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NUMERI

Ismea, il 2019 dello spumante italiano: l’export traina la crescita, guida ancora il Prosecco

Il valore alla produzione tocca i 3,3 miliardi di euro, volano gli Usa, male Uk. Sul futuro pesano Brexit, dazi ed emergenza Covid-19
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Tutti i numeri dello spumante italiano nel 2019

Non si arresta la crescita dello spumante italiano, che chiude il 2019 con l’ennesimo dato positivo della domanda estera, che, per la prima volta, ha superato i 4 milioni di ettolitri (+8%), a fronte di un +5% dei corrispettivi introiti. Bene anche i consumi interni, +6% complessivamente e produzione che cresce proporzionalmente per arrivare a superare i 760 milioni di bottiglie, di cui i i due terzi prendono la via dell’estero, per un valore stimato di 3,3 miliardi di euro, come raccontano i dati elaborati da Ismea. Analizzando proprio l’export, pur in un contesto positivo per il 2019, c’è da registrare un sostanziale rallentamento della corsa degli spumanti italiani, che, per anni, avevano registrato incrementi a due cifre. Altro aspetto da sottolineare è che, pur essendo cresciuto tutto il settore spumantistico, la domanda estera è trainata essenzialmente dal Prosecco: una dipendenza eccessiva da un unico prodotto che in molti percepiscono come una debolezza del sistema. In effetti, il Prosecco, il 65% dell’intero export a volume di spumanti, è cresciuto del 21% a fronte del -10% dell’Asti, accompagnato da un ridimensionamento significativo anche degli altri spumanti Dop.
In termini di destinazioni si registra una decisa progressione (+14%) delle spedizioni di spumanti negli Stati Uniti, accompagnata da una crescita meno che proporzionale, ma sempre a due cifre (+12%) degli introiti. Nel Regno Unito, invece, ad una sostanziale stabilità dei volumi si aggiunge una riduzione del 10% dei corrispettivi. Decisa flessione in Germania, terza destinazione delle bollicine italiane (-4,2% a valore). Un dato curioso è quello della Francia dove è stato spedito il 28% in più di spumante (+25,5% a valore), quasi per intero Prosecco, che da solo rappresenta oltre l’80% dell’intero export di spumanti italiani alla volta del Paese transalpino. Di tutto rilievo anche il risultato in Canada (+10,9% a valore), Giappone (+23% a valore), Russia (+21,7% a valore) e Cina (+23,7% a valore). In Scandinavia si registrano tendenze opposte: cresce l’export di spumanti in Svezia (+10%), stabile la Norvegia, mentre subisce una battuta d’arresto in Danimarca (-19%) e Finlandia. Nel complesso, il mercato all’export dello spumante italiano, pur contando su una lista di oltre 170 Paesi resta piuttosto concentrato: le prime tre destinazioni assorbono quasi il 60% del totale sia in volume che in valore.
Anche i consumi interni di spumanti nel 2019 sono saliti rispetto all’anno prima. Limitatamente alle vendite all’interno dei format nella Gdo secondo Ismea/Nielsen, ad esempio, le vendite sono cresciute dell’8% a fronte però di un +6% del valore, mentre il settore vino nel suo complesso è cresciuto dell’1% a volume e del 3% a valore. Tale risultato, in termini quantitativi è però la combinazione di un incremento del 14% del segmento dei vini ottenuti con metodo Charmat non dolci, di cui fa parte il mondo del Prosecco, e del -5% attribuibile ai vini spumanti dolci a cui afferisce invece l’Asti. In lieve flessione anche lo Champagne (-3%), mentre i vini italiani a metodo classico hanno guadagnato il 2%, pur mantenendo una quota di mercato limitata, l’8%.
Intanto la produzione di spumanti italiani è stimata in 5,7 milioni di ettolitri che si traducono in oltre 760 milioni di bottiglie (+8%). La maggior produzione ha compensato anche la minor importazione di spumanti (-14%). Il Prosecco Doc riveste un ruolo determinante sotto l’aspetto produttivo con oltre la metà dei volumi totali. Se a questo si aggiunge il Conegliano Valdobbiadene e il Colli Asolani risulta evidente come il “sistema Prosecco” sia determinante per la spumantistica italiana. Perde volumi e quote di mercato l’Asti, mentre si stanno sempre più affermando anche gli spumanti prodotti con metodo classico, Franciacorta in testa, che ha sfiorato i 130.000 ettolitri, e il Trentodoc, con quasi 80.000 ettolitri. Nel generale successo degli spumanti Italiani, si conferma anche nel 2019 il notevole dinamismo anche di quelle che possono essere definite le tipologie minori, ossia i vini spumanti prodotti in denominazioni diverse da quelle principali o varietali. Di fatto l’offerta italiana di vini spumanti è molto ricca e diffusa in tutte le regioni. I disciplinari italiani prevedono 153 spumanti Doc, 18 spumanti Docg e 17 spumanti Igt. A questi si possono aggiungere i 24 spumanti varietali autorizzati e i diversi vini spumanti di qualità previsti dalla normativa. Si conferma quindi un quadro nel quale il crescente interesse del pubblico per i vini spumanti potrà offrire stimolanti opportunità di diversificazione anche nelle aree non specializzate in questi prodotti.
Proprio in relazione al fatto che la produzione di spumanti, di fatto, concentra i volumi su poche denominazioni, Ismea monitora in maniera sistematica solo quelle più significative in termini di volumi. Il 2019 ha visto anche per gli spumanti un mercato generalmente flessivo in termini di prezzi. L’abbondante produzione 2018, infatti, ha ridimensionato notevolmente gli aumenti dell’anno precedente. Rispetto ad una flessione dei prezzi alla produzione dei vini Doc e Docg del 10%, quelli degli spumanti hanno registrato risultati molto diversi proprio perché ogni denominazione tende ad avere un mercato a sé. Situazione analoga nei primi mesi del 2020. Considerando, infatti, solo i listini di gennaio e febbraio 2020 si evidenzia un riposizionamento verso il basso dei listini del Prosecco, perché il prodotto anche quest’anno è comunque abbondante: nei primi due mesi 2020 prezzi a 204 euro ad ettolitro per il Docg (-15%) ed a 160 euro ad ettolitro per il Doc (-9,3%). Stabili Asti (170 euro ad ettolitro) e Franciacorta (352 euro ad ettolitro), mentre per il Trentodoc si ha un lieve spostamento verso l’alto (+4,3% a 245 euro ad ettolitro).

Focus - Il decennio appena finito e le prospettive future per il mondo delle bollicine
Il decennio appena terminato ha segnato per il mondo del vino un periodo di mutamenti nella domanda non indifferenti soprattutto in termini di segmentazione della domanda. Negli scambi internazionali, ad esempio, ha guadagnato spazio il vino sfuso tanto da meritarsi una fiera, quella di Amsterdam, tutta dedicata a questo segmento. Al consumo, invece, sono tornati di gran moda i vini rosati sulla spinta, soprattutto dei vini francesi e poi si registra un vero e proprio balzo in avanti dello spumante. Analizzando i dati degli scambi internazionali, più facilmente monitorabili rispetto a quelli produttivi, si evidenzia che in soli 10 anni gli spumanti hanno quasi raddoppiato sia i volumi (+74%) esportati che i relativi valori (+93%)%. Il mercato mondiale degli spumanti risulta molto concentrato soprattutto nella fase produttiva e all’export con Francia, Italia e Spagna a spartirsi oltre l’85% della torta. E ognuno di questi big delle bollicine ha chiaramente un prodotto di punta: Champagne, Prosecco e Cava rispettivamente. A guadagnare maggiormente è stata l’Italia, che in dieci anni ha più che raddoppiato l’export in volume diventando il primo fornitore mondiale di spumanti. In valore, invece, nonostante gli incassi italiani siano triplicati, la forza ed il valore dello Champagne lasciano la Francia saldamente al comando della graduatoria mondiale.
L’evoluzione delle bollicine mondiali, peraltro, si è inserita in un contesto di generale sviluppo dei mercati internazionali ma i tassi di crescita sono risultati maggiori rispetto al settore vinicolo nel suo complesso. Ne è testimonianza il fatto che la quota appannaggio degli spumanti ha avuto una costante progressione sia in termini reali che in valore. Nel 2019, più in particolare, le stime Ismea,collocano il segmento degli spumanti vicino ai 9,5 milioni di ettolitri in volume e a 6,4 miliardi di euro, con incrementi rispettivamente del +5% e +6%, in un contesto dove il settore vinicolo nel suo complesso mostra una sostanziale stabilità. Date queste premesse, in un’ottica di prospettive a medio termine sembra esserci anche un ulteriore spazio di crescita per gli spumanti visto che, secondo alcuni modelli previsionali, quali ad esempio quello degli australiani Anderson & Wittwer, nel 2025 gli scambi complessivi di vino dovrebbero arrivare oltre i 140 milioni di ettolitri per un valore di 40 miliardi. Certo è che tali modelli scontano una sorta di “staticità” delle premesse e quindi non tengono conto delle condizioni post Brexit. Altro elemento di aleatorietà è quello relativo alla politica statunitense sempre più orientata, almeno ad ora, all’inasprimento dei dazi.
E tenendo conto che Regno Unito e Stati Uniti rappresentano rispettivamente, in media, il 18% ed il 15% del totale delle importazioni mondiali e che ad essi va attribuito quasi la metà dell’aumento maturato in questi anni, ecco che si concretizzano gli elementi di incertezza. Altri importanti mercati per le bollicine sono la Russia, con l’8% del totale importato, e la Germania con il 7%. La Cina, invece, resta un mercato “marginale” per questo segmento sebbene in dieci anni abbia quintuplicato la propria domanda di bollicine. Inoltre, in questo momento, con in atto la crisi sanitaria mondiale peggiore degli ultimi decenni si introduce un altro elemento di forte aleatorietà nei modelli previsionali. Già dal 2019, peraltro, i due grandi importatori hanno evidenziato tendenze inverse. Dall’analisi dei dati, infatti, emerge che alla riduzione della domanda britannica a fronte di un incremento di quella statunitense. Questa diversa dinamica ha fatto sì che si sia verificato un passaggio di testimone al primo posto dei Paesi importatori con il sorpasso degli Usa proprio sul Regno Unito, mentre in valore gli Usa hanno mantenuto inalterata la propria leadership. Sul fronte export di spumanti invece il 2019 ha confermato l’assoluta leadership in volume dell’Italia, mentre la Spagna con un +9% e oltre 2,15 milioni di ettolitri ha guadagnato il secondo posto spingendo in terza posizione la Francia, ferma a 2,12 milioni di ettolitri (+4%). In valore, invece, la Francia resta leader con 3,34 miliardi di euro (+8%), seguita a moltissima distanza dall’Italia con 1,6 miliardi di euro.
L’industria spumantistica è tra quelle maggiormente dinamiche e “in salute” dell’agroalimentare. Domanda e produzione crescono e con esse il valore della produzione. Facile aspettarsi che i tassi di crescita si mantengano sui livelli attuali o siano in lieve calo dopo che per anni si è assistito a crescite a due cifre sia nella domanda interna che in quella estera. La produzione di vino 2019, inoltre, in forte flessione rispetto all’anno precedente (- 19% sul 2018), potrebbe avere ripercussioni negative anche sulla disponibilità del segmento degli spumanti. Inoltre, le aspettative, pur restando sostanzialmente positive, devono fare i conti anche con tutte le incognite internazionali legate alla Brexit e ai dazi statunitensi e al clima politico generale. In questo momento, peraltro, la crisi sanitaria in atto legata al Covid-19 crea difficoltà anche alle aziende e comunque rende il clima particolarmente incerto. Prospettive? Difficile da dire, dipende da quanto durerà questa emergenza. Le persone in casa, comunque in Italia consumano vino, però più di fascia daily, che premium. Se il virus rallenterà l’attività anche in altri Paesi dove si consuma più fuori casa, potrebbe incidere molto sulle esportazioni italiane di una certa fascia di vini, anche in questo caso vini a denominazione, premium ecc. Ma è presto per azzardare scenari di mercato.

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