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In Italia scatta l’obbligo dell’origine in etichetta per pasta e riso. Italia primo produttore mondiale (Coldiretti). Il Ministro Martina: “strumento necessario”. E vola l’export in Usa, verso record dei 270 milioni di euro nel 2017 (Confcooperative)

Non Solo Vino
Italia primo produttore mondiale di pasta

“L’etichetta di origine obbligatoria che permette di conoscere l’origine del grano impiegato nella pasta e del riso mette fine all’inganno dei prodotti importati, spacciati per nazionali, in una situazione in cui un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero, come pure un pacco di riso su quattro senza che questo fosse fino ad ora indicato in etichetta”. A dirlo la Coldiretti, oggi, nel “Pasta Day”, promosso per celebrare l’entrata in vigore dei due decreti interministeriali sull’indicazione dell’origine obbligatoria in etichetta del riso e del grano per la pasta (simbolo del made in Italy per il 58% degli italiani, e di cui l’Italia è primo produttore mondiale) dopo 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che cade esattamente il 13 febbraio per il riso e il 14 febbraio per la pasta.
Decreto che potrebbe arrivare anche a celebrare un nuovo record per le esportazioni di pasta italiani negli Usa, dove “un pacco su tre è made in Italy”, sottolinea Confcooperative,
che spiega come “nel 2017 sugli scaffali della grande distribuzione americana si è ulteriormente rafforzata la presenza della pasta italiana, che ora detiene stabilmente una quota pari a più di un terzo del totale delle vendite nella distribuzione americana, che secondo gli ultimi dati Euromonitor ammontano a circa 2,9 miliardi di dollari. Nei prossimi cinque anni si prevede che il mercato della pasta nel Paese a “stelle e strisce” registrerà nuove performance positive, con una crescita del 3,7%. La quota di vendite di pasta italiana è quindi destinata a crescere ancora. Oggi gli Stati Uniti, secondo gli ultimi dati diffusi da Ismea, rappresentano uno dei mercati di riferimento per la pasta made in Italy, con una quota pari al 12% di tutte le vendite di pasta italiana all’estero. Complessivamente dal 2012 al 2016 le esportazioni negli Stati Uniti hanno registrato una crescita del + 39%. In linea con i valori del 2015 e del 2016, anche nei primi 10 mesi del 2017, l’export dal Bel Paese verso gli Stati Uniti ha toccato quota 224 milioni di euro, apprestandosi a scrivere un nuovo record che porterà l’export a superare la soglia dei 270 milioni di euro nel 2017”.
Intanto, in Italia, come detto, ora sui pacchi di pasta e riso ci sarà anche l’origine della materia prima. “Una scelta applaudita dal 96% dei consumatori che - sottolinea la Coldiretti - chiede venga scritta sull’etichetta in modo chiaro e leggibile l’origine di tutti gli alimenti e confermata in Italia anche dal Tar del Lazio che ha precisato come sia “prevalente l’interesse pubblico ad informare i consumatori considerato anche l’esito delle consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese di origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario”.
Una sperimentazione, per ora, ricorda il Ministero delle Politiche Agricole, prevista per due anni, nel solco di quanto fatto per latte e derivati. Con i decreti che resteranno in vigore fino alla piena attuazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011 che prevede i casi in cui debba essere indicato il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti, subordinandone l’applicazione all’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione, che ad oggi non sono stati ancora emanati.
“Proteggere il made in Italy - afferma il Ministro Maurizio Martina - significa puntare sulla massima trasparenza delle informazioni in etichetta ai cittadini.
Per questo abbiamo voluto con forza sperimentare l’obbligo di indicare espressamente sulle confezioni di pasta e riso il luogo di coltivazione. Un’informazione utile ai consumatori per poter scegliere in maniera informata e consapevole. Uno strumento necessario anche per valorizzare e tutelare il lavoro dei nostri produttori. La trasparenza deve essere una battaglia comune, da condurre con tutta la filiera anche in Europa. Non c’è dubbio che l’iniziativa italiana abbia ottenuto anche un risultato politico importante: dopo 4 anni la Commissione Ue ha presentato una prima bozza di regolamento attuativo della norma sull’etichettatura. Un passo avanti che va migliorato, a partire dall’indicazione obbligatoria e non facoltativa dell’origine delle materie prime. Stiamo lavorando per una proposta che trovi il supporto della nostra filiera e di altri Paesi europei a partire dalla Francia. Se non cambierà la proposta siamo pronti a dare voto negativo nel comitato che è chiamato ad esprimersi a Bruxelles”.
L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine - precisa la Coldiretti - non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del territorio. “Escono finalmente dall’anonimato e saranno riconoscibili nelle etichette della pasta 4,3 miliardi di chili di grano duro italiano che insieme ai 1,5 miliardi di chili di riso garantiscono all’Italia il primato in Europa”.
Secondo quanto previsto dal decreto, le confezioni di pasta secca prodotte in Italia, dovranno d’ora in poi avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più Paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: Paesi Ue, Paesi Non Ue, Paesi Ue e Non Ue. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
L’indicazione in etichetta dell’origine per il riso deve riportare le diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, valgono le stesse regole della pasta.
I prodotti che non soddisfano questi requisiti immessi sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore dello stesso, possono essere commercializzati fino all’esaurimento scorte.

“Finalmente sarà possibile sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, proibito sul grano italiano, o se il riso viene dai campi della Birmania sequestrati alla minoranza Rohingya, contro la quale è in atto una pulizia etnica”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “l’importanza di sostenere con la trasparenza scelte di acquisto più consapevoli da parte dei consumatori”.
Un quarto della spesa, però, resta ancora “anonima”, sostiene l’organizzazione agricola.
“Di fronte all’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Unione Europea che obbliga ad indicare l’etichetta per la carne fresca, ma non per quella trasformata in salumi, per la frutta fresca, ma non per i succhi, l’Italia che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie”, ha precisato Moncalvo nel sottolineare che “in un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti”.
L’iniziativa dell’Italia ha spinto la Commissione Europea - sottolinea la Coldiretti - ad avviare con quattro anni di ritardo una consultazione pubblica sulle modalità di indicazione dell’origine in etichetta come previsto dal regolamento europeo sulle informazioni ai consumatori n.1169/2011, entrato in vigore nel dicembre 2013. Per soddisfare le esigenze dei propri cittadini Italia, Francia, Portogallo, Grecia, Finlandia, Lituania e Romania, hanno adottato decreti nazionali per disciplinare l’obbligo di indicazione dell’origine per diversi alimenti, un chiaro successo della mobilitazione di cittadini e organizzazioni sensibili ai temi della qualità del cibo.
“Adesso occorre vigilare affinché la normativa comunitaria risponda realmente agli interessi dei consumatori e non alle pressioni esercitate dalle lobbies del falso made in Italy prodotto in Italia che non si arrendono ai pronunciamenti della Giustizia e vogliono continuare ad ingannare i cittadini cercando subdolamente di frenare nel nostro Paese l’entrata in vigore di norme di trasparenza e di grande civiltà”, ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “le prossime battaglie per il Made in Italy riguardano l’obbligo di indicare in etichetta l’origine della frutta utilizzata nelle bevande e quello della carne impiegata nei salumi”.

Focus - Coldiretti, per 58% italiani pasta simbolo del Made in Italy
Per quasi 6 italiani su 10 (58%) la pasta è il vero simbolo del made in Italy nel mondo, seguita dall’olio extravergine d’oliva (19%) e dal vino (18%). Emerge da un sondaggio Coldiretti/Ixè nel “Pasta Day”.
La passione degli Italiani per la pasta è confermata - spiega Coldiretti - dal fatto che sono i maggiori consumatori con 23,5 a testa davanti a Tunisia (16 kg), Venezuela (12 kg), Grecia (11,2 kg), Svizzera (9,2), Usa e Argentina (8,8 kg), tallonati da Iran e Cile (8,5 kg) e Russia (7,8 kg). Non è un caso che l’80% degli italiani mangia pasta o pane almeno una volta al giorno.

Sul piano qualitativo la tendenza è verso pasta con grani 100% italiani e con un’immagine di forte legame ai territori di origine. “Una tendenza che ha portato - sottolinea la Coldiretti - al prepotente ritorno dei grani nazionali antichi come il Senatore Cappelli e alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale del grano impiegato, da Ghigi a Valle del grano, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, fino a “Voiello”, che fa capo al Gruppo Barilla, senza dimenticare molte linee della grande distribuzione. Una opportunità resa possibile da un milione e 350.000 ettari di coltivazioni di grano duro con un raccolto che - precisa la Coldiretti - quest’anno sfiorerà i 4 miliardi e 300 milioni di chili concentrato nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano circa il 40% del totale nazionale”.
Nel mondo l’Italia conserva il primato sulla produzione di pasta con 3,2 milioni di tonnellate all’anno davanti a Usa, Turchia, Brasile e Russia. Ma è proprio sui mercati mondiali che si avvertono i primi campanelli di allarme visto che, in controtendenza rispetto all’andamento del Made in Italy all’estero che ha superato la storica cifra di 41 miliardi di euro, si riducono invece le esportazioni italiane di pasta che nel 2017 hanno fatto segnare un preoccupante calo in valore del 4% secondo le proiezioni Coldiretti su dati Istat.
“Si tratta degli effetti della rapida moltiplicazione di impianti di produzione all’estero, dagli Stati Uniti al Messico, dalla Francia alla Russia, dalla Grecia alla Turchia, dalla Germania alla Svezia.
Il settore infatti - aggiunge la Coldiretti - sta affrontando i pesanti effetti della delocalizzazione che dopo aver colpito la coltivazione del grano sta adesso interessando la trasformazione industriale con pesanti conseguenze economiche ed occupazionali. L’etichetta di origine può quindi rappresentare una svolta per invertire la tendenza e valorizzare il made in Italy dai campi alla trasformazione industriale”.

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