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IL VINO ITALIANO RADDOPPIA L’EXPORT IN RUSSIA NONOSTANTE I PESANTI DAZI. NEI RISTORANTI DI MOSCA BOTTIGLIE A 10 VOLTE IL PREZZO DI PARTENZA DALLA CANTINA. L’ANTITRUST RUSSA: “CARTELLO DEI PRINCIPALI PLAYER”. GLI IMPORTATORI: “TROPPE TASSE”

Il vino italiano raddoppia in Russia, nonostante le difficoltà legate ai pesanti dazi di importazione. Se da un lato la Coldiretti esulta perché all’ombra della Piazza Rossa le importazioni di etichette italiane sono aumentante del 122% nel 2009, arriva notizia che in qualche ristorante di Mosca, anche di medio livello, si trovano bottiglie tricolore, che costano anche 10 volte il prezzo di partenza dalla cantina, anche se sono vini da pochi euro. Colpa della speculazione di ristoratori e commercianti? No, o almeno non del tutto. A pesare in maniera determinante sono anche i pesanti dazi a cui il vino è soggetto. Una situazione che va avanti da anni, ma ora l’Antitrust russa sembra essersi accorta che qualcosa non funziona. E ad essere colpito non è solo il vino italiano, ma anche quello francese, venduto sul mercato della capitale russa a prezzi proibitivi. Per il servizio antimonopolio (Fas) si tratta di accordo di cartello e dell’inizio politiche di monopolio dei principali player.

Tuttavia gli importatori fanno presente che le tasse e i dazi pesano in maniera significativa. “Sul prezzo di una bottiglia, mettiamo di 8.000 rubli (180 euro), un terzo sono tasse” spiega all’Apcom Anatolij Korneev di “Simple Wines”, il principale importatore di vino italiano. Per Korneev va inoltre sottolineato che il vino - a differenza della birra - rientra in una stessa categoria di prodotti come la vodka, particolarmente vessati dalle imposte. Ecco anche perché, tra le altre cose, il divario in Russia appare esorbitante tra il costo di un litro di birra e un litro di vino.

A questo si aggiungono i dazi doganali, in alcuni casi addirittura superiori a quello che la legge russa prevede. Ad esempio, appena partita l’unione doganale - tra Russia, Bielorussia e Kazakistan - i camion che trasportavano vino dall’Europa verso Mosca, vedevano l’applicazione di tasse più pesanti e inattese all’ingresso in Bielorussia, benché tale territorio dovesse essere soltanto attraversato. Una lunga polemica e un migliore coordinamento fra gli stati membri dell’Unione ha poi migliorato la situazione. Tuttavia il vino resta un prodotto molto particolare per i mercati dell’ex Urss e in particolare per la Russia. E la cosa riguarda anche il Belpaese: l’analisi delle operazioni doganali ha infatti dimostrato che in Russia il vino proviene da 35 paesi, ma il 40% arriva da soli tre: Italia, Francia, Spagna.

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