La mobilitazione degli agricoltori del Coldiretti nel Brennero per difendere il made in Italy agroalimentare e portare avanti una raccolta di firme per una proposta di legge europea di iniziativa popolare che arrivi ad estendere l’indicazione dell’origine in etichetta su tutti i prodotti in commercio nell’Unione Europea continua.D’altronde la situazione sulla “trasparenza” è al centro dell’attenzione con Coldiretti che ha spiegato come “nell’ultimo anno è scoppiato in Italia oltre un allarme alimentare al giorno con ben 422 allerte che hanno riguardato prodotti stranieri per la presenza di residui di pesticidi vietati in Italia, micotossine, metalli pesanti, inquinanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti, in aumento del 42% sullo stesso periodo dell’anno. E, in quasi 6 casi su 10, si tratta di prodotti provenienti da paesi Extra Ue”. Dati emersi da un’analisi Coldiretti, su dati Rasff all’1 aprile 2024 e diffusa per la mobilitazione, che vede in prima linea ben 10.000 agricoltori per fermare l’invasione di prodotti alimentari stranieri spesso spacciati per italiani. “Frutta e verdura - rileva ancora Coldiretti - sono al primo posto per numero di segnalazioni, pari al 30% del totale. Si va dai pistacchi turchi e iraniani con alti livelli di aflatossine, alle carote dall’Egitto con residui di Linuron, un pesticida vietato in Europa. Ma ci sono anche i fagioli all’occhio del Madagascar con Chlorpirifos, una sostanza bandita in Ue perché sospettata di danneggiare il cervello dei bambini, presente peraltro anche sui fagioli dal Bangladesh. Norovirus sui frutti di bosco congelati tedeschi e serbi, ma neppure il succo d’arancia congelato è sicuro, poiché su quello iraniano ci sono residui di Propiconazole, sostanza anch’essa vietata. Pesticidi banditi anche sui peperoncini dal Kenya, mentre sui fichi secchi turchi sono state rinvenute aflatossine. Al secondo posto tra i prodotti più pericolosi c’è il pesce, con 107 segnalazioni. Si va dalle ostriche francesi e olandesi con la presenza di norovirus - prosegue Coldiretti - alle seppie congelate dall’Albania con contenuto di cadmio, dal pesce spada e dal tonno spagnoli con presenza di mercurio oltre i limiti ai filetti di merluzzo congelato dalla Cina con la salmonella, presente anche nelle cozze cilene”. Ed ancora, “tra i prodotti più pericolosi ci sono anche le carni, quasi principalmente per la presenza di salmonella. Ne è stata scoperta nelle carni di pollo e di tacchino dalla Polonia, dall’Olanda dalla Spagna e dall’Olanda, ma anche nelle cosce di rana turche e cinesi. Al quarto posto i cereali dove la quasi totalità delle segnalazioni riguardano il riso dal Pakistan, per la presenza di aflatossine e residui di pesticidi vietati, mentre al quinto troviamo le spezie, dal peperoncino dello Sri Lanka con aflatossine all’originano turco con tossine naturali, dal peperoncino cinese con salmonella al cumino indiano con residui di pesticidi”.
Nel giro degli ultimi dieci anni, ha denunciato la Coldiretti, le importazioni di cibo straniero sono aumentate del 60% raggiungendo il valore record di 65 miliardi di euro, “prodotti spesso provenienti da Paesi che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale e di rispetto dei diritti dei lavoratori”. Per Coldiretti si tratta di “un vero e proprio attacco al patrimonio agroalimentare dell’Italia favorito dalle follie europee che fanno calare la produzione agricola nazionale spingendo il deficit alimentare del Paese che è arrivato a produrre appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento. L’invasione non ha risparmiato alcun settore. Nel 2023 hanno attraversato le frontiere oltre 5 miliardi di chili di prodotti ortofrutticoli con un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. Uno dei prodotti simbolo dell’invasione sono le patate, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat. Escludendo quella per la semina, ne sono arrivati 797 milioni di chili, in crescita del 39% sui 12 mesi prima. A questi ne vanno aggiunti altri 288 milioni di chili congelate e 74 milioni di chili cotte e congelate, oltre a 10 milioni di chili di patatine già pronte tipo quelle fritte dei sacchetti. Ammontano poi a 251 milioni di chili le importazioni di piselli tra freschi e secchi (+20%), mentre quelle di fagioli sono pari a 176 milioni di chili (+9%), e di lattuga ne sono arrivati 126 milioni di chili (+5%). Di pere ne sono arrivati 127 milioni di chili (+15%), ma è boom soprattutto per gli arrivi di pesche e nettarine balzate a 108 milioni di chili (+74%). Crescono a doppia cifra anche le importazioni di kiwi (+23%) pari a 80 milioni di chili. A questi vanno aggiunti i prodotti trasformati, come ad esempio i succhi di frutta. Nel 2023 ne abbiamo importati 202 milioni di chili, il 25% in più sul 2022”. Ed anche per i cereali si parla di invasione ma non solo. Il “bollettino” Coldiretti ricorda che “nel 2023 abbiamo importato 3,06 miliardi di chili di grano duro per la pasta, in crescita del 66% rispetto all’anno precedente, mentre gli arrivi di grano tenero con cui fare pane e biscotti sono stati di 4,88 miliardi di chili, l’8% in più rispetto a dodici mesi prima. Le importazioni di latte sfuso sono state pari a 884 milioni di kg, in aumento del 47% rispetto al 2022, ai quali vanno aggiunti altri 302 milioni di kg di confezionato. Ma ci sono anche 593 milioni di chili di formaggi e latticini arrivati nel 2023 (+11%). Tra le carni, le importazioni maggiori hanno riguardato quelle di maiale, pari a 992 milioni di chili (+4%), davanti alle bovine con 375 milioni di chili (+5%) mentre quelle di pecora ammontano a 29 milioni di chili (+14%). Per il pesce, ne abbiamo importato 793 milioni di chili, sostanzialmente sui livelli del 2022”. Il presidente Coldiretti Ettore Prandini ha sottolineato come sia “necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Dal Brennero chiediamo dunque l’applicazione del principio della reciprocità, ovvero stesse regole uguali per tutte a partire dai fattori di produzione. Basti pensare all’uso dei pesticidi. Un quarto di quelli usati negli Stati Uniti risulta vietato nella Ue e le percentuali salgono se si tengono in conto i paesi del Sudamerica. È assurdo che noi continuiamo a importare cibi prodotti con sostanze che in Europa sono vietate da decenni”.
Focus - Le proposte della Coldiretti in vista delle Elezioni europee
Dall’etichetta d’origine Ue su tutti i prodotti alimentari al sostegno delle aziende agricole contro le pratiche sleali fino alla semplificazione burocratica. Sono alcune delle proposte lanciate dalla Coldiretti in vista delle prossime elezioni europee dal Brennero, sede della due giorni di mobilitazione, alla presenza di esponenti del mondo politico e dell’associazionismo che hanno espresso il loro sostegno alla mobilitazione. Si va dal presidente della Commissione Agricoltura del Senato Luca De Carlo di Fratelli d’Italia, al capogruppo 5Stelle al Senato, Stefano Patuanelli, mentre il presidente del Partito Democratico, Stefano Bonaccini, ha inviato un videomessaggio. Interventi anche di Stefano Ciafani, presidente Legambiente, Maria Grazia Mammuccini, presidente Federbio, e Barbara Nappini, presidente Slow Food.
La raccolta di 1 milione di firme, sostenuta firmando in tutti i mercati di Campagna Amica e negli uffici Coldiretti e promossa da una campagna social #nofakeinitaly, con la proposta di iniziativa popolare per mettere in trasparenza la filiera agroalimentare è solo il primo passo per portare l’Unione Europea a un cambio di prospettiva che sostenga la sovranità alimentare, anche lasciandosi alle spalle politiche dettate da un insensato estremismo green. Coldiretti “chiede innanzitutto la revisione del criterio dell’ultima trasformazione del Codice doganale dell’Unione e del luogo di provenienza, che permette di vendere come italiano, magari con il nome “nostrano” o “di fattoria” un prosciutto fatto con cosce di maiale provenienti dall’estero. Serve poi insistere sul principio di reciprocità, in una situazione dove dalle frontiere entrano prodotti per proibire l’importazione di cibo trattato con sostanze e metodi vietati in Europa che non rispettano le stesse normative comunitarie in fatto di sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente e del lavoro.
Una concorrenza sleale che danneggia gli agricoltori europei peraltro sottoposti a regolamenti e vincoli spesso fuori dalla realtà. Secondo uno studio dell’Università di Wageningen, l’Europa rischia di perdere fino al 20% della sua produzione alimentare, con punte del 30% per alcuni settori, a causa delle regole troppo stringenti, con l’effetto di rendere il Vecchio Continente sempre più dipendente dalle importazioni dall’estero. Da qui la richiesta di una maggiore semplificazione, sulla scia dei risultati già ottenuti dopo le mobilitazioni della Coldiretti a Bruxelles, con la presentazione della revisione della Politica agricola comune per l’alleggerimento degli adempimenti a carico delle aziende. Un primo passo che va ora rafforzato con misure ancora più impattanti, considerato che oggi un agricoltore spende un terzo del suo tempo per riempire moduli e carte burocratiche.
Ma la nuova Ue dovrà garantire mercati equi e trasparenti, incentivando gli accordi di filiera e vietando la vendita sotto i costi di produzione. Al prossimo Governo europeo Coldiretti chiede anche di incrementare i fondi Pac per assicurare l’autonomia alimentare dei cittadini europei e favorire il ricambio generazionale, riconoscendo e sostenendo il ruolo degli agricoltori come custodi degli ecosistemi e della biodiversità. Coldiretti porta in Europa anche la battaglia contro il cibo sintetico fatto in laboratorio dopo aver fatto da apripista in Italia con la raccolta di oltre 2 milioni di firme che ha portato all’approvazione della legge che ne vieta la produzione e la commercializzazione sul territorio nazionale”.
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