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IL CASO

Introdurre un prezzo minimo per unità alcolica, anche per il vino: la proposta al Senato in Francia

Si ipotizza nella revisione delle tasse per la sanità. Ma la filiera enoica protesta: “non si combatte l’abuso e si penalizza il consumo”
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Un prezzo minimo per unità alcolica, anche per il vino: la proposta al Senato in Francia

Fissare il prezzo minimo, o anche medio, di un prodotto agricolo, o di un litro di vino, per legge, non è cosa semplice. Prima di tutto dal punto di vista normativo, perché le regole europee sulla libera concorrenza lo vietano esplicitamente. Ma anche da un punto di vista pratico, perché le variabili da considerare sono tantissime. In ogni caso, da tempo è un tema di cui si dibatte, soprattutto guardando a filiere che vivono di margini bassissimi, e fatte di imprese che, per dimensione, hanno un potere contrattuale limitato rispetto alla distribuzione. In ogni caso, se in Italia si è introdotto il tema della definizione dei prezzi medi, ancora tutto da sviluppare, con l’ultimo Dl Agricoltura (come spiegato qui, a WineNews, dall’avvocato Marco Giuri dello Studio Giuri di Firenze), nel febbraio scorso, anche su pressione della protesta degli agricoltori, che in Francia si era intrecciata con quella dei viticoltori di Bordeaux proprio sul fronte dei prezzi dei vini, il Presidente francese Emmanuel Macron si era spinto oltre, annunciando, faccia a faccia con gli agricoltori al Sial, il Salone dell’Agricoltura di Parigi, che avrebbe introdotto “il prezzo minimo sui prodotti agricoli”. Ad oggi, niente di fatto, almeno dal punto di vista economico. Ma ora, Oltralpe, puntando sull’aspetto sanitario (come del resto la Francia ha fatto per giustificare i sostegni agli espianti per 9.000 ettari di vigna a Bordeaux), si ragiona se introdurre il prezzo minimo per unità alcolica, o per il “bicchiere standard”, sul modello di quanto già fatto in qualche Paese del Nord Europa, come la Scozia. La proposta è contenuta nella “Mission d’évaluation et de contrôle des lois de financement de la sécurité social”, depositata il 29 maggio 2024, che considera i danni relativi a tabacco, alcolici e obesità, e secondo la quale i problemi alcol-correlati, in Francia, costano alle casse dello Stato 3,3 miliardi di euro, e sono responsabili di 40.000 morti. E, tra le altre cose, dunque, viene proposto di fissare un prezzo minimo per unità alcolica, lavorando anche di concerto con la filiera del vino, che in qualche modo fisserebbe un limite capace, forse, sia di disincentivare i consumi di prodotti più economici e quindi di più bassa qualità bevuti più per la ricerca dello “sballo” che per altro, e dall’altro trovare anche una soglia economica sotto la quale non andare a tutela, almeno in teoria, di chi produce vino. Sempre che la distribuzione collabori.
Ma in ogni caso, la proposta fa discutere, anche perché tra i documenti citati dalla relazione del Senato, riporta “Vitisphere”, c’è uno studio del 2022 che spiega come, un prezzo minimo di 0,5 euro per bicchiere standard di alcol puro (ovvero 10 cl di vino al 12% di grado alcolico, per un prezzo minimo a bottiglia dello stesso vino stimabile in 3,75 euro), porterebbe ad un calo del consumi di vino del -18% in volume, e del -25% dei profitti, sottraendo di fatto risorse alla fiscalità generale. Oltre al fatto che, secondo alcuni, con una sorta di “acrobazia” normativa, si fisserebbe il prezzo minimo di un prodotto agricolo con una norma che riguarda, invece, l’area della salute. In ogni caso, “l’industria della vite e del vino è allarmata dalle proposte del rapporto, in particolare dall’introduzione di un prezzo minimo di vendita per unità di alcol, una proposta che non affronta né i problemi di salute pubblica né le vere sfide che il settore deve affrontare”, spiega una nota di Vin & Société, che rappresenta oltre 500.000 tra produttori di vino e négociant. Secondo il presidente, Samuel Montgermont, “questo rapporto fa proposte sbagliate. Invece di combattere il consumo eccessivo, si propone di colpire il consumo di tutti i francesi, anche se la stragrande maggioranza di loro è un consumatore moderato. Se, come sembrano dire, i senatori vogliono aiutare l’industria del vino, parliamo di pagare i produttori e non di una tassa mascherata sui francesi, che non è mai stata efficace in termini di salute pubblica”.
Per Bernard Farges, presidente del Cniv (Comité National des Interprofessions des Vins à appellation d’origine et à indication géographique), “la questione di un prezzo remunerativo per i produttori è al centro del dibattito politico da diversi mesi. Accettiamo la sfida di lanciare una consultazione come proposto dal relatore. Chiediamo una soluzione concreta per garantire un’equa remunerazione a tutti i livelli del settore”.

“Perché dovremmo voler limitare l’accesso a un prodotto il cui consumo è già diminuito del 70% in 60 anni, senza alcun aumento della tassazione? Stiamo mettendo in guardia da una traiettoria inaccettabile che stigmatizza profondamente il vino e che potrebbe, a lungo termine, vederlo scomparire dalle nostre tavole e dalla nostra cultura”, concludono i leader del settore. Secondo Vin & Société, la moderazione è un’abitudine consolidata tra i francesi: più di 8 su 10 bevono meno di 2 bicchieri al giorno e 9 su 10 non bevono tutti i giorni.

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