Le sole Italia e Francia, insieme, nel 2024, hanno esportato oltre 6 miliardi di euro tra vino e spirits in Usa (dati Istat e Fevs - Federazione francese degli esportatori di vino e liquori). Una cifra enorme, che basta a spiegare perché il paventato rischio dei dazi americani sui prodotti europei, vini e liquori potenzialmente inclusi, desta fibrillazione in un settore che, a livello Ue, nel complesso vale 130 miliardi di euro di Pil, 52 di tasse, ed è presidio del territorio, e che negli Stati Uniti ha il suo partner extra Ue più importante. Anche per questo, dopo che la guerra dei dazi tra States ed Unione Europea è partita ufficialmente, con i dazi americani al 25% su acciaio e allumino, a cui la Commissione Ue ha già detto di voler rispondere, il settore, attraverso il Ceev - Comité européen des entreprises vins, che rappresenta le imprese a livello Ue (ne fanno parte, per l’Italia, Federvini ed Unione Italiana Vini - Uiv) chiede che il vino venga risparmiato, aspettando di conoscere la lista dei prodotti che Trump vorrà tassare a partire dal 2 aprile come annunciato dallo stesso Presidente americano nei giorni scorsi, al netto di colpi di scena ormai all’ordine del giorno (qui la lista delle possibili “vittime”, vino incluso, pubblicata dalla Commissione Ue).
“Le aziende vinicole dell’Ue chiedono di mantenere il vino fuori dalla disputa commerciale in corso tra Ue e Usa su acciaio e alluminio. Il settore si oppone fermamente all’inclusione dei vini statunitensi nella lista dei prodotti bersaglio dell’Ue. Il 12 marzo (oggi, ndr), in risposta all’imposizione di nuovi dazi statunitensi sulle importazioni di acciaio e alluminio dell’Ue, la Commissione ha avviato contromisure sulle importazioni statunitensi nell’Ue e sta ora cercando informazioni e pareri in relazione a queste contromisure. Siamo preoccupati per l’inclusione dei vini statunitensi nell’elenco dell’Ue dei potenziali prodotti che potrebbero essere soggetti a future misure di ritorsione. Siamo costernati dal fatto che ancora una volta il vino, insieme ad altri prodotti agroalimentari, sia ostaggio di una disputa commerciale non correlata”, spiega il Ceev.
Secondo cui “il commercio vinicolo tra Unione Europea e Stati Uniti è vitale per la sostenibilità del settore su entrambe le sponde dell’Atlantico e dovrebbe essere preservato e sostenuto. Le tariffe di ritorsione creano incertezza economica e provocano licenziamenti, rinvii degli investimenti e aumenti dei prezzi lungo l’intera catena di approvvigionamento. In ultima analisi, sono le imprese e i consumatori dell’Ue e degli Usa a sostenerne i costi. Esortiamo la Commissione Europea e gli Stati membri a proteggere la vitalità economica e la diversità del settore vitivinicolo eliminando il vino dall’elenco finale delle ritorsioni. Il vino non dovrebbe essere tassato come leva in dispute commerciali non correlate”.
E anche il settore dei liquori segue la stessa linea, come spiega “spiritsEurope”, che rappresenta l’industria degli alcolici, con particolare riferimento al possibile innalzamento delle tariffe europe sul whisky americano, che potrebbero prestare il fianco alle contro-ritorsioni americane: “ancora una volta, le bevande spiritose sono diventate una vittima collaterale in una controversia commerciale non correlata. Come evidenziato nei nostri numerosi impegni con la Commissione Europea negli ultimi anni, non riusciamo a capire in che modo ciò possa contribuire alla più ampia e non correlata controversia sull’acciaio e l’alluminio. I settori degli alcolici dell’Ue e degli Stati Uniti sono uniti nel loro costante impegno a mantenere il commercio transatlantico di alcolici senza dazi”, ha dichiarato Pauline Bastidon, direttore affari economici e commerciali di “spiritsEurope”.
“Il settore dei liquori e cordiali italiani - dichiara Micaela Pallini, presidente Federvini - ha già subito, tra il 2019 ed il 2021, gli effetti dirompenti dei dazi americani. Oggi, memori di quanto accaduto, è ancora più importante unire le forze per intensificare il dialogo con gli Stati Uniti e proteggere la competitività delle rispettive produzioni, evitando che vini e spiriti vengano usati come pedine in dispute commerciali che hanno ben poco a che vedere con le nostre filiere. Il dialogo e la collaborazione tra Europa e Usa sono una chiave dalla quale non si può prescindere se si vuole guardare a un futuro di crescita condivisa”. Un futuro decisamente incerto davanti, e tutto da scrivere.
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