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IL “TAGLIO LINEARE” DEI COMUNI SOTTO 1.000 ABITANTI NON S’HA DA FARE: LE CITTÀ DEL VINO SONO CONTRARIE CHE PERDEREBBE IN UN SOL COLPO 57 COMUNI SOCI, E CHE DANNO NOME A DENOMINAZIONI IMPORTANTI COME BAROLO

Il “taglio lineare” dei comuni sotto 1.000 abitanti non s’ha da fare: al coro dei “no” alla proposta in discussione nella manovra finanziaria (che prevede, tra le altre cose, il mantenimento della figura del Sindaco ma la cancellazione di giunte e consigli comunali, la creazione di unioni dei comuni per la parte amministrativa) si uniscono anche le Città del Vino, associazione che vedrebbe, peraltro, la “cancellazione in un sol colpo 57 Comuni aderenti. Tra di loro: Albugnano, Alice Bel Colle, Barolo, Barbaresco, La Morra, Novello, Verduno e Novello in Piemonte, Furore e Tufo in Campania, Serrapetrona nelle Marche, Chambave in Valle d’Aosta, San Martino sulla Marrucina in Abruzzo, San Floriano del Collio in Friuli, Garlenda e Pornassio in Liguria, Rovescala e Golferenzo in Lombardia … Spesso sono Comuni che danno nome ad una Doc o Docg, e tra i fondatori delle Città del Vino”.
Una posizione ufficiale, dunque, che verte anche su un rischio sostanziale, rappresentato soprattutto da “tagli di svariati miliardi ai trasferimenti, poiché queste misure non producono risparmi, se non irrisori, mentre invece impedirebbero ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti di prossimità, soffocando la democrazia nei territori e la funzione di presidio e metterebbero a rischio servizi essenziali per i cittadini”.
“Da decenni - si legge ancora - i piccoli comuni sono stati i protagonisti della valorizzazione delle risorse locali, naturalistiche, culturali, enogastronomiche; della sopravvivenza e spesso del rilancio di tante piccole comunità di aree montane e disagiate; di un’azione costante e quotidiana, in presa diretta con i cittadini, tesa a garantire coesione e inclusione sociale; in assenza di politiche nazionali di promozione e valorizzazione del grande patrimonio diffuso in ogni angolo del nostro Paese”.
Le Città del Vino, si legge nell’ordine del giorno del 26 agosto 2011, “si associa a quanti rifiutando il metodo dell’imposizione dall’alto di chiusure e tagli, auspicano l’apertura di un grande dibattito nazionale sugli assetti futuri del governo locale, dove ridiscutere i ruoli di Stato, Regioni, Province e Comuni, alla luce di una ristrutturazione complessiva della spesa pubblica che veda ogni livello fare coerentemente la propria parte, fra l’altro come già prevede l’articolo 133 della Costituzione; la soppressione di un po’ di Comuni e di qualche Provincia, senza uno progetto vero per la “governance” locale non servirà a nulla. Non ci opponiamo per principio alla prospettiva di accorpamenti, ma occorre il consenso dei territori: che siano le comunità locali a decidere le forme e i livelli dell’accorpamento, rifiutando ogni forma di abolizionismo cieco, imposto dall’alto, delle forme di democrazia sul territorio”.
Secondo le Città del Vino, la via da percorrere è quella “di una spinta decisa verso Unioni dei Comuni generalizzate, forti, incentivate, dotate di risorse e poteri reali, capaci di programmazione strategica, il livello a cui affidare le funzioni fondamentali, sottraendo quindi al rischio di asfissia e di insostenibilità i servizi, ma mantenendo nelle singole realtà la funzione “municipio”, come presidio territoriale capillare, garanzia di vicinanza ai problemi delle comunità e terminale della democrazia sul territorio, in grado di produrre risparmi anche considerevoli attraverso consorzi di servizi, dallo smaltimento dei rifiuti al trasporto scolastico, dalle mense alla polizia municipale, e altro ancora”.
Info: www.terredelvino.net

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