vaccino prodotto in Italia” evidenzia Denis Pantini, direttore dell’Area Agroalimentare di Nomisma.
Nel caso della Francia, il dazio andrebbe a colpire principalmente il settore dei vini fermi su un valore di 1,3 miliardi di dollari (vale a dire il 20% dell’import agroalimentare di origine francese). In questo caso, Trump ha risparmiato sia lo Champagne che i formaggi transalpini mentre ha “bastonato”, al di fuori dell’agroalimentare, le esportazioni dei grandi aerei commerciali (10% di dazio su 3,5 miliardi di dollari di import), “casus belli” della disputa in corso tra le due sponde dell’Atlantico. Per la Spagna, il valore dei propri prodotti inseriti nella lista incide per ben il 35% sul totale delle importazioni agroalimentari spagnole negli Usa, con olio d’oliva e vino più penalizzati.
In merito al Regno Unito, la quasi totalità dei propri prodotti esportati negli Usa soggetti a nuovi dazi attiene agli spirits e, in particolare al whisky anche se nella lista viene specificato che l’import di questo prodotto sarà “tassato” solo in quota parte e non su tutto l’ammontare. Va comunque segnalato che, nel 2018, l’import americano di Scotch Whisky è stato di ben 1,6 miliardi di dollari che, unito agli altri prodotti di origine britannica inseriti nella lista, conducono ad una potenziale incidenza delle esportazioni soggette a nuovi dazi di oltre il 60% sul totale degli scambi agroalimentari. Infine la Germania. Per questo paese, il valore dell’import soggetto a dazio è il più basso dei cinque top exporter considerati, vale a dire 424 milioni di dollari, il 19% del totale degli scambi agroalimentari verso gli Usa. Anche in questo caso, gli spirits rappresentano i prodotti più colpiti.

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