Iniziative di economia carceraria legate al wine & food ce se sono molte, oggi in Italia, a partire dalla produzione di vino, birra, caffè, pane, biscotti e tanti altri prodotti di qualità, da parte dei detenuti dentro le carceri e poi venduti al di là delle loro mura. E se anche la ristorazione sociale ha fatto il suo ingresso in questi luoghi insoliti e svantaggiati per riabilitarne i detenuti - InGalera nella Casa di Reclusione Milano-Bollate, primo risto-carcere d’Italia aperto ai cittadini dal 2015, ha conquistato anche le pagine del “The New York Times”, per la cura del locale, arredato in collaborazione con Alessi, Artemide e Pedrali, e del servizio da parte dei detenuti, tra i manifesti cinematografici di “Fuga da Alcatraz” e “Il miglio verde” - a scrivere un nuovo capitolo è il Carcere Lorusso e Cutugno di Torino. È qui che, il 21 ottobre, inizia l’avventura del ristorante “Liberamensa”, un progetto per il recupero fisico, sociale ed educativo dei detenuti, a più mani, voluto dalla Casa Circondariale con la Cooperativa sociale Ecosol, e con una peculiarità: “l’idea di aprire un ristorante nel carcere di Torino - racconta a WineNews il direttore Domenico Minervini - è nata circa due anni fa, e per essere realizzata occorreva anche reperire un finanziamento, l’abbiamo fatto, con la Compagnia di San Paolo. È un’idea importante perché volta a far emergere in modo chiaro l’identità di un luogo considerato degradato e di abbrutimento, ma che può migliorare. Ci siamo riusciti grazie al contributo degli architetti”.
“Grazie al Politecnico ed alla Facoltà di Architettura dell’Università di Torino - spiega il direttore della Casa Circondariale - gli elementi più distintivi del carcere, cito solo le sbarre, sono stati abbelliti. L’obbiettivo è quello di avvicinare le persone, anche se può sembrare impensabile che si possa prenotare liberamente come in un normale ristorante della città, ovviamente rispettando i dovuti controlli dovuti, e, soprattutto, che vi si possa trovare cibo di qualità. Perché per farlo funzionare non si deve puntare solo sull’aspetto sociale, che colpisce la sensibilità dei cittadini, ma dopo un po’ va ad esaurirsi. Per farlo andare avanti stabilmente è fondamentale anche il livello qualitativo”.
“Liberamensa” sarà aperto al pubblico con in menu tanti ingredienti made in carcere, dal pane fatto con il lievito madre alla pasta fresca, dallo zafferano ai dolci. La Cooperativa Ecosol collabora da tempo con il carcere, gestendo un catering, una panetteria e anche un vivaio, oltre al bar preposto al personale (www.liberamensa.org). “I detenuti sono già formati - aggiunge Minervini - hanno fatto corsi con la relativa certificazione, cucineranno e serviranno. Noi crediamo in questa sfida, ci speriamo, e aspettiamo i numerosi i cittadini”.
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