Il Senatore della Repubblica francese Yves Daudigny ci riprova: dopo la tassa sull’olio di palma, meglio conosciuta come “tassa sulla Nutella” (di cui l’olio di palma è ingrediente essenziale), triplicata da un giorno all’altro, l’ultima idea è quella di una tassa sul vino venduto dentro i confini nazionali, che andrebbe a coprire, nella finanziaria che verrà votata ad ottobre, le spese sanitarie e di assistenza sociale per problematiche derivanti proprio dall’abuso nel consumo di alcol, tabacco, e disturbi alimentari. Per i consumatori francesi sarebbe il terzo aumento nel settore del wine & spirits da sopportare nell’arco di due anni: il Governo Sarkozy aveva già aumentato le tasse sugli spirits, nell’ottobre 2011, emulato l’anno dopo dal Governo Hollande, che decise invece di colpire la birra.
Un altro colpo messo a segno dalla salute, ma che non tiene conto di alcune considerazioni importanti: come ha ricordato a Decanter Audrey Bourolleau, direttore generale del gruppo di lobbying Vins et Société, “l’industria del vino in Francia ha contribuito all’economia del Paese per 7,6 miliardi di euro, e rappresenta da sola 500.000 posti di lavoro. Non ci sono prove che questo genere di tassazione limiti il consumo di alcolici, al contrario è possibile, come abbiamo visto per gli spirits, che si abbassi il livello medio qualitativo, con rischi anche peggiori per la salute dei cittadini, senza dimenticare il contrabbando frontaliero, che in situazioni del genere torna a fiorire. Non è una buona idea tassare il vino proprio in Francia, nella terra del “paradosso francese”, propagandandola come scelta per la difesa della salute dei cittadini, credo che anche all’estero l’impatto non può che essere negativo”.
Certo è, che l’attuale tassazione, di 0,04 euro a bottiglia, è di molto inferiore al balzello che paga l’industria della birra (0,36 euro a bottiglia), mentre Daudigny vorrebbe portarla a 0,30-0,60 euro, in base alla bottiglia, con un incremento delle entrate di 1,3 - 2,7 miliardi di euro l’anno, e nemmeno Bourolleau si oppone all’idea di un contributo maggiore al bilancio dello Stato da parte del settore vinicolo, “ma sarebbe meglio aumentare l’Iva, ad esempio, perché il legame tra vino e salute è inammissibile”. Margini ce ne sono, non c’è ancora nessuna decisione definitiva, e tutto il tempo per dibatterne in Senato e all’Assemblea Nazionale.
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