Quali saranno le reali conseguenze della Brexit sull’Europa in generale, e sul mercato del vino in particolare, ancora, è difficile capirlo. Ma ci sono due certezze, ovvero che in qualche modo, forzatamente, in rapporti tra Paesi Ue e Uk cambieranno, e che il Regno Unito diventerà, di fatto un Paese extraeuropeo, e come tale andrà affrontato. Sono alcune delle riflessioni emerse oggi nel focus “Brexit: le conseguenze per il settore vitivinicolo italiano”, di scena alla Luiss School of Law, promosso dall’Unione Italiana Vini.
“Il tema della Brexit è di estrema attualità per la politica e l’economia dell’Unione Europea. La piazza anglosassone, per il vino italiano ha una valenza particolare, in quanto è il terzo sbocco di mercato con circa 3 milioni di ettolitri esportati e un fatturato di circa 800 milioni di euro ogni anno. Al di là del valore economico - ha ricordato il presidente Uiv, Ernesto Abbona - il commercio del vino rappresenta una buona pratica di scambio che non riguarda solo merci e servizi, ma i suoi flussi veicolano e permettono la circolazione anche di valori, cultura e tradizione. Garantire un mercato fluido e senza ostacoli è perciò di vitale importanza sia per l’Unione sia per la Gran Bretagna stessa. Alle nostre imprese servono risposte e questo seminario si pone l’obiettivo di approfondire alcuni temi cruciali, proponendo possibili scenari post-Brexit nei quali tutti noi dovremo abituarci a pensare al Regno Unito come a un Paese extra Ue”.
“La speranza di tutto il settore vitivinicolo - continua Abbona - è che con l’accordo siano definiti scenari certi, perché le imprese possano investire in contesti economici stabili, nei quali le regole e le procedure siano chiare, consolidate e condivise. Pertanto, auspichiamo si giunga ad un testo che assicuri un periodo di transizione di due anni, in modo tale che le norme d’esportazione non cambino repentinamente e il comparto possa arrivare preparato ad affrontare la nuova situazione. In generale, però, indipendentemente da quale sarà lo scenario post-Brexit, Ue e Uk dovranno cercare di rafforzare i legami mantenendo un dialogo costruttivo utile ad assicurare un sistema favorevole al business. In questo senso, gli strumenti e le soluzioni necessarie dovranno essere sviluppate attraverso un confronto aperto fra le diverse parti coinvolte in un’ottica di “win-win approach”, un metodo di lavoro tanto caro alla cultura anglosassone e simbolicamente vicino al nostro modo di fare, ovvero quella capacità di sedersi attorno ad un tavolo per trovare insieme le migliori strategie di risposta alle domande complesse”.
“Il Regno Unito - spiega Jill Morris, Ambasciatore britannico in Italia - è un grande sbocco di mercato per i vini italiani e la forte ammirazione che i britannici nutrono per l’Italia è dimostrata anche dal crescente numero di turisti britannici alla ricerca di esperienze eno-gastronomiche sopraffine verso il Belpaese. La cultura eno-gastronomica è solo un aspetto della forte partnership che lega la Gran Bretagna e l’Italia, un rapporto che di certo Brexit non potrà recidere. La scelta del popolo britannico di lasciare l’Unione Europea non si tradurrà in un voltare le spalle ai partner europei. A prova di ciò, basti considerare l’impegno profuso dai negoziatori e dal governo britannico relativamente al testo dell’accordo di recesso. In attesa del voto decisivo sul trattato di separazione da parte dei parlamenti britannico ed europeo, il testo ha ricevuto l’avallo dei leader dei 27 Stati Membri durante il Summit straordinario dello scorso 25 novembre. Il Regno Unito è pronto a lavorare al fianco dell’UE per definire la struttura della futura partnership affinché renda giustizia e traduca un documento la profonda e storica relazione tra Regno Unito e Unione Europea. Restiamo europei - assicura Jill Morris - pur lasciando le istituzioni di Bruxelles, e lavoreremo in piena armonia con i partner del vecchio continente per assicurare stabilità, sicurezza e prosperità all’Europa”.
“La Wine & Spirits Trust Association - commenta Miles Beale, Chief Executive della Wsta del Regno Unito - ha lavorato a stretto contatto con i partner europei del commercio del settore wine & spirits per promuovere un accordo post-Brexit il più ampio possibile. Tutti noi desideriamo una soluzione che ci permetta di continuare il nostro business anche dopo la Brexit e che garantisca ai consumatori, anglosassoni ed europei, la disponibilità di tutti i prodotti presenti attualmente sul mercato UK. Gli inglesi non vogliono perdere la possibilità di accedere all’ampia scelta di vini italiani che consumano attualmente. I dati più recenti mostrano come il vino italiano sia popolare e molto consumato nei pub del Regno Unito. Infatti, nei bar e ristoranti, questo prodotto ha generato un valore di oltre 1,3 milioni di sterline nel 2017. Purtroppo, però, non siamo ancora al riparo dal pericolo di un “No deal” sulla Brexit e questo potrebbe generare caos ai nostri porti e alle frontiere. Il consiglio che la WSTA sente di dare agli esportatori che vogliono commerciare con l’Inghilterra è di cercare di razionalizzare i carichi di merce ed evitare i ritardi, pianificando la rotta di spedizione e prendendo in considerazione l’ipotesi di evitare i grandi porti spesso intasati a favore di quelli più piccoli. In questo senso - termina Beale - attraverso il monito “se non riesci a prepararti ti stai preparando a fallire”, abbiamo ripetutamente avvertito i membri della Wsta”.
Chiaramente, la Brexit non toccherà solo il vino italiano.
“I vini europei - interviene Ignacio Sanchez Recarte, Segretario Generale Ceev - Comité Européen des Entreprises Vins - sono esportati da secoli nel Regno Unito, consentendo ai consumatori britannici di apprezzare le nostre produzioni. La Brexit certamente cambierà il contesto nel quale avvengono questi scambi e avrà un impatto sui flussi commerciali, ma non impedirà agli inglesi di acquistare i prodotti Ue. La futura struttura del mercato del vino nella Gran Bretagna sarà determinata non solo dai cambiamenti delle procedure amministrative e di accesso, quanto piuttosto dall’impatto che la Brexit avrà sull’economia inglese in generale, sulla fiducia e sulla percezione dei consumatori dell’altra sponda del Canale della Manica”.
“Con la Brexit - aggiunge Lamberto Frescobaldi, vicepresidente di Uiv - cambierà la storia dei rapporti tra il Regno Unito e l’Unione e, di conseguenza, cambieranno anche le modalità con le quali i nostri operatori dovranno interfacciarsi con questo mercato. Qualunque sia il modello di accordo, le future relazioni economiche dovranno comunque basarsi sul principio dell’equo trattamento per evitare la creazione di nuovi controlli e barriere, che finirebbero per danneggiare imprese, lavoratori e consumatori. Gli imprenditori del vino dovranno impegnarsi per difendere l’attuale sistema basato sul libero scambio e regole comuni, ovvero di quella struttura che ha permesso al vino europeo di affermarsi come leader assoluto sul mercato internazionale. Perciò, l’auspicio dei produttori - conclude Lamberto Frescobaldi - è che la decisione del Regno Unito di uscire dall’Ue non sia seguita da una volontà di chiusura rispetto all’Europa, ma che europei ed inglesi creino delle nuove condizioni per lavorare ad una formula alternativa che consenta di continuare a perseguire obiettivi ed orizzonti comuni”.
“L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e la conseguente incertezza dello scenario che si aprirà dopo il 29 marzo 2019 - spiegano il Professor Gustavo Ghidini e la Professoressa Maria Pia Ragionieri, Direttori Master in Food Law della Luiss, e la Dottoressa Daniela Corona, Responsabile accademica Master in Food Law - pongono importanti interrogativi di natura giuridica ed economico-sociale. Certamente si profilerà la necessità di definire i contorni di un modello europeo di relazioni commerciali che acquisterà necessariamente i connotati di specialità, anche rispetto ai modelli già esistenti di unioni doganali come quelli praticati con Norvegia e Svizzera dall’Ue, considerato che il nuovo partner Paese terzo, Regno Unito, è stato membro dell’Ue, e per 44 anni, prima della Brexit. Un nuovo modello, dunque, teso ad impedire l’introduzione di barriere commerciali, nell’interesse comune, e che si avvale di un periodo di transizione/implementazione fino al dicembre 2020. È compito sia del mondo accademico sia delle associazioni rappresentative degli operatori attivarsi al fine di dare risposte concrete ai problemi di natura legale e tecnica che ne conseguiranno. Il Master in Food Law della LUISS School of Law si pone come obiettivo proprio quello di formare giovani professionisti che sappiano accompagnare le imprese e gli operatori del settore agro-alimentare nelle sfide che attualmente si presentano e ancor più si presenteranno nello scacchiere europeo e internazionale. Solo da un rapporto sinergico tra imprese-istituzioni-formazione specialistica il Nostro Paese può rimanere protagonista nel comparto food and wine, al vertice dell’economia e innovazione italiana”.
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