Nuove e vecchie incertezze interessano il mondo del vino, che ha attraversato un 2024 tra alti e bassi, con un globale rallentamento dei consumi e oggi si trova di fronte a inflazione, guerre, salutismo, cambiamento dei consumi, cambiamento climatico. Ma “nella mia carriera ho vissuto tante fasi di crisi del mondo del vino. Tutte superate. Lo sarà anche questa. Gli elementi di preoccupazione e di difficoltà sono molti per il settore, ma il vino italiano è cresciuto tantissimo in qualità, e ci sono tanti mercati del mondo ancora da scoprire e conquistare. Dobbiamo avere fiducia nei valori di questo prodotto e credere nel futuro”. È il pensiero, a WineNews, di Piero Antinori, padre nobile del rinascimento del vino italiano, per decenni alla guida di Marchesi Antinori, realtà leader dell’Italia del vino, oggi guidata dalle figlie Albiera, Allegra e Alessia, con l’ad Renzo Cotarella. Un messaggio raccolto, nei giorni scorsi, ne “I Colloqui dell’Economia” della Camera di Commercio di Firenze, dove Piero Antinori ha ripercorso la sua storia personale, che coincide con quella del mercato vinicolo toscano ed italiano, e ha descritto la sua visione intorno ai temi “caldi”.
Sul palco Piero Antinori ha messo insieme i suoi ricordi dello sviluppo agricolo e commerciale della campagna toscana: “negli ultimi cinquanta anni, il vino ha fatto più progressi che nei millenni precedenti. Firenze e la Toscana, culla del Rinascimento artistico e scientifico, sono state anche protagoniste di un rinascimento enologico. La città era un tempo il cuore finanziario dell’Europa: i banchieri fiorentini prestavano denaro ai regnanti ed al Vaticano. Il Fiorino era come il dollaro di oggi. Questa eredità di cultura, arte e innovazione si riflette anche nella produzione vinicola”. Antinori ha sottolineato come, solo 60 anni fa, il vino toscano (ma vale per tutto il vino Italiano) attraversasse un periodo di grave crisi: “non solo siamo riusciti a evitare il declino, ma abbiamo trasformato una produzione in crisi in una delle eccellenze del mondo. Da un modello basato sulla quantità e sul basso costo siamo passati ad uno fondato sulla qualità e sulla sostenibilità”. Questo cambiamento non ha riguardato solo il vino, ma anche il paesaggio toscano: “la viticoltura ha salvato le campagne dall’abbandono, preservando la bellezza delle colline, che oggi rappresentano un valore aggiunto straordinario”.
La Toscana, grazie a una varietà unica di produzioni, che spazia dal Chianti Classico al Brunello di Montalcino, dalla Vernaccia di San Gimignano ai vini di Bolgheri e della Maremma, è oggi un punto di riferimento mondiale: “il nostro punto di forza è la combinazione tra storia, cultura, bellezza e gastronomia, che ci rende competitivi sui mercati internazionali”, ha aggiunto Piero Antinori. Che riguardo alla flessione nei consumi di vino che si sta vivendo, un po’ ovunque, in questi mesi, si mostra ottimista: “è una tendenza momentanea. Il gusto dei consumatori evolve, e si orienterà sempre più verso vini caratterizzati da eleganza e finezza, caratteristiche che la Toscana può offrire. Il vino non può essere paragonato ai superalcolici: se consumato con intelligenza, può avere anche effetti benefici sulla salute”.
Tra i temi discussi, guardando al futuro, anche il rischio dei dazi annunciati da Trump, in Usa, primo mercato del vino italiano e toscano: “tutto ciò che ostacola il libero commercio è negativo. Tuttavia - ha aggiunto Piero Antinori - il rafforzamento del dollaro potrebbe compensare questi ostacoli: gli Stati Uniti sono diventati il principale consumatore di vino al mondo, e nonostante una leggera stasi, sono un mercato fondamentale”. Tra le grandi promesse del mercato, ad oggi mancate, però, c’è anche la Cina. Che Antinori ha descritto un mercato potenzialmente enorme, ma ancora secondario: “i francesi hanno avuto più successo inizialmente, ma, come negli Stati Uniti, anche in Cina i vini italiani stanno guadagnando terreno. Quando questo mercato sarà maturo, il vino italiano avrà il suo meritato posto”.
Guardando al passato, Piero Antinori ha ricordato i suoi inizi: “negli Stati Uniti, il vino italiano era considerato poco più di uno scherzo. Si vendeva il fiasco perché utile come candeliere. Oggi, grazie a un lungo percorso di qualità e promozione, il vino italiano rappresenta un pilastro del made in Italy. Abbiamo fatto passi da gigante, ma uno dei nostri limiti è l’individualismo. Per fortuna, negli ultimi tempi, si sono creati Consorzi e collaborazioni tra produttori, combinando la specificità delle nostre tradizioni con la forza del lavoro di squadra”. Tra i temi sul piatto, nel mondo del vino, in ogni caso, c’è quello del riequilibrio tra produzione, oggi in eccesso, e domanda, in calo. E se in Francia si stanno espiantando migliaia di ettari di vigneti, come successo anche in Australia, per esempio, oggi si inizia a discuterne anche in Italia e in Spagna. Ma per chi, come Piero Antinori, ha sempre investito in primis nella terra, non è la strada giusta, come ha spiegato ancora a WineNews: “credo, che espiantare il vigneto, soprattutto in zone vocate, è un impoverimento del territorio, anche dal punto di vista sociale. Io credo che questo vada evitato in tutti i modi. La strada giusta è quella, semmai, di spendere i soldi per la comunicazione, per la promozione dei nostri prodotti, anche, come dicevo, nei mercati che, fino a oggi, non sono stati mercati importanti per il consumo del vino, ma che, certamente, lo saranno e lo potranno essere”.
Con una visione ottimista sul futuro, Piero Antinori crede, dunque, che il vino, di Toscana e d’Italia, continuerà a crescere e a conquistare i mercati globali, rimanendo un simbolo di eccellenza e di cultura. Con un augurio per il 2025, ormai alle porte: “dobbiamo continuare, con passione e fiducia, a credere nel nostro prodotto. Io ci credo, e l’augurio è che tutti abbiano fiducia nel futuro”.
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