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ITALIA “150 ANNI”: DALLA POLENTA AL BRODINO, “I MENU DEL QUIRINALE”. IN UNA COLLEZIONE INEDITA SONO PROPOSTI IN UN LIBRO EDITO DALL’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ... TUTTI I PARTICOLARI DEI CERIMONIALI

Dalla polenta con la lepre di Vittorio Emanuele II ai brodini leggeri di Sandro Pertini fino alla gallinella bollita di Ciampi, c’è l’evoluzione dei gusti gastronomici di una nazione nel libro “I menu del Quirinale”. Il volume edito dall’Accademia italiana della cucina - istituzione culturale della Repubblica - ripercorre 150 anni della storia d’Italia attraverso l’inedita collezione dei menu dei quattro re e degli 11 presidenti della Repubblica.
“Veri e propri documenti di valore storico e culturale, questi menu - scrive il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in apertura del volume - raccontano della progressiva evoluzione dei punti di riferimento dell’alta cucina nell’Italia post-unitaria, contrassegnata da feconde diversità derivanti sia dalle peculiarità territoriali che dalla secolare frammentazione socio-politica”.
Vari e sfarzosi i menu dei Savoia per i pranzi di Stato, mentre la tavola reale di ogni giorno era più spartana. Particolarmente frugale Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, che prediligeva cibi semplici e rustici, come la polenta, i formaggi piemontesi e valdostani, la lepre e il cinghiale, accompagnati da Barolo e Barbaresco, Barbera e Grignolino. Anche Umberto I non era incline ai piaceri della buona tavola, mentre la Regina Margherita - omaggiata con la più famosa delle pizze - amava molto i ricevimenti e rese la tavola dei Savoia una delle più celebri d’Europa. Re dai gusti culinari semplicissimi, Vittorio Emanuele III amava il pollo arrosto e assimilò la tavola reale a quella borghese. Per le occasioni ufficiali come il matrimonio di Umberto II con Maria Josè, però, il menù tornò’ regale con portate dai nomi altisonanti come “uova alla Montebello, aligusta con salsa tartara, fagiani allo spiedo con crescioni, insalata fiorentina, gelato alla crema palermitana”. Sontuosi o essenziale, tradizionali o estrosi, con il passaggio al Quirinale i menu non superano mai le sei portate e i tre vini.
Con Enrico De Nicola prima e Luigi Einaudi poi, i pranzi di Stato sono più che sobri, quasi spartani, tra timballi di spaghetti alla romana, ristretti in tazza, filetti di manzo alla brace e vini prodotti dallo stesso Einaudi. Eleganti invece i menu di Gronchi, tanto che durante la sua Presidenza fu adottata l’abitudine di armonizzare i cartoncini del menu con il vasellame. Più ricche le proposte dei pranzi all’estero: Antonio Segni, ospitato a Parigi dal generale Charles de Gaulle, consumò vellutata di pollo, filetti di sogliole alla Joinville, anatra alla moda di Nantes, fegato grasso delle Lande e soufflè ghiacciato al Grand Marnier, con quattro vini fra cui il prestigioso Chateau Lafite Rothschild. Da piemontese autentico, Giuseppe Saragat amava particolarmente la buona tavola, tanto che durante la sua Presidenza le portate dei pranzi di Stato, dove non mancavano mai trote e ravioli, aumentarono di numero. A partire dagli anni 70, con Giovanni Leone al Colle, ai banchetti ufficiali vennero servite meno portate e soprattutto più leggere. Quasi ospedalieri i menù sotto Sandro Pertini, che non poteva mangiare troppo e iniziava il pasto con un brodino leggero, seguito da carni bianche e pesce, in particolare la spigola. Spesso e volentieri però, l’ex partigiano ordinava piatti ‘proibiti’ come il babà’ allo zabaione. Poche le testimonianze relative ai gusti culinari di Francesco Cossiga, mentre sotto la Presidenza Scalfaro le portate si ridussero a tre: un primo, un piatto di carne o di pesce e un dolce leggero. La tavola di Ciampi racconta un modo di mangiare decisamente frugale, come attesta l’essenziale vigilia di Natale 2002: mezze maniche alla melanzana, gallinella bollita, patate, carciofi, zucchine e carote cotte al vapore e dolci natalizi. Infine i sobri menu di Napolitano raccontano la grande attenzione del Presidente della Repubblica per la qualita’ dei cibi e il binomio gusto-salute. Segno dei tempi anche questo.
Fonte: Ansa - Autore: Gioia Giudici
Winenews, nei prossimi giorni, su questo argomento, vi proporrà un video, realizzato oggi a Milano da Francesca Ciancio.

Focus - Il cerimoniale dei pranzi di stato al Quirinale (da una testimonianza di Leonardo Visconti di Modrone, Ambasciatore d’Italia in Spagna, Capo del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica dal 2005 al 2010)
Il pranzo tra Capi di Stato al Quirinale costituisce - al pari della cerimonia militare all’Altare della Patria - il momento più solenne di ogni visita ufficiale. Si tratta di un evento curato nel minimo dettaglio, a partire dall’abbigliamento tramandato dalla consuetudine del cerimoniale: cravatta nera per gli uomini, con decorazioni a rosetta, e abito lungo per le signore, con decorazione a fiocco. Ogni visita che si rispetti prevede che prima di sedersi a tavola , i due Capi di Stato si incontrino - alla presenza di pochi intimi - nella Sala del Brustolon per scambiarsi i doni e le onorificenze. Seguono poi le presentazioni ufficiali nella Sala dei Corazzieri, dove tutti gli invitati a tavola - annunciati dal Capo del Servizio del Cerimoniale di Palazzo - sfilano di fronte ai due Capi di Stato e alle loro consorti. Il vero e proprio banchetto ha invece luogo nella Sala delle Feste, dove gli ospiti prendono posto a tavola rispettando l’ordine di posto già assegnato. L’inizio di ogni pranzo viene poi sancito dai brindisi dei due Capi di Stato che vengono distribuiti in traduzione scritta a tutti i commensali. Al termine del convivio, con le rispettive consorti, seguiti dagli invitati, i due Capi di Stato ritornano nel Salone dei Corazzieri, dove vengono serviti caffè e liquori e dove avviene il congedo. In occasione dei pranzi di Stato, il numero dei convitati può raggiungere e talvolta superare il centinaio, dato che comporta una attenzione particolare alle temperature dei cibi. La scelta del menu deve assecondare il più possibile i gusti degli ospiti e soprattutto considerare le possibili esigenze dietetiche. Bisogna tener conto inoltre delle prescrizioni religiose (si pensi ai cibi kosher per gli Israeliani o alla assoluta assenza di alcolici sulle mense per i più intransigenti musulmani) e delle richieste di vegetariani, celiaci.

Focus - I servizi di cucina e di sala: l’arte dell’ospitalità del palazzo del Quirinale
La “Cucina Grande” del Quirinale è stata completamente restaurata agli inizi degli anni Novanta nel rispetto dei canoni di funzionalità richiesti da una cucina moderna. L’intero ambiente è stato suddiviso in aree, ognuna delle quali riservata alle varie fasi che compongono il processo lavorativo. Dal locale destinato al ricevimento e al controllo delle merci si passa all’area riservata alla lavorazione e alla preparazione delle materie prime, fornita di abbattitori di temperatura per garantire la corretta predisposizione della catena del freddo per la conservazione degli alimenti. Separata, per esigenze termiche, troviamo la zona destinata alle preparazioni di pasticceria e gelateria, attrezzata con planetaria, pastorizzatore, mantecatore, temperatore, conservatore in negativo, forni. Degno di nota, all’interno della cucina, è l’imponente girarrosto in ghisa, risalente probabilmente alla fine dell’Ottocento o ai primissimi anni del Novecento, restaurato e lasciato nella sua collocazione originaria a memoria di un passato professionale che, anche senza la tecnologia attuale, è stato vissuto con la stessa passione di oggi dai colleghi predecessori. L’“arte della cucina” trova poi il suo coronamento nell’unione con la passione e la competenza dimostrate dal personale destinato al servizio di sala. Nulla deve essere lasciato al caso: dal posizionamento della tavola alla perfezione della tovaglia, dal controllo accurato delle stoviglie, alla scelta degli elementi decorativi appropriati. Grande attenzione viene prestata al protocollo già nella fase preparatoria. I camerieri provano la sfilata per l’ingresso e il servizio degli ospiti - nel Salone delle Feste vengono ospitate in genere 120 persone e le portate del pranzo sono tre - che dovrà avvenire contemporaneamente e in maniera piuttosto veloce (circa 45 minuti) per lasciare agli invitati la possibilità di intrattenersi tra loro. Infine una curiosità sugli addobbi. I fiori che abbelliscono la Sala provengono dai mercati specializzati, dalle serre del Quirinale o, stagione permettendo, dalla tenuta di Castelporziano. Non devono essere eccessivamente profumati per non interferire con gli aromi delle vivande. Si preferiscono i colori rosa, rosso o arancione che meglio s’intonano all’arredo della sala. Gli addobbi floreali vengono sistemati ai piedi dei candelabri di bronzo dorato che ornano la tavola ed accesi dieci minuti prima del pranzo.

Focus - Tra re e Capi di Stato, ecco i vini da sogno
Non solo pietanze raffinate, a base di fagiani, tartufi e consommé: sfogliando i menu del Quirinale sono anche i vini a colpire la fantasia, che ci fa immaginare eleganti commensali intenti a degustare preziose etichette in calici tintinnanti, nell’atmosfera soffusa e ovattata che faceva da sfondo a questi banchetti. Vediamo allora alcuni tra i tanti vini serviti nelle grandi occasioni: Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, amava bere Barolo e Barbaresco, ma gradiva anche Barbera e Grignolino. Umberto I non era particolarmente incline ai piaceri della buona tavola, e prediligeva i vini stranieri.
Al Quirinale, tra i Presidenti della Repubblica, la regola è sempre stata: mai più di tre vini. Per esempio, nel 1954, a Roma, in occasione del pranzo con il ministro sudanese Nur el Din , Luigi Einaudi fece servire Riesling, Chianti Melini e Marsala Florio. Nei menu di Einaudi venivano inseriti spesso i vini di sua produzione: il Presidente possedeva infatti vigneti a Dogliani, località famosa per il Dolcetto, e una proprietà più piccola a Barolo. Quando Gronchi nel 1956 si recò in California, in suo onore furono offerti due vini italiani, Soave e Chianti Classico, e uno Champagne. Invece, quando Antonio Segni nel 1964 venne ospitato a Parigi dal generale Charles de Gaulle, allora Capo dello Stato, furono serviti quattro vini, fra cui il prestigioso Château Lafite Rothschild.
Giungendo al nostro Presidente Napolitano, grande esperto e appassionato della storia dell’alimentazione, in uno dei più recenti pranzi ufficiali - a gennaio 2011 a Forlimpopoli, per le celebrazioni dedicate al centenario della morte di Pellegrino Artusi, il menu ufficiale prevedeva il Morose Spumante rose brut da uva di un Centesimino, il Notturno Sangiovese Igt e I Croppi Albana di Romagna.

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