Il made in Italy, alimentare e non, va difeso a partire da una maggiore trasparenza nell’etichettatura, considerando che l’Unione Europea ancora indugia su gran parte delle indicazioni di origine della materia prima e questi spazi di “ambiguità” favoriscono tra l’altro il fenomeno dell’Italian Sounding che sottrae fatturato e posti di lavoro al Sistema Italia. È il messaggio del Convegno “Io sto con il made in Italy”, organizzato dal Presidente della Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, Filippo Gallinella, “nell’ambito di un’iniziativa istituzionale che si prepara a tutelare gli interessi delle aziende italiane all’interno del prossimo parlamento europeo”, con l’intervento, tra gli altri, del presidente Federalimentare Ivano Vacondio, del numero uno di Filiera Italia Luigi Scordamaglia, del vice presidente di Federvini, Piero Mastroberardino e dell’imprenditrice, Giannola Nonino, alla guida della storica distilleria Nonino.
“Dobbiamo lavorare - ha detto Gallinella - affinchè la normativa europea evolva nel senso di quello che vuole fare l’Italia, ovvero indicare l’origine delle materie prime. E poi bisogna mettere in campo azioni di sensibilizzazione e accordi nei Paesi extraeuropei contro l’Italian sounding”. Tutto questo mentre il Ministero dello Sviluppo Economico, come ricorda il titolare del dicastero e vicepremier Luigi Di Maio in un messaggio inviato al convegno, sta lavorando ad “un segno distintivo per il made in Italy”.
A Winenews, che ha incalzato Gallinella per sapere se questo “segno distintivo” sarà un’operazione sul fronte del marchio, del logo o di entrambe le cose, il deputato ha risposto “vediamo che forma prenderà, è una operazione complessa considerando che i nostri prodotti vanno su mercati regolati dalle loro leggi, e, quindi, c’è la questione giuridica da tenere in conto”.
Dall’imprenditrice Giannola Nonino, alla guida della storica distilleria Nonino, e dal presidente di Filiera Italia Luigi Scordamaglia, è giunta la considerazione che il percorso verso una etichetta trasparente non è giunto al capolinea neanche in Italia e questo genera certamente una concorrenza sleale che favorisce anche l’Italian sounding.
“Siamo indietro in fatto di trasparenza nei confronti dei consumatori. Ci vuole l’etichetta di produzione - ha detto la Nonino - dove ci devono essere tutte le informazioni. Il consumatore deve sapere dove si fanno le cose che compra. La Ue non ci ha aiutato, ha stabilito parametri ridicoli di materia prima per la cioccolata e per l’aranciata. Le aziende italiane che producono prodotti alimentari di qualità non si possono permettere questo nei confronti del consumatore. Dobbiamo proteggere i nostri prodotti come il vino e la grappa. Dobbiamo batterci, non molliamo”.
“L’obiettivo - ha osservato Scordamaglia - è contrastare senza se e senza ma l’Italian sounding che ruba al nostro Paese oltre 300.000 posti di lavoro, anche quando a farlo sono aziende operanti in Italia che omettono lo stabilimento di produzione in etichetta o dichiarano di fare “made in Italy” producendo all’estero. Dobbiamo contrastare - ha aggiunto il numero uno di Filiera Italia - la passività e l’inadeguatezza di un’Europa che decide di non schierarsi sull’etichettatura, chiudendo un occhio su un regolamento sull’origine in etichetta ancora monco ed inadeguato ad armonizzare le regole nell’interesse dei consumatori e dei produttori più seri”.
“Oltre che nella qualità l’Italia deve diventare leader mondiale e modello nella trasparenza in etichetta - ha proseguito Scordamaglia - spiegando al consumatore che scegliendo italiano si fa il bene del Paese, spiegando la differenza di valore e prezzo del prodotto e favorendo con contratti di filiera tra produttori e trasformatori l’aumento dell’efficienza produttiva e garantendo le due parti da drammatiche oscillazioni di prezzo”.
La “guerra del latte” in Sardegna di queste settimane, in questo senso, ha messo a nudo la problematica di formazione dei prezzi lungo la la filiera agroalimentare italiana che, se scontenta i produttori/allevatori, non soddisfa però neanche l’industria. Come ha ammesso il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio: “più aumenta la richiesta di origine italiana più aumentano i prezzi. Costi in più che pesano anche sull’industria, considerando che il nostro settore non ha oltretutto marginalità importanti”.
L’industria alimentare soffre di consumi interni stagnanti ma, almeno fino ad ora, è straordinariamente performante nell’export, dove tra l’altro si registra un accentuato dinamismo delle piccole e medie imprese. “Le imprese alimentari - ha detto Vacondio - hanno saputo reagire al calo della domanda interna potenziando l’export. Esso si è incrementato infatti, rispetto ai valori pre-crisi, dell’81%, contro i +29% del totale industria. Mentre l’export dei prodotti a indicazione geografica protetta ha registrato, negli stessi anni, un aumento del +145%. Sono dinamiche di grande valore strategico e ci sono ulteriori potenzialità”. “Dobbiamo però difenderci dai minacce come l’Italian sounding - ha commentato Vacondio a Winenews - e, soprattutto, l’etichetta a semaforo. La partita non è chiusa come molti pensano e tornerà sul tappetto. Mi auguro ci si comporti come fatto in precedenza, con tutto il Parlamento e tutte le organizzazioni a fare fronte comune contro questa minaccia”.
Sullo stato dell’arte del vino italiano è intervenuto anche il vicepresidente Federvini, Piero Mastroberardino, osservando che se il Made in Italy può avere significati diversi a seconda dei settori, per il vino “il concetto di territorio è totalizzante e non ammette mezze misure. E non può essere separato da quello di familiarità”. Sulle criticità che attraversa il settore, Mastroberardino ha detto a Winenews che “il mondo del vino ha delle problematiche al proprio interno che si ribaltano sulla sua competitività sia interna che internazionale. All’interno siamo in fase stagnante di consumi, non c’è crescita ma c’è qualificazione. Questo non deve essere un palliativo perchè la mancanza di crescita rappresenta in ogni caso un problema per un settore. La ricerca di una crescita sui canali di esportazione a sua volta è un’opzione tracciabile ma alla condizione di fondo che è quella di mantenere un buon livello di valore, quindi di remunerazione di investimenti della filiera, perchè il problema principale è recuperare quote di valore, in quanto la nostra filiera ha problemi di efficienza, ha un peso burocratico non trascurabile e deve recuperare in termine del valore percepito del prodotto vino made in Italy. Questo è un gap antico, lo sta recuperando di anno in anno ma deve fare qualche passo ulteriore per raggiungere un risultato che proietti nel futuro questa filiera, soprattutto per gli alti investimenti che si sono fatti in questi anni sul fronte della riqualificazione produttiva e della sostenibilità”.
Fondamentale, in ogni caso, investire in promozione. E così, dopo Stati Uniti e Cina, dove l’Ice da tre anni ha attivato una campagna istituzionale promozionale del vino italiano, l’Istituto sta pensando di sostenere la comunicazione e promozione del Made in Italy anche in altri Paesi, come anticipato a Winenews da Ines Aronadio, direttore del Coordinamento per la Promozione del Made in Italy. “Stiamo pensando - ha detto Aronadio - a quei Paesi che hanno concluso accordi di libero scambio con l’Italia, quindi a brevissimo lanceremo una campagna in Giappone, orientata su prodotti particolari, tra cui i formaggi italiani che sono quelli più imitati in giro per il mondo”.
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