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Il Secolo Xix

La sfida del vino: 70 produttori europei a confronto per un ritorno ai metodi tradizionali dei viticoltori e di vinificazione ... C’è chi li chiama “vini naturali”, prodotti che seguono i ritmi della natura senza forzarla ma trovando in essa le risorse per migliorare e difendersi. E c’è chi, quasi provocatoriamente, li definisce “vini veri”, in contrapposizione alla maggior parte dei vini oggi presenti sul mercato, che, in misura maggiore o minore, dipendono dalla chimica: chimica che interviene nella vigna con i fertilizzanti, i diserbanti, i trattamenti, e domina in cantina attraverso i lieviti prodotti dall’industria e altri correttivi. Fare e promuovere questi vini è una sfida difficile. Contro giocano interessi consolidati, l’enorme business del vino, la cultura enologica moderna, la pressione del gusto internazionale. E la natura stessa, con le malattie della vite, ataviche o importate. Eppure questo fenomeno nascente fa nuovi adepti. E, assicura l’importatore di vini e liquori genovese, Luca Gargano, presidente della Velier, un guru del vino capace di anticipare di lustri le nuove tendenze, sarà questa, dei vini naturali, la nuova frontierà del vino di qualità. Il riferimento più forte è in Francia dove, a partire dagli anni ‘80, Nicolas Joly sperimenta nell’azienda di famiglia i principi della biodinamica teorizzati dal filosofo Rudolf Steiner, fino a promuovere, nel 2001 un movimento, la Renaissance des Aoc (le denominazioni di origine controllata francesi). Il manifesto è una “Carta di qualità” che prevede un cammino, articolato in tre tappe, verso il raggiungimento di una produzione completamente naturale. Un movimento che in tre anni ha fatto molta strada e nel novembre scorso a Bordeaux, in concomitanza con Vinexpo, ha dato vita a una manifestazione alternativa cui hanno partecipato etichette prestigiose, fra le quali Romanée-Conti, uno dei miti dell’enologia francese. In Italia, finora, solo qualche pioniere isolato, si è avventurato su questa strada: scelte controcorrente, di solito ignorate dalla critica. Con due sole eccezioni: il friulano Josko Gravner, il vignaiuolo-filosofo di Oslavia, che dopo aver provato tutte le tecniche, da dieci anni ha bandito la chimica dai suoi vigneti e in cantina è tornato a pratiche ancestrali, e l’assicuratore milanese Gianfranco Soldera, che a Montalcino, fra 500 varietà di rose, meli, acque stagnanti (perché ci vogliono gli insetti), casette per ospitare gli uccelli di passo (perché l’ecosistema è importante), produce un grande Brunello. Ma la nuova filosofia del vino anche in Italia sta dando vita a un movimento. Il veneto Angiolino Maule (La Biancara), il friulano Stanco Radikon, il toscano Fabrizio Nicolaini (Massa Vecchia), l’umbro Giampiero Bea (Paolo Bea), dopo aver trovato nelle idee di Joly un’interessante traccia da tenere come riferimento, hanno costituito un’associazione, il “Gruppo Vini Veri”, che rivendica la libertà di fare il vino con i sapori della terra da cui proviene, preferendo assistere la natura, non guidarla o tanto meno forzarla. Mostrano con orgoglio, Maule e Nicolaini, le mani che tradiscono la fatica della terra. Per anni mi sono scontrato con cose che non mi piacevano - confessa Maule - ora mi sembra di vivere in un sogno. Non devono essere solo vini veri ma anche buoni - spiega Radikon - per arrivarci, però, bisogna avere una grande uva: a quel punto in cantina si può solo rovinarla. Se vogliamo che un vino rispecchi il territorio - aggiunge Nicolaini - non abbiamo scelta: facciamo dei vini naturali. Dobbiamo riprenderci i sapori della terra, insiste Bea, architetto per formazione, vignaiuolo per passione. Sulla loro strada i produttori di “Vini Veri” hanno incontrato un alleato determinatissimo in Luca Gargano, che due anni fa aveva rivoluzionato la propria attività lanciando il manifesto delle “Triple A” e selezionando una schiera di “agricoltori-artigiani-artisti” che bandiscono la chimica dai vigneti e utilizzano solo lieviti naturali, quelli che si trovano nel vigneto. Sentivo che i vini stavano diventando tutti uguali - racconta - e del resto non poteva che essere così. I terreni sono morti: non c’è più un lombrico nei vigneti trattati con diserbanti e fitofarmaci. E’ stato detto che c'è meno vita in un vigneto della Borgogna che nel deserto del Sahara. Se non c'è vita, la fermentazione non parte e allora devo acquistare i lieviti selezionati dal Canada e dall’Australia. A dispetto della denominazione d'origine. A chi accusa i sostenitori dei vini naturali di fare un’operazione commerciale, Gargano replica di aver eliminato dal listino della Velier i vini di prezzo superiore a 7/8 euro che non siano naturali e di aver cancellato addirittura un best seller come il californiano Caymus, con grande sacrificio per il suo fatturato. Intanto, dall'incontro di “Vini Veri” con le “AAA” di Velier è nata l’idea di organizzare, in parziale concomitanza con il Vinitaly di Verona, una manifestazione aperta ai produttori che in Europa condividono la filosofia dei vini naturali (l’ingresso per operatori e appassionati è a invito). L’appuntamento, che è stato presentato a Milano al “Gustibus” di via Lorenteggio, è per il 4 e 5 aprile a Villa Favorita, a Monticello di Fara, presso Vicenza (casello autostradale di Montebello). Hanno aderito circa 70 produttori di otto Paesi. Particolarmente nutrita la rappresentanza slovena e quella francese, che annovera un gran numero di domaines e chateaux che aderiscono alla Renaissance di Joly o alle “Triple A” di Velier, fra cui nomi prestigiosi quali Clos de la Coulée de Serrant, Domaine de l'Ecu, Ferme de la Sansonnières, Chateau Le Puy, La Grave, Lagarrettes, Domaine Milan, De Villeneuve, Weinbach, Zind Humbrecht, Metras, Tissot, Leon Barral, Champagne Larmandier Bernier. Oltre agli spagnoli Telmo Rodriguez e Palacios e al libanese Chateau Musar. Ma ci saranno anche alcuni italiani che hanno raccolto l’invito dei fondatori di “Vini Veri”: piccoli produttori tra i quali tre nomi che sono altrettante icone del Barolo: Teobaldo Cappellano, Bartolo Mascarello, Giuseppe Rinaldi. Vicenza sarà un’occasione per discutere, confrontarci e imparare. Sono sempre stato convinto che la natura sia un’ottima amministratrice di se stessa - osserva Cappellano - neanch’io uso i lieviti e quest’anno ho cominciato a concimare con le vinacce. E il mercato? Da parte della ristorazione più evoluta l'attenzione c’è. Due dei ristoranti dove si beve meglio in Italia, “La Brinca” di Né (Chiavari) e “La Siriola” di Armentarola (Badia), per esempio, evidenziano già da almeno un anno i vini naturali. Stefan Wieser segnala le “AAA” e Sergio Circella evidenzia in verde i vini biodinamici e più in generale quelli rispettosi della natura, segnalando soltanto i produttori di cui sono personalmente certo, fra i quali alcuni liguri che si sono avviati su questo percorso, come Vladimiro Galluzzo (Cantina delle Terre Rosse), Walter De Batté e Kurt Wachter (Buranco). Certo, i vini naturali sono in genere piuttosto cari - ammette il ristoratore della Val Graveglia - ma i risultati in certi casi sono davvero interessanti. C'è ancora molto da fare ma credo ne valga la pena.

Il personaggio - Nicolas Joly: La libertà sta nella natura

e in un vigneto piantato 800 anni fa


Ho 59 anni, sono nato il 23 agosto, sotto il segno della Vergine. Inglese buono e conoscenze di tedesco... Moi je suis gaulois et latin... (Io sono gallo e latino) ... Nel 1977 ho maturato la decisione di lasciare la mia carriera nel campo della finanza: negli ultimi mesi lavoravo in banca a Londra e andavo a ora di pranzo nelle biblioteche per scovare il metodo migliore per fare il formaggio di capra ... Tutti mi prendevano per matto. Appena arrivato, avevo pochissimi soldi ma sapevo di essere libero: la libertà è stare fuori, è avere un cavallo che mi aiuti ad arare, dei cani, dei fiori da piantare, degli alberi che cresceranno, un orto che mi nutra. Il re, il vero re, sarà chi avrà un pozzo, una piccola fattoria, un pezzo di terra dove far crescere gli ortaggi e un po’ di legna per fare il caffè. Mi è stata consegnata questa vigna e io la riconsegnerò. Ho l'impressione di avere un ruolo importante da svolgere in questo luogo per me sacro, energeticamente molto forte, antico e legato alla cultura celtica .... Quel luogo che Nicolas Joly descrive con tanta passione nel suo libro, Il vino tra cielo e terra, recentemente pubblicato da Porthos Edizioni, è il vigneto della Coulée de Serrant, creato nel XII secolo dai monaci cistercensi e piantato a vigna da più di 800 anni. Della stessa epoca è il castello, di cui restano i ruderi, che si ergeva a poche centinaia di metri, su una roccia alta sulla valle della Loira. Lì si svolse una storica battaglia grazie alla quale il re di Francia Filippo Augusto, in guerra contro i Plantageneti, salvò la corona e riconquistò territori che erano passati sotto gli Inglesi. La casa, ricostruita alla fine del ‘700, tocca le rovine del castello e il monastero, tuttora in piedi, accoglie una parte della cantina. La Coulée de Serrant, Appelation d’Origine Controllée (l’equivalente della Doc italiana) di 7 ettari, è considerata da otto secoli come un luogo privilegiato per la produzione di vino. Joly torna nel 1977 a Savennières, nell’azienda che la sua famiglia aveva acquistato nel ‘61. Per i primi tre anni si fa assistere dai tecnici della Camera dell'Agricoltura, ma ben presto decide di fare a modo suo, rinunciando all’impiego di diserbanti e concimi chimici e applicando nuove tecniche di coltivazione. Nel 1980 viene a conoscenza delle teorie formulate dal filosofo austriaco Rudolf Steiner e decide di applicarle a una parte dei suoi vigneti. Soddisfatto dei risultati, nel 1983 converte l'intera superficie a coltivazione biodinamica. Dopo anni difficili, di sperimentazione e di polemiche, i vini biodinamici di Clos de la Coulée de Serrant sono oggi considerati fra i migliori di Francia dalla critica internazionale. (arretrato de "Il Secolo XIX" del 28 marzo 2004)

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